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Caltabellotta Agrigento, Il borgo della Pace, dove il santo uccise il drago.

Caltabellotta è un piccolo paesino, in provincia di Agrigento che conta poco più di 4000 abitanti.

La sua caratteristica peculiare è quella di sorgere a 950 m sopra il livello del mare, offrendo ai suoi visitatori un paesaggio a dir poco incantevole, che rende Caltabellotta simile a un antico presepe.

Visitate questo piccolo gioiello, ricco non solo di un grande patrimonio naturalistico ma anche di importanti risorse storiche e culturali.

Il 31 agosto del 1302 a Caltabellotta fu firmata la pace tra Federico II di Aragona e Carlo di Valois che concluse la guerra del Vespro. Il cuore antico è Terravecchia, stradine tortuose e angoli medievali; dal Calvario si vede in lontananza il mare, all’Eremo le guide vi racconteranno la storia di San Pellegrino e il drago.

Lasciatevi trasportare da questo meraviglioso video e scoprirete quanta bellezza.

🎥 @ignazioaph

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1 settembre 1847: una data fondamentale per la città di Messina e per la Sicilia.

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Una data troppo spesso dimenticata o, ancor peggio, tradita da una narrazione specifica, quella del mito unitario, che elimina o mitiga il carattere eversivo della lotta del popolo siciliano iscrivendola nell’abusata retorica risorgimentale.

L’uno Settembre 1847 i messinesi insorgono contro il re Ferdinando II di Borbone, cogliendo completamente di sorpresa le autorità. In realtà, già nel maggio 1847 Reggio Calabria e Messina stabiliscono di sollevarsi il 2 settembre.

A Messina già il 3 giugno – giorno dei festeggiamenti in onore della Madonna della Lettera – la statua del Re era apparsa sulla piazza con le orecchie tappate e gli occhi bendati, a mettere in evidenza l’incapacità del potere di notare il tumulto sotterraneo di un popolo inascoltato, stremato dalle carestie, dalla fame e dalla miseria a cui un sistema troppo lontano rimaneva inevitabilmente estraneo.

I messinesi decidono di muoversi all’azione un giorno prima del previsto, il primo settembre, approfittando di un’improvvisa riunione di gran parte dello stato maggiore borbonico in uno stesso luogo, l’Hotel Victoria, in occasione della promozione del generale Luadi.
L’obiettivo è colpire in massa i rappresentanti di un potere oppressivo, avvertito dal popolo siciliano come altro, imposto da dominatori sconosciuti, lontani eppure in grado di decidere le sorti del loro territorio e della loro vita.

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Con questa lapide, posta sulla via I settembre all’intersezione con Piazza Duomo, si commemora il primato di Messina come città capitale del Risorgimento italiano. Un anno prima rispetto all’epoca delle ben più note Quattro Giornate di Milano, precisamente l’1 settembre 1847, la città dello Stretto, infatti, fu percorsa, con moto ascendente, da una forte ventata rivoluzionaria che di lì a poco avrebbe investito l’intera penisola.

La sommossa fu preparata nella sede dell’antico Gabinetto di Lettura che sorgeva a Piazza Duomo, ma, a causa dell’esiguo numero dei rivoltosi e della scarsità d’organizzazione, la ribellione non riuscì a sopraffare l’esercito borbonico. Il governo borbonico, avvertito per tempo da un delatore, ebbe così tutto il tempo di organizzare la sua sanguinosa soppressione che nell’arco di un solo pomeriggio spense ogni speranza degli insorti.

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I LUOGHI della STREET ART a CATANIA.

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Chi si trova a passeggiare per le vie catanesi non ha potuto far a meno di notare quanto colore e quante nuove opere di street art sono diventate protagonisti di scatti social e tour.

L’urban art, anno dopo anno, prende sempre più piede nelle nostre città, spesso abbellendole e portando anche messaggi etico sociali.
Arte a cielo aperto

Sono ormai lontani i tempi in cui la street art era legata al Graffitismo; oggi bombolette di vernice spray e protesta politico-sociale sono più relegate, hanno quasi lasciato spazio ad una nuova forma di espressione artistica che trasforma la strada in una galleria d’arte vastissima e aperta a chiunque.

Negli ultimi anni, l'”arte di strada” si è sempre più evoluta, raccogliendo il favore degli amministratori locali che hanno voluto colorare, rivalutare e dare nuova vita a molti spazi degradati delle loro città o abbellirle.

Ormai si è convinti che la bruttezza si combatte a colpi di spray, colori, figure simboliche, così avviene anche a Catania, con gli ultimi murales firmati da noti artisti.
I murales di Catania

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I LUOGHI della STREET ART a CATANIA.

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Catania ama quest’arte, basta pensare al porto, ai silos decorati da artisti internazionali che sono divenuti il murales più grande del mondo. I murales sono ormai diventati strumento dell’urban design.

È dunque evidente come la street art stia diventando qualcosa di più di una semplice forma d’espressione irriverente, dissacrante della società per diventare uno strumento utile per la città e i suoi abitanti.

Il Murales di Poseidone e la Testa di Moro di Ligama

Lo street artist siciliano Ligama, ha realizzato due murales in due zone strategiche della nostra città che hanno ottenuto grandi apprezzamenti. Salvo Ligama si è diplomato in Grafica presso l’Accademia di Belle Arti.

Ha partecipato anche alla decorazione dei muri di Taormina e al Vanedda street art di Valverde. A Catania ha realizzato opere per la riqualificazione del quartiere di San Berillo, realizzando una modernissima interpretazione del famoso “Bacio” di Hayez.

Ligama si sta affermando anche nel panorama nazionale e internazionale, esponendo le sue opere a Palermo, Napoli, Caserta, Perugia, Roma, Torino, Milano, Budapest e Bucarest; a Matera, per celebrare la festa dell’Europa, ha realizzato un bellissimo murales dedicato alla “città dei sassi“. Oggi si sta dedicando alla riqualificazione dei ruderi della Piana di Catania.

A maggio, sul muretto dell’ingresso del borgo di San Giovanni Li Cuti, l’artista ha dato vita a un coloratissimo Poseidone, ispirandosi ad un’opera di Antoine Coysevox intitolata “Neptune”, inaugurato in occasione del Lungomarefest dello scorso 2 giugno, in presenza dell’amministrazione comunale che lì ha affisso anche una targa.

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Il CRISTO NERO custodito nel DUOMO di S.MARIA LA NUOVA di LICATA in provincia di AGRIGENTO

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Affacciandosi sul mare, Licata ne ha tratto i benefici oltre che le vulnerabilità e nel passato, i rischi maggiori, erano rappresentati dalle invasioni provenienti proprio dal mare.

Per difendere la città si costruirono fortificazioni, castelli e torri di avvistamento, misure non sempre efficaci.

Nel luglio del 1553, una flotta di 104 navi composta da turchi e francesi riuscì ad invadere Licata; diversi furono i morti e i deportati, la città fu saccheggiata e data alle fiamme.

Ingenti furono i danni, alla devastazione non fu risparmiata la chiesa di Santa Maria La Nova (chiesa Madre).

Il crocifisso in legno presente nella chiesa, e risalente alla seconda metà del XV secolo, secondo la leggenda, non fu sottratto alla “tradizione” dei turchi di distruggere i simboli delle altre religioni, e sarebbe stato dato alle fiamme, non fu distrutto dal rogo ma ne rimase solamente annerito.

In realtà, il crocifisso è nero per una tendenza artistica dell’epoca, dei fratelli Matinali, sarebbe dunque già stato concepito di questo colore.

La Cappella del Cristo Nero sarebbe quindi stata costruita dai fedeli come segno di devozione per il “miracolo” accaduto al crocifisso.

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