♡ Sicilia Terra Mia ♡
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La Sicilia è una terra stupenda,tutta da scoprire, con la sua storia, le sue origini, la sua cultura tradizioni e tante curiosità

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Balestrate è una città della Sicilia. Situata al centro del golfo di Castellammare ed è equidistante (circa 50 km) da Palermo e da Trapani.

Balestrate sorse nel XVII secolo intorno alla tonnara della famiglia Fardella. Chiamata all'inizio Sicciara, che significa luogo ove si pescavano le seppie, siccia, in siciliano. Nel 1820 con regio decreto del Re Ferdinando I di Borbone il 29 marzo, questo borgo marinaro prese il nome attuale di Balestrate. Il nome deriva da un aneddoto: era il 1307 ed il Re Federico II d'Aragona, innamoratosi delle bellezze del mare e delle spiagge, si riservò la sovranità di quei luoghi per una larghezza estesa quanto un tiro di balestra.

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📚Tradizioni Messinesi
Marzo è arrivato! Il mese della primavera, della festa del papà e di San Giuseppe ed è proprio per questa festa che in Sicilia si preparano le Sfinci di San Giuseppe.

Con lo stesso nome potete trovare su tutta l’isola dolci simili ma mai perfettamente identici.
Se siete della zona orientale dell’isola (Messina, Catania e Siracusa) le Sfinci di san giuseppe sono molto semplici o arricchite con del riso, mentre nella zona occidentale (Palermo e Trapani) le sfinci di San Giuseppe vengono farcite con un composto di ricotta come quello dei classici Cannoli Siciliani e decorate con crema di ricotta, granella di pistacchi e canditi.

Oggi vi proponiamo quella delle sfinci Messinesi, piccoli bocconcini di pasta lievitata fritti in olio bollente e arricchiti da pepite di uva passa.
Dal latino "spongia", che significa spugna, queste piccole dolcezze devono il loro nome proprio alla forma rotonda irregolare e all'irresistibile morbidezza. Grazie ad una pioggia di zucchero semolato diventano così ghiotte che una tira l'altra... con moderazione.

Come tutte le ricette popolari esistono diverse varianti, noi ci siamo innamorati di questa versione più semplice con un impasto solo a base di farina, acqua, olio, zucchero, lievito di birra e uva passa.

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#19marzofestadelpapá
INGREDIENTI PER 40 SFINCI

Zucchero 60 g
Farina 00 500 g
Acqua tiepida 500 g
Lievito di birra 1 cubetto
Sale fino 2 g
Uva sultanina 200 g

PER FRIGGERE

Olio di semi 

PER COSPARGERE

Zucchero semolato

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📚Siciliafan
In siciliano è usata per indicare una persona che non ha legami sentimentali
(un “single“, per intenderci!).

La sua origine è antica e ci porta molto lontano dalla nostra Isola.
Ancora una volta la nostra lingua Siciliana ci permette di compiere un viaggio davvero interessante.

Molte delle parole siciliane che usiamo ogni giorno e che ci appaiono quasi scontate, racchiudono in realtà una storia ricchissima e interessante. Si fa presto, ad esempio, a dire schittu, un aggettivo molto comune, ma quanti si sono mai chiesti da dove proviene? Per tutti i curiosi e anche per quelli che amano conoscere la Sicilia, ecco un bell’approfondimento. Lo spunto per approfondire la conoscenza di schettu e schittu ci è stato dato da un post di Cademia Siciliana (lo trovate qui). La parola schettu viene utilizzata per indicare i single, cioè quelle persone che non hanno un legame sentimentale o non sono né sposate né fidanzate. Stando a quanto ci spiega Cademia Siciliana, la parola proviene dal gotico 𐍃𐌻𐌰𐌹𐌷𐍄𐍃 (slaíhts, con aí che si pronuncia come una E aperta), che ha il significato di “piano”, “liscio” o “semplice”.

Questa parola si trova per la prima volta in un testo siciliano intorno al 1400, ma gli Ostrogoti sono stati in Sicilia ufficialmente dal 491 al 535.

La stessa parola gotica può aver dato origine anche all’aggettivo “schittu”, usato principalmente per indicare cibo non condito. Se questo aggettivo vi suona familiare, è perché avete sentito parlare del pani câ meusa schittu o maritatu, cioè della focaccina con la milza con o senza formaggio.

Il nostro approfondimento non finisce qui: c’è qualcosa in più che vogliamo dirvi.
Anche in napoletano esiste la parola schittu ma è attestata come avverbio, nel significato di “soltanto”, “solamente”. La stessa voce, invece, diventa un aggettivo o un sostantivo nel salentino (schiettu), nel calabrese e, come abbiamo visto, nel siciliano. Come aggettivo o sostantivo, il significato più diffuso è quello dello schettu siciliano, cioè scapolo/celibe.

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Avete mai sentito dire a qualcuno “Finiu a cichiri e piattini!”?
Si tratta di un modo di dire siciliano non troppo conosciuto, che oggi vi spiegheremo.

Questa espressione si può tradurre come “È finita a tazzine e piattini” e, allargando il significato, vuol dire che per concludere una qualche discussione, è finita che ci è toccato lavare i piatti. Da qui, naturalmente, nasce una spiegazione sicuramente più poetica e saggia.

La frase si utilizza quando si è passati attraverso un problema, risolvendolo, o quando si è superata una esperienza negativa. Alla fine di tutto, dunque, ci si siede davanti a “cichiri e piattini”, cioè tazze e piattini da caffè.
Il fatto di sedersi davanti a piattini e tazzine è una consolazione perché, di fatto, il caffè piace a tutti e riconcilia con la vita.

Il modo di dire Finiu a cichiri e piattini è decisamente interessante. È un’ennesima dimostrazione della saggezza popolare che trae da avvenimenti semplici e quotidiani, importanti insegnamenti.

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