Il Lago di Pergusa
Un’altra leggenda particolarmente conosciuta, anche al di là dei confini della Sicilia, è quella legata al ratto di Proserpina, figlia di Demetra, amata da Ade, Dio degli Inferi. Il mito del rapimento, è il naturale prosieguo della leggenda della ninfa Ciane, che con lei si trovava nei pressi del Lago Pergusa.
Nonostante l’opposizione dunque delle fanciulle e della stessa Proserpina, Ade riesce lo stesso a portarla con sé negli Inferi.
La madre andò in soccorso alla figlia, cercandola senza posa per nove giorni e nove notti. Alla fine decise che non sarebbe salita più un cielo se non avesse ri-ottenuto la figlia. Demetra, dea della vegetazione e dell’agricoltura, lasciò dunque la terra sgombra, spoglia e arida. A questo punto, Zeus decise di offrire a Demetra un compromesso: Proserpina sarebbe rimasta nell’Ade per quattro mesi (quelli invernali), mentre per gli altri otto, sarebbe rimasta sulla terra, cosicché essa potesse dare fiori e frutti agli umani.
Un’altra leggenda particolarmente conosciuta, anche al di là dei confini della Sicilia, è quella legata al ratto di Proserpina, figlia di Demetra, amata da Ade, Dio degli Inferi. Il mito del rapimento, è il naturale prosieguo della leggenda della ninfa Ciane, che con lei si trovava nei pressi del Lago Pergusa.
Nonostante l’opposizione dunque delle fanciulle e della stessa Proserpina, Ade riesce lo stesso a portarla con sé negli Inferi.
La madre andò in soccorso alla figlia, cercandola senza posa per nove giorni e nove notti. Alla fine decise che non sarebbe salita più un cielo se non avesse ri-ottenuto la figlia. Demetra, dea della vegetazione e dell’agricoltura, lasciò dunque la terra sgombra, spoglia e arida. A questo punto, Zeus decise di offrire a Demetra un compromesso: Proserpina sarebbe rimasta nell’Ade per quattro mesi (quelli invernali), mentre per gli altri otto, sarebbe rimasta sulla terra, cosicché essa potesse dare fiori e frutti agli umani.
Aci e Galatea
Altro personaggio della mitologia greca, particolarmente conosciuto, è sicuramente Polifemo. Di lui esistono due miti; il primo, è quello legato alla storia d’amore tra il pastore Aci e la ninfa Galatea, che è descritto nelle “Metamorfosi” di Ovidio, l’altro, forse quello più popolare, è legato al personaggio con un solo occhio, messo in scena da Omero nell’”Odissea”.
Il Polifemo di Omero vive in Sicilia, dove Ulisse e i suoi compagni sbarcarono nel loro viaggio verso Itaca. Polifemo era un semi-uomo, che si alimentava di vino, formaggio e, occasionalmente di uomini.
Dopo aver mangiato tre dei compagni di Ulisse e aver imprigionato Ulisse stesso, Ulisse decise di preparargli una trappola; offrì al Ciclope del vino, che, prima di crollare nel sonno, gli chiese il suo nome. Odisseo dice di chiamarsi Nessuno, lo accieca con un tronco appuntito ed arroventato e si nasconde con i compagni sotto il vello di una pecora; quando Polifemo avrebbe aperto la grotta per far uscire le pecore, gli eroi sarebbero usciti con loro, riuscendo finalmente a scappare. Quando Ulisse, fuggendo con la sua nave, rivela al Ciclope la sua vera identità, questi scaglia verso di lui una manciata di massi, gli Scogli dei Ciclopi, faraglioni basaltici situati di fronte la costa di Acitrezza.
Altro personaggio della mitologia greca, particolarmente conosciuto, è sicuramente Polifemo. Di lui esistono due miti; il primo, è quello legato alla storia d’amore tra il pastore Aci e la ninfa Galatea, che è descritto nelle “Metamorfosi” di Ovidio, l’altro, forse quello più popolare, è legato al personaggio con un solo occhio, messo in scena da Omero nell’”Odissea”.
Il Polifemo di Omero vive in Sicilia, dove Ulisse e i suoi compagni sbarcarono nel loro viaggio verso Itaca. Polifemo era un semi-uomo, che si alimentava di vino, formaggio e, occasionalmente di uomini.
Dopo aver mangiato tre dei compagni di Ulisse e aver imprigionato Ulisse stesso, Ulisse decise di preparargli una trappola; offrì al Ciclope del vino, che, prima di crollare nel sonno, gli chiese il suo nome. Odisseo dice di chiamarsi Nessuno, lo accieca con un tronco appuntito ed arroventato e si nasconde con i compagni sotto il vello di una pecora; quando Polifemo avrebbe aperto la grotta per far uscire le pecore, gli eroi sarebbero usciti con loro, riuscendo finalmente a scappare. Quando Ulisse, fuggendo con la sua nave, rivela al Ciclope la sua vera identità, questi scaglia verso di lui una manciata di massi, gli Scogli dei Ciclopi, faraglioni basaltici situati di fronte la costa di Acitrezza.
"Botta ri sali" è un'espressione idiomatica siciliana che letteralmente si traduce in "colpo di sale".
La sua origine risale ai minatori che lavoravano nelle miniere di salgemma e che, a causa degli spazi angusti, spesso si ferivano battendo la testa contro le pareti rocciose.
Anche se il suo significato non è affatto allegro perché riflette le dure condizioni di lavoro dei minatori del passato, oggi, l'espressione viene usata in modo scherzoso per riferirsi a qualcuno che non si apprezza particolarmente o che ha fatto qualcosa di sbagliato per augurarvi un malanno fulminante.
“Botta ri sali a tia!”
La sua origine risale ai minatori che lavoravano nelle miniere di salgemma e che, a causa degli spazi angusti, spesso si ferivano battendo la testa contro le pareti rocciose.
Anche se il suo significato non è affatto allegro perché riflette le dure condizioni di lavoro dei minatori del passato, oggi, l'espressione viene usata in modo scherzoso per riferirsi a qualcuno che non si apprezza particolarmente o che ha fatto qualcosa di sbagliato per augurarvi un malanno fulminante.
“Botta ri sali a tia!”
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“Grazie mamma, perché mi hai dato la tenerezza delle tue carezze, il bacio della buona notte, il tuo sorriso premuroso, la dolce tua mano che mi dà sicurezza. Hai asciugato in segreto le mie lacrime, hai incoraggiato i miei passi, hai corretto i miei errori, hai protetto il mio cammino, hai educato il mio spirito, con saggezza e con amore mi hai introdotto alla vita. E mentre vegliavi con cura su di me trovavi il tempo per i mille lavori di casa. Tu non hai mai pensato di chiedere un grazie. Grazie mamma” (Grazie mamma, filastrocca di Judith Bond)
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