Novene e Ciaramiddari, tradizioni siciliane di Natale.
Un tempo,il Natale in Sicilia aveva il suono della ciaramedda.
Questo strumento musicale popolare è sempre stato uno dei più utilizzati.
Scopriamone insieme la storia e perché rappresenta un pezzo di cultura siciliana molto importante.
La Sicilia vanta anche una bella tradizione di canti dedicati alle festività natalizie.Si tratta delle novene,che raccontano le vicende della natività e vengono intonate dagli zampognari, detti “ciaramiddari”. La ciaramedda (ciaramella) è uno strumento musicale popolare della famiglia degli oboi.Si tratta di uno degli strumenti più usati nella musica popolare siciliana.Il nome deriva dal diminuitivo tardo latino calamellus,al femminile “calamilla” e “calamella”,derivante a sua volta dalla parola latina calamus e greca kàlamos,cioè “canna”.In siciliano è conosciuta come ciaramedda. Con il termine ciaramella (shawm in inglese,
Schalmeiiin tedesco,chalemie in francese) si indica il soprano della famiglia delle bombarde.Questo strumento per tutto il medioevo viene utilizzato come discantus nell’ensemble dell’alta cappella.La differenza tra ciaramella e bombarda consiste principalmente nella presenza in quest’ultima di una chiave, parzialmente celata da una fontanella con funzione protettiva ed estetica, necessaria per suonare la nota più grave dello strumento. Questa distinzione viene mantenuta fino al XVII secolo, come testimonia il trattato Syntagma Musicum di Michael Praetorius ed applicata a tutte le altre taglie della famiglia delle bombarde.
@siciliaterramia
Un tempo,il Natale in Sicilia aveva il suono della ciaramedda.
Questo strumento musicale popolare è sempre stato uno dei più utilizzati.
Scopriamone insieme la storia e perché rappresenta un pezzo di cultura siciliana molto importante.
La Sicilia vanta anche una bella tradizione di canti dedicati alle festività natalizie.Si tratta delle novene,che raccontano le vicende della natività e vengono intonate dagli zampognari, detti “ciaramiddari”. La ciaramedda (ciaramella) è uno strumento musicale popolare della famiglia degli oboi.Si tratta di uno degli strumenti più usati nella musica popolare siciliana.Il nome deriva dal diminuitivo tardo latino calamellus,al femminile “calamilla” e “calamella”,derivante a sua volta dalla parola latina calamus e greca kàlamos,cioè “canna”.In siciliano è conosciuta come ciaramedda. Con il termine ciaramella (shawm in inglese,
Schalmeiiin tedesco,chalemie in francese) si indica il soprano della famiglia delle bombarde.Questo strumento per tutto il medioevo viene utilizzato come discantus nell’ensemble dell’alta cappella.La differenza tra ciaramella e bombarda consiste principalmente nella presenza in quest’ultima di una chiave, parzialmente celata da una fontanella con funzione protettiva ed estetica, necessaria per suonare la nota più grave dello strumento. Questa distinzione viene mantenuta fino al XVII secolo, come testimonia il trattato Syntagma Musicum di Michael Praetorius ed applicata a tutte le altre taglie della famiglia delle bombarde.
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Le caratteristiche della ciaramedda
Questo strumento musicale popolare è diffuso in tutto il Centro-sud Italia. In Sicilia il termine ciaramedda designa la zampogna. Questo deriva dal fatto che la zampogna stessa sia nata dall’accostamento di due ciaramelle, alle quali nell’età dell’Impero Romano è stato aggiunta una riserva d’aria tramite un otre (nel Medioevo saranno aggiunti infine i bordoni). La doppia ancia, assai lunga, viene tenuta fra le labbra; il foro del fuso è conico e la campana terminale è ampiamente svasata. Raramente è suonata come strumento solista. Generalmente si suona assieme alla zampogna. L’accostamento tra zampogna e ciaramella è diffuso grazie agli zampognari itineranti che portano la novena di Natale. Originariamente l’uso non era legato al solo contesto pastorale e natalizio, ma apparteneva ai più vari contesti.
@sicilianewseinfo
@siciliatertamia
Questo strumento musicale popolare è diffuso in tutto il Centro-sud Italia. In Sicilia il termine ciaramedda designa la zampogna. Questo deriva dal fatto che la zampogna stessa sia nata dall’accostamento di due ciaramelle, alle quali nell’età dell’Impero Romano è stato aggiunta una riserva d’aria tramite un otre (nel Medioevo saranno aggiunti infine i bordoni). La doppia ancia, assai lunga, viene tenuta fra le labbra; il foro del fuso è conico e la campana terminale è ampiamente svasata. Raramente è suonata come strumento solista. Generalmente si suona assieme alla zampogna. L’accostamento tra zampogna e ciaramella è diffuso grazie agli zampognari itineranti che portano la novena di Natale. Originariamente l’uso non era legato al solo contesto pastorale e natalizio, ma apparteneva ai più vari contesti.
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Anche il torrone ha origini siciliane.
Il torrone di Caltanissetta è una specialità di antica origine.
Questo dolce vanta una storia molto antica, che tuttavia non tutti conoscono.
Una fonte storica ci porta indietro addirittura al 300 a.C., quando viene citato un dolce chiamato koptè.
Quando si pensa al torrone, difficilmente lo si associa alla Sicilia, eppure le sue origini affondano le radici nel territorio della nostra isola, più precisamente a Caltanissetta. Questo dolce vanta una storia antica, ma poco conosciuta. Il torrone che si prepara nell’entroterra siciliano è un presidio Slow Food e si prepara con maestria da generazioni. Già in alcuni documenti del 1600 si fa riferimento a un dolce, tipico delle festività natalizie, che tuttavia non aveva ancora il nome di torrone
@siciliaterramia
Il torrone di Caltanissetta è una specialità di antica origine.
Questo dolce vanta una storia molto antica, che tuttavia non tutti conoscono.
Una fonte storica ci porta indietro addirittura al 300 a.C., quando viene citato un dolce chiamato koptè.
Quando si pensa al torrone, difficilmente lo si associa alla Sicilia, eppure le sue origini affondano le radici nel territorio della nostra isola, più precisamente a Caltanissetta. Questo dolce vanta una storia antica, ma poco conosciuta. Il torrone che si prepara nell’entroterra siciliano è un presidio Slow Food e si prepara con maestria da generazioni. Già in alcuni documenti del 1600 si fa riferimento a un dolce, tipico delle festività natalizie, che tuttavia non aveva ancora il nome di torrone
@siciliaterramia
La storia
Le attività di vendita in città risalgono al 1860, ma una fonte ci porta indietro addirittura al 300 a.C., quando il filosofo Clearco di Soli cita un dolce a base di frutta secca e miele, chiamato koptè. Questo dolce, ben presto, divenne popolare in tutto il Mediterraneo, con un nome che cambiò presto in “cuppedia” e poi nell’arabo “cubaita”. Questa sovrapposizione di nomi ha generato un po’ di equivoci con il croccante di mandorle, chiamato appunto cubaita, che ha una preparazione molto diversa. La storia del torrone di Caltanissetta è legata ai tanti mandorleti e pistacchieti dell’entroterra siciliano. A testimonianza della sua bontà, nel 1884, raggiunse il primo posto sul podio dell’Esposizione generale italiana di Torino, per la categoria “torroni e panforte”, lasciando senza parole i torronai di Cremona, Caserta e Siena. A vincere fu Salvatore Amico, mentre altri due nisseni, cioè Luigi Giannone e Giuseppe Infantolino, ottennero la menzione d’oro. In quegli anni c’erano ben 8 torronifici in città. Oggi c’è ancora il torronificio fondato nel 1879 da Michele Geraci, arrivato alla quarta generazione
@siciliaterramia
Le attività di vendita in città risalgono al 1860, ma una fonte ci porta indietro addirittura al 300 a.C., quando il filosofo Clearco di Soli cita un dolce a base di frutta secca e miele, chiamato koptè. Questo dolce, ben presto, divenne popolare in tutto il Mediterraneo, con un nome che cambiò presto in “cuppedia” e poi nell’arabo “cubaita”. Questa sovrapposizione di nomi ha generato un po’ di equivoci con il croccante di mandorle, chiamato appunto cubaita, che ha una preparazione molto diversa. La storia del torrone di Caltanissetta è legata ai tanti mandorleti e pistacchieti dell’entroterra siciliano. A testimonianza della sua bontà, nel 1884, raggiunse il primo posto sul podio dell’Esposizione generale italiana di Torino, per la categoria “torroni e panforte”, lasciando senza parole i torronai di Cremona, Caserta e Siena. A vincere fu Salvatore Amico, mentre altri due nisseni, cioè Luigi Giannone e Giuseppe Infantolino, ottennero la menzione d’oro. In quegli anni c’erano ben 8 torronifici in città. Oggi c’è ancora il torronificio fondato nel 1879 da Michele Geraci, arrivato alla quarta generazione
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Come si fa il torrone di Caltanissetta
Il torrone di Caltanissetta è chiamato in dialetto “turruni” e comprende diverse varianti. Quello tradizionale, a pasta dura, si prepara con mandorle, pistacchi, miele, albume d’uovo, zucchero e sciroppo di glucosio. Le maestranze mescolano gli ingredienti in una caldaia dal fondo di rame, simile alle caldaie utilizzate anticamente. Nella fase finale della cottura a fiamma bassa (che dura otto ore) aggiungono mandorle e pistacchi siciliani. Al termine della cottura, l’impasto è distribuito in telai di forma rettangolare. Il torrone si stende e si lavora con mattarelli in legno. Il verbo utilizzato per descrivere questa fase è incorporare (‘intularare’, in dialetto).
Le maestranze distribuiscono altro pistacchio di prima scelta, tritato con la macchina raffinatrice, sulla superficie dei blocchi di torrone. I telai vengono messi sotto una pressa che uniforma la superficie e fissa meglio il pistacchio. Quando il torrone si raffredda, il torrone di Caltanissetta è estratto dai telai e tagliato in pezzature da 50, 100 o 250 grammi.
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Il torrone di Caltanissetta è chiamato in dialetto “turruni” e comprende diverse varianti. Quello tradizionale, a pasta dura, si prepara con mandorle, pistacchi, miele, albume d’uovo, zucchero e sciroppo di glucosio. Le maestranze mescolano gli ingredienti in una caldaia dal fondo di rame, simile alle caldaie utilizzate anticamente. Nella fase finale della cottura a fiamma bassa (che dura otto ore) aggiungono mandorle e pistacchi siciliani. Al termine della cottura, l’impasto è distribuito in telai di forma rettangolare. Il torrone si stende e si lavora con mattarelli in legno. Il verbo utilizzato per descrivere questa fase è incorporare (‘intularare’, in dialetto).
Le maestranze distribuiscono altro pistacchio di prima scelta, tritato con la macchina raffinatrice, sulla superficie dei blocchi di torrone. I telai vengono messi sotto una pressa che uniforma la superficie e fissa meglio il pistacchio. Quando il torrone si raffredda, il torrone di Caltanissetta è estratto dai telai e tagliato in pezzature da 50, 100 o 250 grammi.
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Per "Gambero rosso" il panettone di Paolo Piccione di Avola tra i migliori della Sicilia - Siracusa News @sicilianewseinfo
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Vini: Donnafugata premiata come migliore produttore in Cina - Sicilia @sicilianewseinfo
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(ANSA) - PALERMO, 21 DIC - La storica azienda vinicola siciliana Donnafugata è stata premiata in Cina con l'Excellent Wine Producer, il riconoscimento assegnato da WineITA, il più importante portale di informazione dedicato alla promozione dei vini italiani…
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