🇺🇦 Gli alleati della NATO si impegnano a fornire all'Ucraina almeno € 40 miliardi di finanziamenti entro il prossimo anno e a "fornire livelli sostenibili di assistenza alla sicurezza affinché l'Ucraina possa prevalere". (Fonte: Anadolu)
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🇮🇱 ISRAELE. 46.000 AZIENDE CHIUSE DAL 7 OTTOBRE
In un articolo pubblicato dal quotidiano israeliano "Maariv" si legge che circa 46.000 aziende israeliane hanno chiuso i battenti dallo scoppio della guerra. Si prevede che il numero di aziende chiuse raggiungerà i 60.000 entro la fine dell'anno in corso.
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In un articolo pubblicato dal quotidiano israeliano "Maariv" si legge che circa 46.000 aziende israeliane hanno chiuso i battenti dallo scoppio della guerra. Si prevede che il numero di aziende chiuse raggiungerà i 60.000 entro la fine dell'anno in corso.
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Abrogato l'abuso d'ufficio, cambiano le intercettazioni, il guardasigilli Nordio annuncia "altri provvedimenti in discussione fra Camera e Senato, dalla separazione delle carriere per i magistrati a importanti interventi sulle carceri".
Fonte: Ansa
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Fonte: Ansa
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ANSA.it
Abrogato l'abuso d'ufficio, cambiano le intercettazioni
I paletti della Lega su giustizia riparativa e madri in carcere (ANSA)
🇷🇺 RYABKOV: "RUSSIA RISPONDERÀ AL DISPIEGAMENTO DI MISSILI IN GERMANIA"
Il viceministro degli Esteri russo Sergei Ryabkov ha avvertito di una potenziale risposta militare se il Pentagono dispiegherà missili a lungo raggio in Germania.
Dal 2026 in poi, il Pentagono mira ad aumentare il numero di armi statunitensi in Europa, inclusi Tomahawk, ipersonici e altri missili a lungo raggio.
La Russia vede il piano del Pentagono come una minaccia alla sua sicurezza e un cambiamento significativo nelle relazioni con la NATO.
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Il viceministro degli Esteri russo Sergei Ryabkov ha avvertito di una potenziale risposta militare se il Pentagono dispiegherà missili a lungo raggio in Germania.
Dal 2026 in poi, il Pentagono mira ad aumentare il numero di armi statunitensi in Europa, inclusi Tomahawk, ipersonici e altri missili a lungo raggio.
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IRAN: UN BILANCIO SULLE ELEZIONI E IL SISTEMA DI “PLURALISMO CONTROLLATO”
A giochi ormai conclusi con la vittoria del cosiddetto “fronte riformista” e il 53% dei voti di Masoud Pezeshkyan (cardiochirurgo ed ex-ministro della Salute del governo Khatami), desidero fare qualche precisazione, un tanto per contraddire inutili entusiasmi e il diffuso scetticismo che trova spazio nei media. Visto che assai poco conosciamo percorsi e metodi della pratica democratica nel Paese persiano di antica cultura e recente rivoluzione (1979) è fuorviante giudicare l’esito elettorale in base a nostri principi e pregiudizi. Eppure la pessima propaganda internazionale occidentale continua a giudicare la politica iraniana servendosi di parametri bipolari e contrapposti (destra e sinistra / conservatori e progressisti) che appartengono alle democrazie occidentali.
Innanzitutto in Iran non esistono Partiti, nel senso che noi diamo al concetto di Partito politico, cioè associazione di persone che hanno una medesima visione, identità, finalità politica di interesse pubblico su gestione dello Stato e della società e su temi specifici (potremmo aggiungere – in base all’osservazione delle risse quotidiane nel nostro Parlamento e delle dichiarazioni dei leader – che neppure da noi i Partiti esistono o hanno legittimità… ma questa è altra questione!) .
In seguito alle riforme costituzionali che, dopo la morte dell’Ayatollah Ruhollah Khomeyni (1989), hanno limitato il potere della Guida suprema e ampliato le prerogative del Presidente della Repubblica, si può parlare per l’Iran di un “pluralismo controllato”. Le istituzioni elettive, pur operanti in un sistema poco flessibile, di fatto garantiscono al Presidente una libertà nell’attività politica, sia in accordo sia in contrasto con il Parlamento. Benché non ci siano veri e propri Partiti, anche in Iran esistono fazioni politiche che somigliano più a organizzazioni o movimenti: oggi sonocirca duecento molto attivi, di cui solo una ventina partecipano alla vita politica del Paese, riuniti in coalizioni in prossimità delle tornate elettorali. Gli schieramenti sono essenzialmente tre: conservatori pragmatici (o moderati), conservatori tradizionalisti, radicali. Non si tratta di fazioni rigide perché spesso si è visto che un conservatore tradizionalista può diventare moderato e pragmatico. Un solo presupposto accomuna tutte le fazioni: la fedeltà al fondamentale principio affermato dalla Rivoluzione khomeinista, cioè il Velayat-e-faqih o ‟supremazia del giureconsulto”, per cui Stato e Religione si identificano in un solo potere.
Leggi l’articolo completo su Marx21
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A giochi ormai conclusi con la vittoria del cosiddetto “fronte riformista” e il 53% dei voti di Masoud Pezeshkyan (cardiochirurgo ed ex-ministro della Salute del governo Khatami), desidero fare qualche precisazione, un tanto per contraddire inutili entusiasmi e il diffuso scetticismo che trova spazio nei media. Visto che assai poco conosciamo percorsi e metodi della pratica democratica nel Paese persiano di antica cultura e recente rivoluzione (1979) è fuorviante giudicare l’esito elettorale in base a nostri principi e pregiudizi. Eppure la pessima propaganda internazionale occidentale continua a giudicare la politica iraniana servendosi di parametri bipolari e contrapposti (destra e sinistra / conservatori e progressisti) che appartengono alle democrazie occidentali.
Innanzitutto in Iran non esistono Partiti, nel senso che noi diamo al concetto di Partito politico, cioè associazione di persone che hanno una medesima visione, identità, finalità politica di interesse pubblico su gestione dello Stato e della società e su temi specifici (potremmo aggiungere – in base all’osservazione delle risse quotidiane nel nostro Parlamento e delle dichiarazioni dei leader – che neppure da noi i Partiti esistono o hanno legittimità… ma questa è altra questione!) .
In seguito alle riforme costituzionali che, dopo la morte dell’Ayatollah Ruhollah Khomeyni (1989), hanno limitato il potere della Guida suprema e ampliato le prerogative del Presidente della Repubblica, si può parlare per l’Iran di un “pluralismo controllato”. Le istituzioni elettive, pur operanti in un sistema poco flessibile, di fatto garantiscono al Presidente una libertà nell’attività politica, sia in accordo sia in contrasto con il Parlamento. Benché non ci siano veri e propri Partiti, anche in Iran esistono fazioni politiche che somigliano più a organizzazioni o movimenti: oggi sonocirca duecento molto attivi, di cui solo una ventina partecipano alla vita politica del Paese, riuniti in coalizioni in prossimità delle tornate elettorali. Gli schieramenti sono essenzialmente tre: conservatori pragmatici (o moderati), conservatori tradizionalisti, radicali. Non si tratta di fazioni rigide perché spesso si è visto che un conservatore tradizionalista può diventare moderato e pragmatico. Un solo presupposto accomuna tutte le fazioni: la fedeltà al fondamentale principio affermato dalla Rivoluzione khomeinista, cioè il Velayat-e-faqih o ‟supremazia del giureconsulto”, per cui Stato e Religione si identificano in un solo potere.
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Marx21
IRAN: un bilancio sulle elezioni e il sistema di “pluralismo controllato”
di Maria Morigi A giochi ormai conclusi con la vittoria del cosiddetto “fronte riformista” e il 53% dei voti di Masoud Pezeshkyan (cardiochirurgo ed ex-ministro della Salute del governo...
SIAMO STATI “INGANNATI E PRESI IN GIRO PER ANNI”, SEMPRE IN NOME DELLA “DEMOCRAZIA”; POI , DI COLPO, TUTTO È CROLLATO IN UNA NOTTE
Vediamo chiaramente il crollo della manipolazione che ha confinato il discorso all'interno dei vari villaggi di Washington. Uno dei più quotati giornalisti del Wall Street Journal, Gerry Baker, afferma: “Siamo stati presi in giro e ingannati per anni, tutto in nome della ‘democrazia. Questo inganno è ‘crollato’ con il dibattito presidenziale di giovedì“.
“Adesso che il mondo ha visto la verità… [e non solo] la ‘disinformazione’… la finzione della competenza del signor Biden… suggerisce che loro [i Democratici] evidentemente pensavano di farla franca promuovendola. [Tuttavia], perpetuando questa finzione, hanno anche rivelato il loro disprezzo per gli elettori e per la democrazia stessa”.
“Biden ha avuto successo perché ha fatto dell’allineamento alla linea del partito il lavoro di tutta una vita. Come tutti i politici il cui ego supera il loro talento, si è arrampicato su un palo viscido seguendo pedissequamente il suo partito, ovunque esso lo portasse… Infine, nell’ultimo atto di servilismo partitico, era diventato vicepresidente di Barack Obama, la vetta del successo per chi è incapace, ma fedele: la posizione più alta per un consumato ‘yes man’”.
“Ma poi, proprio quando era pronto a scivolare in una comoda e meritata oscurità, il suo partito aveva bisogno di un prestanome… Cercavano una figura di riferimento leale e affidabile, una bandiera di convenienza, sotto la quale far navigare il vascello progressista nei meandri più profondi della vita americana – in una missione per far progredire lo statalismo, l’estremismo climatico e il ‘risveglio’ autolesionista. Non c’era veicolo più fedele e conveniente di Joe”.
Leggi l’articolo completo su Come Don Chisciotte
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Vediamo chiaramente il crollo della manipolazione che ha confinato il discorso all'interno dei vari villaggi di Washington. Uno dei più quotati giornalisti del Wall Street Journal, Gerry Baker, afferma: “Siamo stati presi in giro e ingannati per anni, tutto in nome della ‘democrazia. Questo inganno è ‘crollato’ con il dibattito presidenziale di giovedì“.
“Adesso che il mondo ha visto la verità… [e non solo] la ‘disinformazione’… la finzione della competenza del signor Biden… suggerisce che loro [i Democratici] evidentemente pensavano di farla franca promuovendola. [Tuttavia], perpetuando questa finzione, hanno anche rivelato il loro disprezzo per gli elettori e per la democrazia stessa”.
“Biden ha avuto successo perché ha fatto dell’allineamento alla linea del partito il lavoro di tutta una vita. Come tutti i politici il cui ego supera il loro talento, si è arrampicato su un palo viscido seguendo pedissequamente il suo partito, ovunque esso lo portasse… Infine, nell’ultimo atto di servilismo partitico, era diventato vicepresidente di Barack Obama, la vetta del successo per chi è incapace, ma fedele: la posizione più alta per un consumato ‘yes man’”.
“Ma poi, proprio quando era pronto a scivolare in una comoda e meritata oscurità, il suo partito aveva bisogno di un prestanome… Cercavano una figura di riferimento leale e affidabile, una bandiera di convenienza, sotto la quale far navigare il vascello progressista nei meandri più profondi della vita americana – in una missione per far progredire lo statalismo, l’estremismo climatico e il ‘risveglio’ autolesionista. Non c’era veicolo più fedele e conveniente di Joe”.
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Come Don Chisciotte
Siamo stati “ingannati e presi in giro per anni”, sempre in nome della “democrazia”; poi , di colpo, tutto è crollato in una notte…
Alastair Crooke strategic-culture.su Uno dei più quotati giornalisti del Wall Street Journal, Gerry Baker, afferma: “Siamo stati presi in giro e ingannati per anni, tutto in nome della ‘democrazia. Questo inganno è ‘crollato’ con il dibattito presidenziale…
Giubbe Rosse
DALLA FONDAZIONE DI «FIDESZ» ALLA GUIDA DELL'EUROPA, LA STORIA DI ORBÁN IL SABOTATORE: TRA VETI SISTEMATICI E AMICI AUTOCRATI
Leggi l'articolo completo su Corriere.it
Al Corriere l'hanno presa bene 😂😂😂😂
Come sempre, quello che più spaventa il sistema, è chi prende i voti e poi agisce nell'interesse dei suoi cittadini.
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Corriere della Sera
Orbán spacca l'Ue con veti continui e visite agli autocrati: storia del «sabotatore» che oggi, dopo Putin a Mosca, vede Trump in…
Dopo una scalata fulminea a Budapest, ora il premier dell'Ungheria e teorico dell'illiberalismo guida l'Europa (e visita Putin e Xi Jinping)
TRAIETTORIA VERSO L’ARMAGEDDON [I]
Di Aleks per Black Mountain Analysis
Per un po’ di tempo, c’è stata una finestra per contenere il conflitto in Ucraina e porvi fine lì. Almeno fino al fallimento dei negoziati di Istanbul. Gran parte di ciò di cui parleremo in questo articolo riguarderà il numero di vittime russe, come accennato nell’introduzione. La Russia ha subito un numero orribile di soldati morti nelle prime settimane del conflitto, forse fino a 10.000. Questo è il prezzo delle grandi frecce sulle mappe dei moderni campi di battaglia con una copertura completa di intelligence/ informazioni/ ricognizione/ artiglieria/ droni dei campi di battaglia. Tuttavia, (fino a) 10.000 morti è comunque un prezzo che sarebbe valsa la pena pagare per raggiungere gli obiettivi in Ucraina senza entrare in una guerra su vasta scala. Se ci fosse stato un accordo a Istanbul che avesse posto fine al conflitto, garantito i diritti dei russi in Ucraina e tenuto l’Ucraina fuori dalla NATO e la NATO fuori dall’Ucraina, si potrebbe lontanamente sostenere che “ne fosse valsa la pena”. Invece sappiamo tutti cosa è successo.
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🇹🇷 ERDOGAN: "Non consideriamo l'Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai come un'alternativa alla NATO, né consideriamo i BRICS come un sostituto di qualsiasi altra alleanza internazionale".
Un modo elegante per dire "Vogliamo giocare su entrambi i tavoli".
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