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La Sicilia è una terra stupenda,tutta da scoprire, con la sua storia, le sue origini, la sua cultura tradizioni e tante curiosità

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Batimetria dell'area idrologica dello stretto di Messina

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La minore ampiezza (3.150 metri nel punto più stretto) si riscontra lungo la congiungente Ganzirri-punta Pezzo cui corrisponde a livello del fondo una "sella" sottomarina ove si riscontrano le minori profondità (80–120 m). In questo tratto i fondali marini presentano un solco mediano irregolare, con profondità massima di 115 m, che divide una zona occidentale (in prossimità di Ganzirri) caratterizzata da profonde incisioni, da quella orientale di Punta Pezzo, più profonda e pianeggiante.

Caratteristica del settore settentrionale dello stretto è l'ampia valle di Scilla, con una parte più profonda e ripida (circa 200 m). La valle comincia poi ad appiattirsi e ad essere meno acclive verso il mar Tirreno dove prende il nome di bacino di Palmi. Le pareti laterali della valle, profonde e scoscese, si elevano bruscamente conferendo alla sezione trasversale una forma ad "U". Un'ampia ed irregolare depressione, meno incisa (valle di Messina), avente anch'essa sezione ad "U", si riscontra nella parte meridionale. A profondità superiori ai 500 m, la valle di Messina si stringe divenendo più profonda e dando origine ad un ripido canyon sottomarino (canyon di Messina) che si protende fino alla piana batiale dello Ionio.

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Cannoli siciliani con granella di pistacchi e ciliegia candita
dolce tipico della cucina siciliana

Il cannolo siciliano è una delle specialità più conosciute della pasticceria siciliana. Come tale è stata ufficialmente riconosciuta e inserita nella lista dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani (P.A.T) del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali

In origine venivano preparati in occasione del carnevale; col passare del tempo la preparazione ha perso il suo carattere di occasionalità ed ha conosciuto una notevolissima diffusione sul territorio nazionale, divenendo in breve un rinomato esempio dell'arte pasticcera italiana nel mondo.

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Storia del cannolo siciliano

Il riferimento del nome è legato alle canne di fiume cui veniva arrotolata fino a pochi decenni fa la cialda durante la sua preparazione; secondo una ipotesi il dolce fu inventato in tempi remoti per festeggiare il carnevale.Secondo altre ha origini romane o saracene. La prima descrizione risale al duca Alberto Denti di Pirajno che nel suo libro Siciliani a tavola scrive: "Tubus farinarius dulcissimo edulio ex lacte fartus".Secondo Pirajno la definizione è attribuibile a Cicerone(questore di Lilybeo, l'odierna Marsala, fra il 76 e il 75 a.C.). Nel Dizionario di Michele del Bono: Dizionario Siciliano-Italiano-Latino, Palermo 1751, si legge testualmente: «Cannola: capelli arricciati. ricci. cincinni [per pasta dilicatissima lavorata a foggia di cannello, pieni di bianco mangiare. Tubus farinarius dulcissimo edulio ex lacte fartus]», si nota chiaramente come il lemma in siciliano corrisponde alla definizione in lingua italiana e quindi in lingua latina.

Inoltre Pino Correnti, nel suo Libro d'oro della cucina e dei vini della Sicilia riportando la frase latina sopracitata dal De Bono, suggerirebbe solamente il fatto che la definizione è stata diffusa per secoli in una descrizione del cannolo in lingua latina. Egli sostiene, inoltre, che il cannolo sarebbe stato inventato dalle abili mani delle suore di clausura di un convento nei pressi di Caltanissetta, partendo da un'antica ricetta romana poi elaborata dagli arabi.Secondo una diffusa tradizione esso deve il proprio nome ad uno scherzo carnevalesco che consisteva nel far fuoriuscire dal cannolo la crema di ricotta al posto dell'acqua, cannolo è un termine dialettale che indica una sorta di rubinetto. Il dolce sebbene sia nato a Caltanissetta, deve comunque gran parte della sua notorietà e diffusione planetaria ai pasticceri di Palermo, che hanno contribuito a stabilizzarne la ricetta, così come la conosciamo oggi, unitamente ai pasticceri di Messina, che ne hanno anche inventato la variante con crema scura di ricotta e cioccolato

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Origini saracene

Si narra che furono per prime le donne dell'Harem del Castello delle donne del signore dell'allora Qalc'at al-Nissa (Caltanissetta) le inventrici della ricetta. In questo luogo, secondo la tradizione tramandata fino a noi, gli emiri saraceni tenevano i propri harem e fu qui che le concubine lo crearono per prime, forse come omaggio vagamente fallico ai propri uomini. Queste donne pare si fossero ispirate ad un dolce di origine romana,di cui già parlava Cicerone,che lo descrive come consistente in un tubo farinaceo ripieno di un dolcissimo cibo a base di latte.

Le donne di questo harem, durante le lunghe assenze dei propri consorti, per ingannare l'attesa, si dedicavano alla preparazione di cibi e dolci elaborati; queste, sempre secondo la tradizione tramandata, avrebbero dunque modificato un dolce arabo già esistente, fatto di ricotta, mandorle e miele, rielaborandolo con la ricetta romana citata da Cicerone e dando così vita ad una specialità che sarebbe poi divenuta universalmente nota. Successivamente con la fine del dominio arabo in Sicilia gli harem scomparvero e non è da escludere che qualcuna delle favorite, convertita alla fede cristiana, si sia ritirata nei monasteri, portando con sé le ricette che avevano elaborato per le corti degli emiri.Quindi secondo la tradizione fu proprio quella del cannolo siciliano una delle ricette tramandate dalle donne musulmane alle consorelle cristiane, che lo iniziarono a produrre inizialmente durante il periodo carnevalesco, per poi diventare di uso e produzione durante tutto l'anno.

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L’antica arte delle carte siciliane

Si vedono tanti diversi tipi di carte da gioco provenienti da tante diverse parti del mondo, costituite da diverse materiali e realizzate in diverse forme. Le conosciamo perlopiù come tessere rettangolari, ma in India possiamo trovare persino mazzi di carte rotonde. Grandissima è anche la varietà dei disegni che le caratterizzano.
Le carte vengono disegnate ancora oggi secondo antiche memorie trasmesse di padre in figlio e custodite gelosamente. Dietro un mazzo di carte vi è infatti un mondo di misteri e di simboli. In ogni mazzo si incontrano numeri, colori e figure che non sono mai lasciate al caso. Ogni mazzo di carte si ricollega ad un’antica tradizione che ha percorso secoli di storia e di costume.
Le carte da gioco sono passate infatti per le mani di principi, di cavalieri, di dame, di mercanti, di avventurieri, di contadini e di avventori delle taverne. Sono state lette e interpretate da cartomanti ed esoteristi. Il mondo delle carte ci rimanda ad avventure, reami, guerre e imprese gloriose. Al gioco delle carte si ricollega spesso anche il gioco amoroso, non poche sono infatti le metafore e i rimandi tra l’abilità di giocare con maestria la propria partita e l’arte della seduzione.
Le carte sono uno dei giochi più diffusi in Occidente, anche se non è molto chiaro quando iniziarono a circolare con esattezza nel Vecchio Continente. Alcuni sostengono che Marco Polo abbia conosciuto le carte da gioco in Cina e le abbia riportate poi a Venezia, altri sostengono che a favorire in modo decisivo la diffusione delle carte in Europa sia stato l’incontro con gli arabi. Nei secoli sono stati creati molti differenti tipi di carte. Le carte sono diventate oggetto dell’arte delle corti Rinascimentali, così come prodotto di una complessa e affascinante arte popolare.

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In Sicilia il gioco delle carte si è radicato in modo molto profondo, diventando un elemento significativo dell’identità culturale dell’Isola. Tra tutti i mazzi di carte regionali, infatti, quello siciliano è tra i più diffusi e conosciuti in tutto il Sud Italia. Gli arabi sono stati i primi a disegnare le carte da gioco con i semi che sono ancora oggi diffusi al Sud. I mamelucchi giocavano con un mazzo di carte diviso in quattro diversi semi: i “dhiram”, che in Italia diventeranno i “denari”, i “tûmân”, cioè le “coppe, le “suyûf” ovvero le scimitarre che saranno poi le nostre “spade” e i “jawkân” vale a dire i “bastoni”. Questi stessi semi li troviamo nei tarocchi siciliani. Le carte da gioco siciliane hanno una discendenza diretta dagli arcani minori del mazzo dei tarocchi siciliani. I semi delle carte restano gli stessi, ma mutano gli otto, i nove e i dieci, sostituiti dalle figure della donna (diventata poi “fante”), del cavaliere e del re, figure tipiche del medioevo dei Paladini di Francia e delle loro epiche avventure. Gli arabi però non hanno avuto influenza diretta solo sulla Sicilia, ma anche sulla Spagna. Se le carte arabe si erano già diffuse nel Medioevo, nei primi anni della modernità il loro uso si consolidò in Sicilia durante la dominazione spagnola, tanto che le carte siciliane di oggi sono considerate un sottogruppo delle cosiddette “carte spagnole”.
Nelle carte siciliane ogni seme è composto da 10 carte, ovvero da un asso, dai numeri dal due al sette, da fante, cavallo e re, rappresentati come figure intere.

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I semi hanno precisa simbologia, che verrebbe ricondotta alla struttura della società medievale. Le Coppe, in siciliano “coppi”, stanno a rappresentare la classe degli ecclesiastici. L’Asso di Coppe è però un lebete nuziale, un vaso di ceramica dei tempi pagani usato in Sicilia ai tempi della Magna Grecia. Il seme di Spade, di “spati”, rappresenta il ceto nobiliare. I Denari o “aremi” sono ad immagine del ceto mercantile. Il re di denari è noto anche come “matta”, mentre il tre di denari si distingue per avere impresso lo stemma della Trinacria, simbolo della Sicilia. I Bastoni, o “mazzi”, raffigurano invece il popolo. L’asso di bastoni ha un importante significato nella cultura popolare siciliana, tanto da essere spesso dipinto sui carretti siciliani accompagnato dalla dicitura “vacci lisciu”. Questa rappresentazione invitava i malintenzionati a tenersi alla larga, oggi è da considerarsi un portafortuna. Nei mazzi ottocenteschi e del primo Novecento il cavallo di bastoni o di spade era impersonato da Giuseppe Garibaldi, la cui effige capeggiava anche al centro del cinque di denari.
Le carte restano uno giochi più amati dai siciliani, ma sono anche molto di più. La loro iconografia ispira torna nei murales, nell’oggettistica, persino nella moda. Dolce & Gabbana hanno riproposto le carte siciliane persino per colorare lo sportello di un frigorifero disegnato dall’omonima maison. Diversi artisti contemporanei si ispirano alle figure delle carte siciliane, uno su tutti Francesco Toraldo, che ne reinterpreta in chiave pittorica simboli, numeri e figure.

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In Sicilia e a Catania, il carciofo è un alimento che non può mancare nelle già ricche tavole. Si cucina la domenica e, in generale, durante le feste, si gusta nelle sue tante varianti. Se vi trovate a percorrere viale Mario Rapisardi, noterete spesso tanti fuculari che preparano i buonissimi carciofi arrostiti. La tipologia di carciofo più conosciuta è apprezzata dai siciliani e non è quella del carciofo violetto che si coltiva abbondantemente nel paese di Ramacca. Qui il carciofo è il prodotto principale. Il violetto ramacchese si affianca agli altri famosi carciofi siciliani di Cerda in provincia di Palermo e di Niscemi, in provincia di Caltanissetta. Scopriamo assieme questa eccellenza agroalimentare.

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Ramacca: la città del carciofo violetto
Si tratta di una cittadina immersa nella piana di Catania, nata nel 1700 come feudo nobiliare. Il nome del paese tradisce però la chiara origine araba. Si tratta infatti di un toponimo che deriverebbe da: Ramuellah (grande bosco), Rammuallah (terra di Dio), Ramalmokac (Casale dei Mokac), Rammak (custodi di giumente), Ramaka (galoppatoio) ed infine da Ramah (altura), che fa emergere la vocazione prettamente agricola del territorio. Ramacca ha infatti un’economia prevalentemente agricola, grazie ad un territorio molto esteso ed estremamente fertile, ricco di agrumeti e uliveti, con le viti coltivate nelle colline e le pianure con cereali, legumi ed ortaggi. La zona si contraddistingue per essere la terra di produzione del “Violetto”, una delle più importanti d’Italia con oltre due mila ettari di produzione di carciofi venduti in Italia e in Europa. Il “Violetto ramacchese” è riconosciuto come il carciofo tra i migliori in commercio.
La cittadina, magnifica anche per il panorama che offre, ospita il Museo civico, il Museo delle Bande Musicali e un parco archeologico con un suggestivo villaggio preistorico, infine vi sono anche dei resti di un centro siculo-greco, testimonianza del mix di culture, abitudini, tradizioni e storie provenienti da tutta l’isola. Da anni, la città dà vita alla Sagra del Carciofo per promuovere questa straordinaria varietà di ortaggio, assieme ad altri prodotti locali.

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