Tu che mi parli di gioie false,
dimmi quali siano le vere;
quelle che costano più lacrime,
o quelle che lasciano più rimorsi?
e perché rimorsi?
Qual’è l’amor vero,
quello che muore, o quello che uccide?
e qual’è la donna più degna d’amore,
la più casta o la più seducente?
Giovanni Verga
In foto: Stefania Sandrelli in "Sedotta e abbandonata" di Pietro Germi (1964)
✍🏻@sicilianewseinfo
📌@siciliaterramia
📚#LetteraturaSiciliana
dimmi quali siano le vere;
quelle che costano più lacrime,
o quelle che lasciano più rimorsi?
e perché rimorsi?
Qual’è l’amor vero,
quello che muore, o quello che uccide?
e qual’è la donna più degna d’amore,
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Il 14 aprile 1857 nasceva a Palermo Luigi Natoli, uno dei più grandi e forse meno conosciuti scrittori siciliani.
Autore del capolavoro "I Beati Paoli" ma anche di tante altre opere veramente interessanti e scritte in modo sublime che raccontano la nostra Sicilia.
Ecco l'elenco delle sue opere, che consiglio vivamente di leggere, e le relative trame nelle foto:
- I Beati Paoli
- Coriolano della Floresta (seguito dei Beati Paoli)
- I Vespri Siciliani
- I cavalieri della stella
- I cavalieri della stella, ovvero La caduta di Messina
- Gli ultimi saraceni
- I morti tornano...
- La dama tragica
- Alla Guerra!
- Fra' Diego La Matina
- Calvello il Bastardo
- Cagliostro e le sue avventure
- La vecchia dell'aceto
- Viva l'imperatore
- Latini e catalani: Mastro Bertuchello e il - Tesoro dei Ventimiglia
- L'abate Meli
- Chi l'uccise?
- La Principessa Ladra
- Braccio di Ferro Avventure di un carbonaro (con illustrazioni di Edgardo Natoli)
- Fioravante e Rizzeri
- Ferrazzano
- Il Capitan Terrore
- Il Paggio della regina Bianca
- Squarcialupo
- I mille e un duelli del bel Torralba
- Gli Schiavi
- Rosso l'avventuriero
- Il tesoro dei Ventimiglia
- Maestro Bertuchello
- Storie e leggende di Sicilia
- Gli studi danteschi in Sicilia, saggio storico-bibliografico (1894)
- La civiltà siciliana del secolo XVI (1895)
- Studi su la letteratura siciliana del secolo XVI (1896)
- Storia di Sicilia dalla preistoria al fascismo, Ed. Ciuni, 1935
- La Rivoluzione Siciliana del 1860 - Ed. fuori commercio - Soc. Ed. Marraffa Abate Pa 1910
- La Sicilia e Garibaldi (1910)
- Musa siciliana, Milano, R. Caddeo & C., 1922, LIX, pp. 303
- Rivendicazioni
- Un poemetto siciliano del XVI secolo
- Prosa e prosatori siciliani del secolo XVI, ricerche (1904)
- Guida di Palermo e i suoi dintorni (1891)
- Il teatro del popolino. Scritti sull'Opera dei pupi.
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Autore del capolavoro "I Beati Paoli" ma anche di tante altre opere veramente interessanti e scritte in modo sublime che raccontano la nostra Sicilia.
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- I Beati Paoli
- Coriolano della Floresta (seguito dei Beati Paoli)
- I Vespri Siciliani
- I cavalieri della stella
- I cavalieri della stella, ovvero La caduta di Messina
- Gli ultimi saraceni
- I morti tornano...
- La dama tragica
- Alla Guerra!
- Fra' Diego La Matina
- Calvello il Bastardo
- Cagliostro e le sue avventure
- La vecchia dell'aceto
- Viva l'imperatore
- Latini e catalani: Mastro Bertuchello e il - Tesoro dei Ventimiglia
- L'abate Meli
- Chi l'uccise?
- La Principessa Ladra
- Braccio di Ferro Avventure di un carbonaro (con illustrazioni di Edgardo Natoli)
- Fioravante e Rizzeri
- Ferrazzano
- Il Capitan Terrore
- Il Paggio della regina Bianca
- Squarcialupo
- I mille e un duelli del bel Torralba
- Gli Schiavi
- Rosso l'avventuriero
- Il tesoro dei Ventimiglia
- Maestro Bertuchello
- Storie e leggende di Sicilia
- Gli studi danteschi in Sicilia, saggio storico-bibliografico (1894)
- La civiltà siciliana del secolo XVI (1895)
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- Storia di Sicilia dalla preistoria al fascismo, Ed. Ciuni, 1935
- La Rivoluzione Siciliana del 1860 - Ed. fuori commercio - Soc. Ed. Marraffa Abate Pa 1910
- La Sicilia e Garibaldi (1910)
- Musa siciliana, Milano, R. Caddeo & C., 1922, LIX, pp. 303
- Rivendicazioni
- Un poemetto siciliano del XVI secolo
- Prosa e prosatori siciliani del secolo XVI, ricerche (1904)
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"A Siracusa camminavamo nei boschi d'aranci, vedendo tra i tronchi splendere il mare...Là voi vorreste vivere, là è la gioia".
-Gabriele D'Annunzio_
Ortogia, Siracusa
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"Il cane di terracotta" di Andrea Camilleri
Andarono alla Vuccirìa. Livia era stordita e travolta dalle voci, dagli inviti, dalle grida delle mercanzie, dalla parlata, dalle contraddizioni, dalle fulminee risse, dai colori così accesi da parere finti, pittati. Il sciàuro del pesce friscu si mescolava a quello dei mandarini, delle interiora d'agnello bollito e cosparse di caciocavallo, la cosiddetta mèusa, delle fritture, e l'insieme era una fusione irripetibile, quasi magica.
Dipinto: "La Vuccìria" di Renato Guttuso (1974)
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Andarono alla Vuccirìa. Livia era stordita e travolta dalle voci, dagli inviti, dalle grida delle mercanzie, dalla parlata, dalle contraddizioni, dalle fulminee risse, dai colori così accesi da parere finti, pittati. Il sciàuro del pesce friscu si mescolava a quello dei mandarini, delle interiora d'agnello bollito e cosparse di caciocavallo, la cosiddetta mèusa, delle fritture, e l'insieme era una fusione irripetibile, quasi magica.
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Il 15 Novembre 1920 nasce a Comiso Gesualdo Bufalino.
È stato uno scrittore, poeta e aforista.
Per gran parte della vita insegnante, si è rivelato tardivamente, nel 1981, all'età di 61 anni, con il romanzo “Diceria dell'untore”, grazie all'incoraggiamento di Leonardo Sciascia ed Elvira Sellerio; l'opera gli valse nello stesso anno il prestigioso Premio Campiello.
Con il romanzo “Le menzogne della notte “vinse nel 1988 il Premio Strega.
Si rese famoso per il suo stile ricercato, ricco e in alcuni casi "anticheggiante", nonché per la sua abilità linguistica e la vasta cultura. Amico di Leonardo Sciascia, trascorse la maggior parte della sua vita a Comiso, mantenendo un'esistenza ritirata e discreta.
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È stato uno scrittore, poeta e aforista.
Per gran parte della vita insegnante, si è rivelato tardivamente, nel 1981, all'età di 61 anni, con il romanzo “Diceria dell'untore”, grazie all'incoraggiamento di Leonardo Sciascia ed Elvira Sellerio; l'opera gli valse nello stesso anno il prestigioso Premio Campiello.
Con il romanzo “Le menzogne della notte “vinse nel 1988 il Premio Strega.
Si rese famoso per il suo stile ricercato, ricco e in alcuni casi "anticheggiante", nonché per la sua abilità linguistica e la vasta cultura. Amico di Leonardo Sciascia, trascorse la maggior parte della sua vita a Comiso, mantenendo un'esistenza ritirata e discreta.
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Il 30 marzo 1282 fu il giorno in cui si compí la rivolta dei Vespri siciliani, cioè la ribellione scoppiata a Palermo per cacciare i francesi dall'isola.
Karl Marx, Il famoso filosofo tedesco
considerato il padre dell’ideologia socialista e comunista, nei suoi scritti ha dedicato un articolo alla Sicilia e ai siciliani, soffermandosi sugli aspetti storico-culturali che hanno contribuito a renderla ciò che è, o almeno ciò che era fino al 1860, anno di pubblicazione di queste parole.
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considerato il padre dell’ideologia socialista e comunista, nei suoi scritti ha dedicato un articolo alla Sicilia e ai siciliani, soffermandosi sugli aspetti storico-culturali che hanno contribuito a renderla ciò che è, o almeno ciò che era fino al 1860, anno di pubblicazione di queste parole.
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👏1
IL POPOLO SICILIANO, SECONDO KARL MARX
“In tutta la storia della razza umana nessuna terra e nessun popolo hanno sofferto in modo altrettanto terribile per la schiavitù, le conquiste e le oppressioni straniere, e nessuno ha lottato in modo tanto indomabile per la propria emancipazione come la Sicilia e i siciliani.
Quasi dal tempo in cui Polifemo passeggiava intorno all'Etna, o in cui Cerere insegnava ai siculi la coltivazione del grano, fino ai giorni nostri, la Sicilia è stata il teatro di invasioni e guerre continue, e di intrepida resistenza.
I siciliani sono un miscuglio di quasi tutte le razze del sud e del nord; prima dei sicani aborigeni con fenici, cartaginesi, greci, e schiavi di ogni parte del mondo, importati nell'isola per via di traffici o di guerre; e poi di arabi, normanni, e italiani. I siciliani, durante tutte queste trasformazioni e modificazioni, hanno lottato, e continuano a lottare, per la loro libertà.
Più di trenta secoli fa gli aborigeni della Sicilia opposero resistenza come meglio poterono al predominio degli armamenti e all'arte militare degli invasori cartaginesi e greci. Vennero resi tributari, ma non furono mai del tutto sottomessi né dagli uni né dagli altri.
Per lungo tempo la Sicilia fu il campo di battaglia dei greci e dei cartaginesi; la sua gente fu ridotta in rovina e in parte resa schiava; le sue città, abitate da cartaginesi e greci, furono i centri da cui oppressione e schiavitù si diffusero all'interno dell'isola.
Questi primi siciliani, tuttavia, non persero mai l'occasione di lottare per la libertà, o almeno di vendicarsi quanto più potevano dei loro padroni cartaginesi e di Siracusa. I romani infine sottomisero cartaginesi e siracusani, vendendone come schiavi il maggior numero possibile. Furono così venduti tutti in una volta 30.000 abitanti di Panormo, la moderna Palermo.
I romani fecero lavorare la terra siciliana da innumerevoli squadre di schiavi, allo scopo di sfamare i proletari poveri della Città Eterna con il grano siciliano.
In vista di ciò, non solo resero schiavi gli abitanti dell'isola, ma importarono schiavi da tutti gli altri loro domini. Le terribili crudeltà dei proconsoli, pretori, prefetti romani sono note a chiunque abbia un certo grado di familiarità con la storia di Roma, o con l'oratoria ciceroniana.
In nessun altro luogo, forse, la crudeltà romana arrivò a tali orge. I cittadini poveri e i piccoli proprietari terrieri, se non erano in grado di pagare lo schiacciante tributo loro richiesto, erano senza pietà venduti come schiavi, essi stessi o i loro figli, dagli esattori delle imposte.
Ma sia sotto Dionigi di Siracusa che sotto il dominio romano, in Sicilia accaddero le più terribili insurrezioni di schiavi, nelle quali popolazione indigena e schiavi importati facevano spesso causa comune. Durante la dissoluzione dell'impero romano, la Sicilia fu assalita da vari invasori.
Poi i mori se ne impadronirono per un certo periodo; ma i siciliani, soprattutto le popolazioni originarie dell'interno, resistettero sempre, con più o meno successo, e passo dopo passo mantennero o conquistarono diversi piccoli privilegi.
Quando le prime luci avevano appena cominciato a diffondersi sulle tenebre medievali, i siciliani avevano già ottenuto con le armi non solo varie libertà municipali, ma anche i rudimenti di un governo costituzionale, quale allora non esisteva in nessun altro luogo.
Prima di ogni altra nazione europea, i siciliani stabilirono col voto il reddito dei loro governi e dei loro sovrani. Così il suolo siciliano si è sempre dimostrato letale per gli oppressori e gli invasori, e i Vespri siciliani restarono immortalati nella storia…”
(Da Marx-Engels, Opere complete, Editori Riuniti, vol. XVII, pagg. 375-377)
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“In tutta la storia della razza umana nessuna terra e nessun popolo hanno sofferto in modo altrettanto terribile per la schiavitù, le conquiste e le oppressioni straniere, e nessuno ha lottato in modo tanto indomabile per la propria emancipazione come la Sicilia e i siciliani.
Quasi dal tempo in cui Polifemo passeggiava intorno all'Etna, o in cui Cerere insegnava ai siculi la coltivazione del grano, fino ai giorni nostri, la Sicilia è stata il teatro di invasioni e guerre continue, e di intrepida resistenza.
I siciliani sono un miscuglio di quasi tutte le razze del sud e del nord; prima dei sicani aborigeni con fenici, cartaginesi, greci, e schiavi di ogni parte del mondo, importati nell'isola per via di traffici o di guerre; e poi di arabi, normanni, e italiani. I siciliani, durante tutte queste trasformazioni e modificazioni, hanno lottato, e continuano a lottare, per la loro libertà.
Più di trenta secoli fa gli aborigeni della Sicilia opposero resistenza come meglio poterono al predominio degli armamenti e all'arte militare degli invasori cartaginesi e greci. Vennero resi tributari, ma non furono mai del tutto sottomessi né dagli uni né dagli altri.
Per lungo tempo la Sicilia fu il campo di battaglia dei greci e dei cartaginesi; la sua gente fu ridotta in rovina e in parte resa schiava; le sue città, abitate da cartaginesi e greci, furono i centri da cui oppressione e schiavitù si diffusero all'interno dell'isola.
Questi primi siciliani, tuttavia, non persero mai l'occasione di lottare per la libertà, o almeno di vendicarsi quanto più potevano dei loro padroni cartaginesi e di Siracusa. I romani infine sottomisero cartaginesi e siracusani, vendendone come schiavi il maggior numero possibile. Furono così venduti tutti in una volta 30.000 abitanti di Panormo, la moderna Palermo.
I romani fecero lavorare la terra siciliana da innumerevoli squadre di schiavi, allo scopo di sfamare i proletari poveri della Città Eterna con il grano siciliano.
In vista di ciò, non solo resero schiavi gli abitanti dell'isola, ma importarono schiavi da tutti gli altri loro domini. Le terribili crudeltà dei proconsoli, pretori, prefetti romani sono note a chiunque abbia un certo grado di familiarità con la storia di Roma, o con l'oratoria ciceroniana.
In nessun altro luogo, forse, la crudeltà romana arrivò a tali orge. I cittadini poveri e i piccoli proprietari terrieri, se non erano in grado di pagare lo schiacciante tributo loro richiesto, erano senza pietà venduti come schiavi, essi stessi o i loro figli, dagli esattori delle imposte.
Ma sia sotto Dionigi di Siracusa che sotto il dominio romano, in Sicilia accaddero le più terribili insurrezioni di schiavi, nelle quali popolazione indigena e schiavi importati facevano spesso causa comune. Durante la dissoluzione dell'impero romano, la Sicilia fu assalita da vari invasori.
Poi i mori se ne impadronirono per un certo periodo; ma i siciliani, soprattutto le popolazioni originarie dell'interno, resistettero sempre, con più o meno successo, e passo dopo passo mantennero o conquistarono diversi piccoli privilegi.
Quando le prime luci avevano appena cominciato a diffondersi sulle tenebre medievali, i siciliani avevano già ottenuto con le armi non solo varie libertà municipali, ma anche i rudimenti di un governo costituzionale, quale allora non esisteva in nessun altro luogo.
Prima di ogni altra nazione europea, i siciliani stabilirono col voto il reddito dei loro governi e dei loro sovrani. Così il suolo siciliano si è sempre dimostrato letale per gli oppressori e gli invasori, e i Vespri siciliani restarono immortalati nella storia…”
(Da Marx-Engels, Opere complete, Editori Riuniti, vol. XVII, pagg. 375-377)
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Andrea Calogero Camilleri è stato uno scrittore, sceneggiatore, regista teatrale, drammaturgo e docente universitario.
Nacque a Porto Empedocle (Agrigento) il 6 settembre 1925.
E' a pieno titolo, uno dei più grandi e popolari scrittori. Le sue opere, tradotte in quaranta lingue, hanno venduto nel mondo oltre 10 milioni di copie, mentre in Italia hanno superato i 20 milioni.
La Sicilia, nei lavori di Camilleri, non è mai solo una cornice. Al contrario, l’autore prova in tutti i modi a descriverla nella sua interezza e intimità. Ne fa emergere gli aspetti più autentici: in questo senso è fondamentale l’uso che viene fatto del linguaggio siciliano.
Lo scrittore usa parole dialettali dotate di forza e significato, ma anche di quell’ambiguità o ambivalenza: caratteristiche che le loro omologhe italiane non hanno. Nonostante questo, quelle parole vengono perfettamente comprese dal lettore, anche quello che non conosce la lingua siciliana.
Camilleri, profondo conoscitore del dialetto siciliano, lo utilizza in tutte le sue forme e varietà, e lo inserisce all’interno delle frasi sfruttandone la musicalità per rendere il periodo maggiormente intuibile e godibile.
Un vero e proprio fenomeno letterario, confermato dal successo narrativo, e televisivo, del suo personaggio, il commissario Salvo Montalbano, in assoluto tra i più famosi ed amati di tutta la letteratura italiana.
Un mito ed un esempio per tanti giovani autori siciliani.
“ Essere orgogliosi delle proprie radici però non significa chiudersi e rifiutarsi di conoscere la grammatica italiana, ritenendo snob "quelli del nord" quando ci correggono. Anzi, utilizzare il proprio dialetto (più che dialetto è una lingua a tutti gli effetti) con consapevolezza, può soltanto arricchire ”.
<<Andrea Camilleri>>
Andrea Camilleri ci ha lasciati il 17 Luglio del 2019. Riposa nella Città Eterna, al cimitero Acattolico.
👉@sicilianewseinfo
📌@sicil_iaterramia
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#limportanzadellamemoria #siciliacultura #letteraturasiciliana #storiadisicilia
#siciliastoria
Nacque a Porto Empedocle (Agrigento) il 6 settembre 1925.
E' a pieno titolo, uno dei più grandi e popolari scrittori. Le sue opere, tradotte in quaranta lingue, hanno venduto nel mondo oltre 10 milioni di copie, mentre in Italia hanno superato i 20 milioni.
La Sicilia, nei lavori di Camilleri, non è mai solo una cornice. Al contrario, l’autore prova in tutti i modi a descriverla nella sua interezza e intimità. Ne fa emergere gli aspetti più autentici: in questo senso è fondamentale l’uso che viene fatto del linguaggio siciliano.
Lo scrittore usa parole dialettali dotate di forza e significato, ma anche di quell’ambiguità o ambivalenza: caratteristiche che le loro omologhe italiane non hanno. Nonostante questo, quelle parole vengono perfettamente comprese dal lettore, anche quello che non conosce la lingua siciliana.
Camilleri, profondo conoscitore del dialetto siciliano, lo utilizza in tutte le sue forme e varietà, e lo inserisce all’interno delle frasi sfruttandone la musicalità per rendere il periodo maggiormente intuibile e godibile.
Un vero e proprio fenomeno letterario, confermato dal successo narrativo, e televisivo, del suo personaggio, il commissario Salvo Montalbano, in assoluto tra i più famosi ed amati di tutta la letteratura italiana.
Un mito ed un esempio per tanti giovani autori siciliani.
“ Essere orgogliosi delle proprie radici però non significa chiudersi e rifiutarsi di conoscere la grammatica italiana, ritenendo snob "quelli del nord" quando ci correggono. Anzi, utilizzare il proprio dialetto (più che dialetto è una lingua a tutti gli effetti) con consapevolezza, può soltanto arricchire ”.
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Andrea Camilleri ci ha lasciati il 17 Luglio del 2019. Riposa nella Città Eterna, al cimitero Acattolico.
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