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Guida Gambero Rosso, solo due i ristoranti siciliani che conquistano le tre forchette @sicilianewseinfo
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Guida Gambero Rosso, solo due i ristoranti siciliani che conquistano le tre forchette
PALERMO - Sono due i ristoranti siciliani ad avere conquistato le «tre forchette», il massimo riconoscimento attribuito dalla guida ai ristoranti d’Italia 2021 del Gambero Rosso. I premiati nell’isola sono il ristorante La Madia di Licata (Agrigento) dello…
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Sulla “pigna” aleggia una leggenda che nasce in Germania. Qui viveva una famiglia molto povera che decise di raccogliere questi frutti legnosi nella vicina foresta, pensando di usarne in parte per bruciarli nel camino e così riscaldare la gelida casa, in parte per venderli e poter comprare del cibo con cui sfamarsi. Ma non appena raccolte e messe nel cesto, la capofamiglia udì la voce di un elfo che le domandava perché le rubasse. Lei gli raccontò, tristemente, la sua vita povera. Il piccolo elfo, abitante dei boschi, allora, le suggerì di raccogliere le pigne di un’altra foresta, perché, le disse, che lì ce n’erano di più belle.
Elfi nella foresta
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Elfi nella foresta
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La donna andò nella foresta indicatale dall’elfo, ma, stanca, cadde addormentata sotto un grande pino. La svegliò una pigna caduta sulla sua testa e ancora altre e altre. La donna le raccolse e tornò di gran volata a casa. Appena varcata la soglia si accorse con stupore che le pigne erano diventate d’argento. Corse a venderle e ne ricavò talmente tanto denaro da non dover più soffrire né la fame né il freddo. Da allora, la gente del paesino, tiene in casa una piccola pigna d’argento come portafortuna.
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La pigna e i suoi tanti significati
Facendo un grande salto nel passato, troviamo che all’inizio la pigna fu associata all’uovo cosmico da cui si credette fosse nato il mondo; in seguito si collegò alla ghiandola pineale dove si riteneva risiedesse l’anima. Inoltre, dato che la pigna è il frutto di un sempreverde, rappresenta la forza e l’eternità e, proprio per l’abbondanza dei semi che ingloba, è sempre stata associata alla fecondità. Proprio per questo nella tradizione contadina si adornava la camera da letto degli sposi con le pigne, anche le testiere dei letti in ferro battuto erano rappresentate da pigne, il tutto per augurare fecondità e salute.
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Facendo un grande salto nel passato, troviamo che all’inizio la pigna fu associata all’uovo cosmico da cui si credette fosse nato il mondo; in seguito si collegò alla ghiandola pineale dove si riteneva risiedesse l’anima. Inoltre, dato che la pigna è il frutto di un sempreverde, rappresenta la forza e l’eternità e, proprio per l’abbondanza dei semi che ingloba, è sempre stata associata alla fecondità. Proprio per questo nella tradizione contadina si adornava la camera da letto degli sposi con le pigne, anche le testiere dei letti in ferro battuto erano rappresentate da pigne, il tutto per augurare fecondità e salute.
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Castello di Donnafugata
Nella tradizione popolare Siciliana si è diffusa l’usanza che fosse utile e propizio regalare delle pigne da appendere sopra la porta di casa come augurio di salute e buona fortuna alla famiglia che vi abita. La troviamo sui balconi, sui cancelli di antiche ville e giardini e, come metaforico ponte tra l’umano e il divino, sulle facciate di chiese, conventi e, persino, sui troni di re e pontefici.
Le abili mani dei maestri ceramisti siciliani le realizzano di ogni dimensione e colore; dal bianco all’avorio, dal verde ramina al bordeaux, dal turchese al blu cobalto; sono utilizzate come bomboniere, complementi d’arredo, decorazioni di interni ed esterni e in rosso fuoco per Natale o come ferma documenti sulle scrivanie degli uffici contro gli influssi negativi.
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Nella tradizione popolare Siciliana si è diffusa l’usanza che fosse utile e propizio regalare delle pigne da appendere sopra la porta di casa come augurio di salute e buona fortuna alla famiglia che vi abita. La troviamo sui balconi, sui cancelli di antiche ville e giardini e, come metaforico ponte tra l’umano e il divino, sulle facciate di chiese, conventi e, persino, sui troni di re e pontefici.
Le abili mani dei maestri ceramisti siciliani le realizzano di ogni dimensione e colore; dal bianco all’avorio, dal verde ramina al bordeaux, dal turchese al blu cobalto; sono utilizzate come bomboniere, complementi d’arredo, decorazioni di interni ed esterni e in rosso fuoco per Natale o come ferma documenti sulle scrivanie degli uffici contro gli influssi negativi.
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Cortile della Pigna nei musei Vaticani
NEL 1988 E’ STATO ISTITUITO IL PREMIO INTERNAZIONALE DI SICILIANITA’ PIGNA D’ARGENTO
L’ Accademia di Sicilia, nel quadro delle sue attività istituzionali, ha fondato un premio da attribuire annualmente ad insigni cittadini che, nati od operanti in Sicilia, si sono particolarmente distinti, ciascuno nel proprio settore professionale, dando della nostra Terra un’immagine di operosità e di cultura.
“Conferito ad insigni personalità impegnate per il bene della collettività, il giusto riconoscimento donando loro un simbolico oggetto che rappresenta la Sicilia, con le sue contraddizioni, il suo patrimonio umano ed artistico, i suoi talenti e le caratteristiche storiche di un popolo che si è sempre distinto con genialità, intelligenza e creatività in ogni angolo della Terra!“
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NEL 1988 E’ STATO ISTITUITO IL PREMIO INTERNAZIONALE DI SICILIANITA’ PIGNA D’ARGENTO
L’ Accademia di Sicilia, nel quadro delle sue attività istituzionali, ha fondato un premio da attribuire annualmente ad insigni cittadini che, nati od operanti in Sicilia, si sono particolarmente distinti, ciascuno nel proprio settore professionale, dando della nostra Terra un’immagine di operosità e di cultura.
“Conferito ad insigni personalità impegnate per il bene della collettività, il giusto riconoscimento donando loro un simbolico oggetto che rappresenta la Sicilia, con le sue contraddizioni, il suo patrimonio umano ed artistico, i suoi talenti e le caratteristiche storiche di un popolo che si è sempre distinto con genialità, intelligenza e creatività in ogni angolo della Terra!“
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“Il 15 settembre 2004, inoltre, abbiamo avuto l’onore e la gioia di consegnare la Speciale Pigna d’Oro per la Pace a San Giovanni Paolo II, Sommo Pontefice, alla presenza di migliaia di persone plaudenti
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La Festa dell’Immacolata in Sicilia è molto sentita. Si tratta di una ricorrenza di antica origine: fin dall’VIII secolo, ai tempi della dominazione bizantina, si sviluppò il culto per la Vergine Maria. La spiritualità e la liturgia latina, infatti, avevano sempre avuto un’intensa devozione nei confronti della Madre di Dio. I momenti più salienti della devozione nella nostra isola si trovano storicamente a Palermo nel XVII secolo: nel 1624 morirono moltissime persone a causa della peste e il Senato palermitano cercò di porre fine a quella piaga con ogni mezzo, anche spirituale.
Così fece ricorso all’Immacolata e a Santa Rosalia, celebrando solennemente e in perpetuo la feste delle due icone religiose. Il cardinale dell’epoca, inoltre, emise voto il voto di credere e difendere, fino all’ultimo spirito di vita, l’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria, e di digiunare alla vigilia della festa. Si decise di portare in processione il simulacro dell’Immacolata, dalla Cattedrale alla chiesa di S. Francesco (la chiesa e il convento di San Francesco, fin dall’arrivo dell’ordine religioso dei francescani, divennero un importante centro propulsore della devozione all’Immacolata
Quando la peste fu debellata, il Senato palermitano non dimenticò tutti gli impegni assunti. Ancora oggi, ogni anno, le autorità civili rinnovano il giuramento pronunciato dal cardinale: intervengono alle solenni funzioni ed erogano a favore del convento di S. Francesco una somma di denaro (a ricordo delle 100 onze versate nel 1624, per la celebrazione della festa e per le necessità del culto dell’Immacolata).
La storia della Festa dell’Immacolata in Sicilia continua negli anni tra il 1724 e il 1727. L’imperatore austriaco Carlo VI, che governava allora la Sicilia, aprì a Palermo la piazza antistante alla chiesa di San Domenico. Al centro della piazza fece erigere la colonna di marmo su cui fu innalzata la grande statua bronzea dell’Immacolata. Questa fu l’occasione perchè in città avvenisse il riavvicinamento, dopo tanti secoli di divisioni, tra i Domenicani e i Francescani; in segno della ritrovata unione, si stabilì con un atto pubblico, che i Francescani avrebbero da allora partecipato alla processione della Madonna del Rosario e i Domenicani a quella dell’Immacolata.
Sempre a Palermo, in quegli stessi anni, sorse una nuova confraternita in onore dell’Immacolata. A seguito della donazione al convento di San Francesco della statua d’argento dell’Immacolata (1647), che ancora oggi viene portata in processione, si era imposta la necessità di reperire chi si assumesse l’onere di portarla a spalla durante le processioni. Nacque così la Congregazione denominata “del Porto e Riporto”, ancora oggi attiva.
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Così fece ricorso all’Immacolata e a Santa Rosalia, celebrando solennemente e in perpetuo la feste delle due icone religiose. Il cardinale dell’epoca, inoltre, emise voto il voto di credere e difendere, fino all’ultimo spirito di vita, l’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria, e di digiunare alla vigilia della festa. Si decise di portare in processione il simulacro dell’Immacolata, dalla Cattedrale alla chiesa di S. Francesco (la chiesa e il convento di San Francesco, fin dall’arrivo dell’ordine religioso dei francescani, divennero un importante centro propulsore della devozione all’Immacolata
Quando la peste fu debellata, il Senato palermitano non dimenticò tutti gli impegni assunti. Ancora oggi, ogni anno, le autorità civili rinnovano il giuramento pronunciato dal cardinale: intervengono alle solenni funzioni ed erogano a favore del convento di S. Francesco una somma di denaro (a ricordo delle 100 onze versate nel 1624, per la celebrazione della festa e per le necessità del culto dell’Immacolata).
La storia della Festa dell’Immacolata in Sicilia continua negli anni tra il 1724 e il 1727. L’imperatore austriaco Carlo VI, che governava allora la Sicilia, aprì a Palermo la piazza antistante alla chiesa di San Domenico. Al centro della piazza fece erigere la colonna di marmo su cui fu innalzata la grande statua bronzea dell’Immacolata. Questa fu l’occasione perchè in città avvenisse il riavvicinamento, dopo tanti secoli di divisioni, tra i Domenicani e i Francescani; in segno della ritrovata unione, si stabilì con un atto pubblico, che i Francescani avrebbero da allora partecipato alla processione della Madonna del Rosario e i Domenicani a quella dell’Immacolata.
Sempre a Palermo, in quegli stessi anni, sorse una nuova confraternita in onore dell’Immacolata. A seguito della donazione al convento di San Francesco della statua d’argento dell’Immacolata (1647), che ancora oggi viene portata in processione, si era imposta la necessità di reperire chi si assumesse l’onere di portarla a spalla durante le processioni. Nacque così la Congregazione denominata “del Porto e Riporto”, ancora oggi attiva.
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