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📍Laghetti di Cavagrande
La riserva naturale di Cavagrande è stata istituita nel 1990 ed è considerata una delle più affascinanti della Sicilia. Si trova tra i comuni di Avola, Noto e Siracusa e si estende per 2700 ettari, incorniciata dai monti Iblei. E’ attraversata dal fiume Cassibile, l’antico Kakyparis greco, che le dà il nome e che l’ha creata nel corso dei millenni scavando profondi canyon che toccano il massimo di 507 mt nella zona del Belvedere di Avola Antica. Nel fondovalle si è formato un sistema di piccole cascate e laghetti, dall’acqua fresca e limpida, di cui i più famosi sono quelli del sentiero “Scala Cruci” al quale si accede da un’antica scala omonima.
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🎬Guanters
La riserva naturale di Cavagrande è stata istituita nel 1990 ed è considerata una delle più affascinanti della Sicilia. Si trova tra i comuni di Avola, Noto e Siracusa e si estende per 2700 ettari, incorniciata dai monti Iblei. E’ attraversata dal fiume Cassibile, l’antico Kakyparis greco, che le dà il nome e che l’ha creata nel corso dei millenni scavando profondi canyon che toccano il massimo di 507 mt nella zona del Belvedere di Avola Antica. Nel fondovalle si è formato un sistema di piccole cascate e laghetti, dall’acqua fresca e limpida, di cui i più famosi sono quelli del sentiero “Scala Cruci” al quale si accede da un’antica scala omonima.
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La storia di questo meraviglioso luogo...
Questo profondo vallone vanta una storia molto antica, i suoi primi abitanti furono i Sicani, che vi si stabilirono con le loro abitazioni rupestri, dette Dieri, di cui rinomata è la “Grotta dei Briganti”, un’ampia grotta semicircolare naturale, che fu utilizzata anche in epoca bizantina ed araba. Sono ancora visibili due villaggi, uno settentrionale e uno meridionale, il primo dei quali risale ai secoli XI-X a.C. in cui si trova una necropoli con centinaia di tombe a grotticella e ipogei paleocristiani scavati nelle pareti. Inoltre la foce del Cassibile è un luogo storico, infatti, secondo Tucidide fu il luogo in cui il capitano Demostene nel 413 a.C con 6000 ateniesi si arrese alla città di Siracusa.
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Questo profondo vallone vanta una storia molto antica, i suoi primi abitanti furono i Sicani, che vi si stabilirono con le loro abitazioni rupestri, dette Dieri, di cui rinomata è la “Grotta dei Briganti”, un’ampia grotta semicircolare naturale, che fu utilizzata anche in epoca bizantina ed araba. Sono ancora visibili due villaggi, uno settentrionale e uno meridionale, il primo dei quali risale ai secoli XI-X a.C. in cui si trova una necropoli con centinaia di tombe a grotticella e ipogei paleocristiani scavati nelle pareti. Inoltre la foce del Cassibile è un luogo storico, infatti, secondo Tucidide fu il luogo in cui il capitano Demostene nel 413 a.C con 6000 ateniesi si arrese alla città di Siracusa.
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È la "principessa dei Peloritani" ma non è una donna: dove si trova la cascata del Cataolo
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È la "principessa dei Peloritani" ma non è una donna: dove si trova la cascata del Cataolo
Vi portiamo in un luogo magico del patrimonio torrentistico siciliano, quello che da molti viene considerato il fiore all’occhiello dei Peloritani, in provincia di Messina Le cascate del Cataolo Nel Messinese, a pochi chilometri dal borgo di Gualtieri Sicaminò…
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Fashion: il made in Italy a Taormina FOTO - Live Sicilia
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Fashion: il made in Italy a Taormina FOTO - Live Sicilia
TAORMINA, 29 GIU – Diciassette aziende del Made in Italy artigianale più esclusivo presenteranno le loro collezioni a Taormina, sabato 3 e domenica 4 luglio (dalle 11 alle 19, 30 e dalle 21 alle 23), nell’esclusivo pop up event ‘Silvia Incontra’ ideato dalla…
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In provincia di Messina, sotto al santuario di Tindari, vi è una straordinaria riserva naturale che merita d'essere scoperta.
Laghetti di Marinello una riserva naturale,istituita nel 1998 ed estesa su 400 ettari, la riserva dei laghetti di Marinello si trova in provincia di Messina, sotto il promontorio del santuario di Tindari.
Insieme ai laghi di Ganzirri (anch’essi in provincia di Messina), costituisce uno dei pochi sopravvisuti esempi di ambiente salmastro costiero nella Sicilia di nord-est. È un’area lagunare, questa, il cui territorio è sottoposto a variazioni morfologiche che, modificando la costa, hanno creato laghetti salmastri incredibili da vedere.
Sembra che, i laghetti di Marinello, si siano originati tra il 1865 e il 1895, a causa delle particolari condizioni che il mare e il meteo vantano in questa zona e di alcuni processi tettonici: il trasporto sulla costa di sabbia e ghiaia, infatti,è dovuto all’approfondimento del fondale marino, causato dall’azione del mar Tirreno.
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Laghetti di Marinello una riserva naturale,istituita nel 1998 ed estesa su 400 ettari, la riserva dei laghetti di Marinello si trova in provincia di Messina, sotto il promontorio del santuario di Tindari.
Insieme ai laghi di Ganzirri (anch’essi in provincia di Messina), costituisce uno dei pochi sopravvisuti esempi di ambiente salmastro costiero nella Sicilia di nord-est. È un’area lagunare, questa, il cui territorio è sottoposto a variazioni morfologiche che, modificando la costa, hanno creato laghetti salmastri incredibili da vedere.
Sembra che, i laghetti di Marinello, si siano originati tra il 1865 e il 1895, a causa delle particolari condizioni che il mare e il meteo vantano in questa zona e di alcuni processi tettonici: il trasporto sulla costa di sabbia e ghiaia, infatti,è dovuto all’approfondimento del fondale marino, causato dall’azione del mar Tirreno.
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Torna stasera Notte Europea dei Musei, visite fino a mezzanotte - Sicilia
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Torna stasera Notte Europea dei Musei, visite fino a mezzanotte - Sicilia
(ANSA) - PALERMO, 03 LUG - Torna stasera la Notte Europea dei Musei, l'iniziativa che permette ai visitatori di ammirare i capolavori dopo il tramonto del sole e fino a tarda sera. La Regione Siciliana partecipa con numerosi luoghi della cultura che sarà…
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Elogio al Ficodindia
Perché è un frutto impossibile nessuno ci crederebbe.
Ha una buccia fatta di spini e centinaia di noccioli duri. E’ selvatico, ostile, non chiede che d’essere lasciato in pace a covarsi colori inconcepibili: zafferano, violetto, bianco di pistacchio e guerra civile, verde borraccia e limatura d’isola.
Lui sta lì, aggrappato in alto, gli occhi semichiusi nella vampa d’eterno mezzogiorno, sognando latitudini arancioni perfettamente asciutte, e intanto i succhi profondi della terra – che comunicano misteriosamente con le correnti sottomarine, i sali sommersi, i bracieri del cuore del pianeta – si mescolano ribollendo e prendono la rincorsa verso l’alto, verso la morsa zuccherina che promette di sbocciare, estrema e incoronata di spine, sugli angoli imprecisati dell’isola.
Lui dirompe all’improvviso da una crepa del tetto, dal muro, dalla base arida dell’armacere. Lui segna il dolente cammino delle trazzere, le stazioni della via crucis perenne che il sole e gli uomini compiono di secolo in secolo, da un capo all’altro della giornata, dell’isola, della storia.
Lui s’accorda spontaneamente alla frenesia intermittente delle cicale e persino alla mano di calce che il profondo silenzio di mezzogiorno stampa sulle cose.
Non s’esprime in odori o allettamenti, non cerca nient’altro che non sia il proprio sforzo interno, la camera segreta nella quale nutre di zucchero i gialli zolfati, i porpora, gli smeraldini, i vinaccia.
Rifiuta il concime, perché tutto gli è concime: gli strati della terra seminati a sudore, le ossa, la polvere di città e nomi distrutti, le spighe dei remoti granai, il greco e poi il latino dei conquistatori, il bronzo vecchio delle monete col profilo dei tiranni, i carri degli dei, l’orlo di ruggine delle battaglie consumate, il grano saraceno, le bifore, il malocchio, i piedi di Cristo, le alghe e i relitti portati dalla corrente, la peste, la dottrina, i galeoni spagnoli, gli agrumi che ripetono il sole, il falcetto sofista, portella della ginestra, l’uva blu delle vigne, la fatica, due colpi di fucile nell’assordante rombo della canicola, gli scuri chiusi, i santi dagli occhi fosforescenti, i morti di pasta di mandorle, gli agnelli di pasta di mandorle, i morti agnelli che belano in tutti gli angoli dell’isola.
E’ un frutto onnivoro, persistente, insondabile.
Occorre un sapere speciale, per sbucciarlo: devi conoscere l’arte dei tagli in croce, devi avere l’occhio per vedere dove finisce la corazza e comincia il paradiso. Non devi avere paura delle spine. Ci devi credere.
La verità, se esiste, è un ficodindia..."
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📚manginobrioches
Perché è un frutto impossibile nessuno ci crederebbe.
Ha una buccia fatta di spini e centinaia di noccioli duri. E’ selvatico, ostile, non chiede che d’essere lasciato in pace a covarsi colori inconcepibili: zafferano, violetto, bianco di pistacchio e guerra civile, verde borraccia e limatura d’isola.
Lui sta lì, aggrappato in alto, gli occhi semichiusi nella vampa d’eterno mezzogiorno, sognando latitudini arancioni perfettamente asciutte, e intanto i succhi profondi della terra – che comunicano misteriosamente con le correnti sottomarine, i sali sommersi, i bracieri del cuore del pianeta – si mescolano ribollendo e prendono la rincorsa verso l’alto, verso la morsa zuccherina che promette di sbocciare, estrema e incoronata di spine, sugli angoli imprecisati dell’isola.
Lui dirompe all’improvviso da una crepa del tetto, dal muro, dalla base arida dell’armacere. Lui segna il dolente cammino delle trazzere, le stazioni della via crucis perenne che il sole e gli uomini compiono di secolo in secolo, da un capo all’altro della giornata, dell’isola, della storia.
Lui s’accorda spontaneamente alla frenesia intermittente delle cicale e persino alla mano di calce che il profondo silenzio di mezzogiorno stampa sulle cose.
Non s’esprime in odori o allettamenti, non cerca nient’altro che non sia il proprio sforzo interno, la camera segreta nella quale nutre di zucchero i gialli zolfati, i porpora, gli smeraldini, i vinaccia.
Rifiuta il concime, perché tutto gli è concime: gli strati della terra seminati a sudore, le ossa, la polvere di città e nomi distrutti, le spighe dei remoti granai, il greco e poi il latino dei conquistatori, il bronzo vecchio delle monete col profilo dei tiranni, i carri degli dei, l’orlo di ruggine delle battaglie consumate, il grano saraceno, le bifore, il malocchio, i piedi di Cristo, le alghe e i relitti portati dalla corrente, la peste, la dottrina, i galeoni spagnoli, gli agrumi che ripetono il sole, il falcetto sofista, portella della ginestra, l’uva blu delle vigne, la fatica, due colpi di fucile nell’assordante rombo della canicola, gli scuri chiusi, i santi dagli occhi fosforescenti, i morti di pasta di mandorle, gli agnelli di pasta di mandorle, i morti agnelli che belano in tutti gli angoli dell’isola.
E’ un frutto onnivoro, persistente, insondabile.
Occorre un sapere speciale, per sbucciarlo: devi conoscere l’arte dei tagli in croce, devi avere l’occhio per vedere dove finisce la corazza e comincia il paradiso. Non devi avere paura delle spine. Ci devi credere.
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Un lussuoso treno stile “Dolce Vita” in viaggio anche in Sicilia: i tre itinerari
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Un lussuoso treno stile “Dolce Vita” in viaggio anche in Sicilia: i tre itinerari
In un mondo che torna a correre per viaggi e per turismo, forse ancora più velocemente, ma con qualche paura ancora addosso, ecco una proposta rilassante che sbuca dal passato: si tratta del “Treno della Dolce Vita”, un lussuoso convoglio ferroviario che…
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IL RICAMO IN SICILIA
In Sicilia questa arte inizia intorno all'anno mille, durante il dominio dei Saraceni, che vi introducono laboratori di tessitura e di ricamo, dai quali escono manti cerimoniali di grande pregio.
La parola ricamo, infatti, deriva dal lemma arabo raqm (racam) che significa "segno, disegno".
Foto: ricamo a tombolo raffigurante la Sicilia.
✍🏻@sicilianewseinfo
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In Sicilia questa arte inizia intorno all'anno mille, durante il dominio dei Saraceni, che vi introducono laboratori di tessitura e di ricamo, dai quali escono manti cerimoniali di grande pregio.
La parola ricamo, infatti, deriva dal lemma arabo raqm (racam) che significa "segno, disegno".
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Il vulcano di STROMBOLI, più comunemente conosciuto come “IDDU”, regala SCENARI MOZZAFIATO durante le sue continue ERUZIONI
Se il trekking per la scalata al cratere vi sembra troppo impegnativo, non perdete l’occasione di contemplare dal mare (rigorosamente al tramonto) lo spettacolo della Sciara del Fuoco: un’ampia parete di sabbia vulcanica che si erge ripida nel lato nord-est della costa.
I blocchi incandescenti rotolano giù verso il mare creando un turbinio di vapore e folate di cenere, fino a spegnersi a contatto con l’acqua. Con l’oscurità le colate laviche sembrano delle cascate di fuoco molto suggestive
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Se il trekking per la scalata al cratere vi sembra troppo impegnativo, non perdete l’occasione di contemplare dal mare (rigorosamente al tramonto) lo spettacolo della Sciara del Fuoco: un’ampia parete di sabbia vulcanica che si erge ripida nel lato nord-est della costa.
I blocchi incandescenti rotolano giù verso il mare creando un turbinio di vapore e folate di cenere, fino a spegnersi a contatto con l’acqua. Con l’oscurità le colate laviche sembrano delle cascate di fuoco molto suggestive
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