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LA FOLLIA DEL PICCOLO TITAN
Ieri ho fatto un pò di ricerche sulla storia del sommergibile scomparso, e ho scoperto diverse cose sconcertanti.
Il Titan (questo il nome del piccolo sommergibile) ha perso il contatto con la nave madre dopo un'ora e 45 minuti dall’immersione.
L’unico modo di comunicare fra nave madre e sommergibile è un sistema di messaggini tipo SMS, che funziona solo se il Titan si trova sotto la verticale della nave. Se per caso la corrente lo porta fuori rotta, perde ogni comunicazione. (Sott’acqua la radio non è utilizzabile, perchè le onde radio non viaggiano nell’acqua).
Dopo pochi minuti di immersione il Titan si trova nel buio più assoluto. (Il Titan è dotato di luci esterne, che però possono illuminare fino ad un massimo di 30 mt.). Per raggiungere il Titanic (il relitto della nave sommersa), il piccolo sottomarino deve seguire le indicazioni che arrivano via SMS dalla nave madre. In altre parole, naviga alla cieca.
In caso di emergenza il Titan ha diversi sistemi che gli permettono di riemergere in superficie, ma si troverebbe comunque a galleggiare nel mezzo dell’oceano senza possibilità alcuna per gli occupanti di tornare a respirare aria fresca: il portellone infatti è sigillato con 17 bulloni che si possono aprire solo dall’esterno.
Gli occupanti quindi, dal momento in cui perdono contatto, hanno le ore contate per essere ritrovati: sono le ore che gli concede la riserva di ossigeno, sia che si trovino sott’acqua sia che si trovino in superficie.
E qui viene la parte più interessante: da quel che sono riuscito a capire, il Titan utilizza un sistema di riciclo dell’aria simile al “magico” PLSS degli astronauti: un sistema apposito rimuove l’anidride carbonica emessa durante il respiro, per cui gli occupanti del sub possono continuare a respirare aria pulita. Ma solo fino a 90 ore in ogni caso.
Ora la domanda viene spontanea: quale disprezzo per la vita bisogna avere, per infilarsi in una capsula d’acciaio lunga 5 metri, farsi sigillare al suo interno, e immergersi nel buio più assoluto, con temperature esterne vicine allo zero, impossibilitati a comunicare con il mondo, sapendo che in ogni caso ti porti dietro una riserva di ossigeno di sole 90 ore?
E il tutto per poter dire agli amici “ho visto il relitto del Titanic”?
Massimo Mazzucco
ZELENSKY ULTIMO ATTO: Vedi articolo sotto
ZELENSKY ULTIMO ATTO
L’immagine di Zelensky, tutto solo fra i big della NATO, ricorda da vicino i classici imbucati alle feste altrui: riescono in qualche modo ad intrufolarsi fra gli ospiti, ma poi nessuno se li fila.
Con una differenza: l’imbucato sa di esserlo fin dall’inizio, e cerca di fare il disinvolto, mentre Zelensky sembra quasi sorpreso dal disinteresse che circonda la sua persona. “Ma come - sembra che dica - io sono al centro della questione mondiale, e nessuno mi caga?”
Povero Zelensky. L’attore mediocre che ha voluto vestire i panni dell’eroe nazionale, su un palcoscenico in cui è solamente una comparsa. L’utile idiota che è stato mandato al macello (o meglio, che è servito a mandare al macello i suoi soldati) comincia forse a rendersi conto di essere stato solo una misera pedina. Con il “no” sfacciato all’ingresso nella NATO, accompagnato dalla clamorosa mancanza di un termine temporale per questo ingresso, forse ora anche lui comincia a capire che ha fatto da esca per giochi molto più grossi di lui.
In fondo, basterebbe guardare la storia, per capire come gli americani abbiano usato l’esca dell’ “entrata nella NATO dell’Ucraina” contro la Russia fin dal 2014. Fu allora che furono fatte le prime promesse al primo ministro Yatseniuk. Poi nel corso degli anni, fra una esercitazione congiunta e l’altra, gli americani hanno addirittura obbligato l’Ucraina a cambiare la propria costituzione (che prevedeva la neutralità internazionale) per permetteìrgli di entrare nella NATO. E già nel 2020 gli avevano concesso lo status di “partner con accresciute possibilità”. Quanto cavolo ci vuole a fare entreare un paese, se lo si desidera davvero? In fondo, con la Finlandia l’ingresso è stato fatto in quattro e quattr’otto. Solo un idiota può non vedere che con l’Ucraina gli americani invece temporeggiano all’infinito. E con la sberla in faccia di ieri, forse anche Zelensky ha cominciato a capirlo.
A questo punto, al guitto con i tacchi a spillo restano due opzioni: ritirarsi in buon ordine, dopo che avrà finito di mandare al massacro gli ultimi soldati rimasti, oppure insistere nel voler recitare all’infinito il ruolo dell’eroe patriottico e indefesso.
Al che ci penserà qualcun altro a toglierlo di mezzo.
Un’altra cosa che ci insegna la storia infatti (e che solo lui sembra non aver capito) è che gli americani sono disposti ad usare CHIUNQUE gli faccia comodo, quando gli è utile, per poi scartarlo insieme alla pattumiera dell’umido, quando non gli serve più. Gli americani non hanno un codice etico-morale. Sono pragmatici al 2000%.
Fra qualche mese, in un modo o nell’altro, inizierà l’atto finale di questa disgraziata tragedia.
Massimo Mazzucco
“SOUND OF FREEDOM”: IL FILM CHE NESSUNO DOVEVA VEDERE
Negli Stati Uniti c’è un film che sta sbancando al botteghino, con grande sorpresa di tutti. Si intitola “Sound of Freedom”, è costato la miseria di 15 milioni di dollari, e nel solo week-end di apertura ne ha già incassati 40, battendo addirittura l’ultimo “Indiana Jones”.
“Sound of Freedom” è basato sulla vera storia di Tim Ballard, un agente della Homeland Security che ha dedicato la sua carriera alla lotta contro il traffico di minori in nord e sud America.
La forza del film sta tutta nello stile asciutto e senza fronzoli, simile ad un documentario, con immagini crude, spesso male illuminate, come se appunto stessimo assistendo ad un frammento di realtà, e non ad una fiction.
Grazie a questo stile narrativo, l’argomento centrale del film – il traffico di bambini per abusi sessuali - arriva dritto al cuore. Non si riesce a non provare un profondo disagio dopo averne visto anche solo le prime sequenze. (Copie in bassa risoluzione sono disponibili in rete).
Ma c’è un altro aspetto che rende interessante tutta l’operazione: il film (girato nel 2018) inizialmente doveva essere distribuito dalla Fox, ma quando la Fox fu acquistata dalla Disney, i boss della Disney decisero di “archiviare” il film senza nemmeno farlo uscire in sala. (Il termine tecnico è “shelving”: quando una società di distribuzione valuta che promuovere la distribuzione di un film costerebbe di più di quanto il film potrebbe incassare, lo manda direttamente in archivio, senza mai proiettarlo in una sola sala. Lo “shelving” è anche una classica operazione che si usa quando il contenuto del film può risultare fastidioso per certe elites di persone. Te lo comprano, e lo buttano in uno sgabuzzino).
A quel punto il produttore, Eduardo Verastegui, ha dovuto lottare per più di un anno per riacquistare i diritti del film, e quando ha finalmente trovato i finanziamenti, “Sound of Freedom” è uscito nelle sale. Ma a quel punto sono inziate le critiche, che potete trovare dovunque in rete: il film – dicono certe recensioni - “è troppo diverso dalla realtà”, “non è storicamente accurato”, oppure addirittura “ricorda certe tematiche complottiste vicine a Qanon” (il riferimento al Pizzagate è palese).
Insomma, esce finalmente un film che denuncia da vicino l’estensione e la diffusione di un problema come il traffico di minori a scopo sessuale, e di colpo spuntano dozzine di “critici cinematografici” che, invece di osannarlo, si mettono in tutti i modi a fare le pulci al film.
Chissà chi li paga?
Massimo Mazzucco
"SCRICCIOLO D’UOMO, POTRAI ALLATTARE AL PETTO” (MA NON AL SENO)
Avete presenta la scenetta “Pdor, figlio di Kmer” di Aldo Giovanni e Giacomo? Quando alla fine Pdor dice a Giacomo “Tu, scricciolo d’uomo, partorirai con dolore”, e Giacomo risponde: “Non è tanto il dolore del parto, è l’accoppiamento che mi preoccupa!”
Ecco, a questa geniale scenetta da oggi possiamo aggiungere che anche gli uomini in futuro potranno allattare. Il problema è che questa non è più una scenetta comica, ma una triste realtà dell’epoca woke in cui stiamo vivendo.
Il CDC americano infatti ha appena pubblicato una pagina, intitolata “considerazioni di uguaglianza sanitaria”, dove difende il diritto di tutti ad una sanità senza discriminazioni.
E fra questi diritti, ovviamente, c’è anche quello di allattare. Per chiunque, uomini, donne, trans, e tutte le sfumature intermedie.
Dalla pagina del CDC leggiamo: “Persone transessuali o di genere non-binario [nonbinary-gendered individuals] possono avere figli e allattare al petto” [chestfeed].
E poi specifica che “L’identità o espressione di genere degli individui transessuali è diversa dal sesso alla nascita. L’identità o espressione di genere degli individui di genere non-binario non ricade con precisione nella definizione di uomo nè di donna.”
In ogni caso, secondo il CDC, TUTTI possono allattare. In una pagina dedicata a questo problema, il CDC pone la domanda: “I genitori transessuali che hanno subito una operazione al seno possono allattare o nutrire al seno i loro bambini? [Can transgender parents who have had breast surgery breastfeed or chestfeed their infants?]
La risposta è: “Sì. Alcuni genitori transessuali che hanno subito una operazione al seno possono desiderare di allattare i propri bambini. Gli operatori sanitari che lavorano con queste famiglie debbono tenere presente che costoro possono avere bisogno di aiuto per:
- Massimizzare la produzione di latte.
- Integrarla con latte di donatore umano pastorizzato.
- Utilizzare medicinali per indurre la lattazione o evitare medicinali che la inibiscano.
- Sopprimere la lattazione (per coloro che non vogliono allattare)
- Trovare supporto adeguato per il controllo della lattazione, supporto di gruppo e/o supporto emotivo.
Naturalmente, gli eventuali rischi per la salute del bambino, dovuti a questi rituali da macumba africana, non vengono nemmeno presi in considerazione. L’importante è portare a casa a qualunque costo l’agenda della “società aperta” di Soros e dei suoi sodali, dove tutto si confonde e nulla ha più valore.
Anche a costo di andare contro le più profonde, eterne, sacrosante ed immutabili leggi della Natura.
Massimo Mazzucco
BENVENUTI NEL MONDO SENZA CONTANTE

In molte filiali in Australia, la Commonwealth Bank ha deciso di abolire prelievi e depositi in contante. Queste filiali di CommBank sono quindi diventate “senza contanti”. All'inizio di quest'anno, anche ANZ (Australia and New Zealand Banking Group) ha dichiarato di aver eliminato gradualmente il contante. Prelevare il proprio denaro sta diventando sempre più difficile in Australia.

La Commonwealth Bank ha aperto una serie di filiali "senza contanti", con clienti che non possono più accedere al proprio denaro in contanti. Le transazioni in contanti allo sportello non sono disponibili presso queste filiali, incluso Commonwealth Bank Place, che si trova nel centro di Sydney. Stessa situazione a Brisbane e Melbourne. Queste filiali senza contanti sono chiamate “centri specializzati”.

Depositi e prelievi possono ancora essere effettuati tramite bancomat in loco, ma per coloro che non hanno la carta di credito a portata di mano, le cose si fanno molto più difficili. Sono disponibili prelievi "contanti senza carta" fino a $ 500 al giorno, utilizzando l'app CommBank, ma per coloro che hanno bisogno di più fondi o non hanno il telefono con sé, i loro contanti non sono accessibili.

A marzo anche il gruppo bancario Australia and New Zealand Banking Group ha annunciato che stava tagliando alcuni dei suoi servizi, e che alcune filiali non avrebbero più avuto liquidità. Al momento non ha rivelato quali rami sarebbero stati colpiti, ma ha insistito sul fatto che sarebbe stato solo un "piccolo numero".

In un comunicato, ANZ ha affermato di mantenere la sua decisione "senza contanti" e ha chiarito quali filiali sono interessate: "Alcune filiali ANZ non gestiscono più contanti allo sportello, ma continuano ad avere contanti disponibili tramite i nostri bancomat intelligenti in loco".

Questo predominio del digital banking fa temere che la società sia diventata troppo dipendente da sistemi potenzialmente vulnerabili. In effetti, i clienti della Commonwealth Bank sono rimasti paralizzati dopo che l'app della banca si è bloccata, all'inizio di questo mese, impedendo loro di accedere ai propri conti, trasferire fondi online o utilizzare le proprie carte per effettuare acquisti.

L'interruzione ha scatenato una raffica di chiamate furibonde e post sui social media da parte di clienti preoccupati, che volevano sapere perché non potevano utilizzare i servizi della banca, compresi alcuni bancomat. In conclusione, gli esperti hanno sostenuto che l'episodio preoccupante del Commonwealth Banking è uno scorcio di ciò che potrà andare storto quando le persone si affideranno troppo all'online banking, invece di tenere contanti a portata di mano.

L'esperto di sicurezza informatica Ben Britton, che lavora come responsabile della sicurezza delle informazioni, ha dichiarato al Daily Mail Australia che eventi come questi hanno messo in luce le vulnerabilità dell'eccessiva dipendenza dai pagamenti digitali: "Se non c'è Internet, non ci sono transazioni, non c'è accesso ai tuoi soldi", ha dichiarato.

“Se hai i tuoi soldi in mano o in tasca – prosegue Britton- può anche mancare l’elettricità, ma sarai comunque in grado di effettuare pagamenti alle persone. L'enorme debolezza del sistema invece è che dipende da Internet, dalla sicurezza di Internet e dalla sicurezza dei singoli dispositivi. Mentre nessuno potrà mai accedere da remoto al vostro denaro in tasca. »

Il “tutto digitale” consente un maggiore controllo della società da parte di banche e governi.

Ben Britton sottolinea anche le possibilità esponenziali del crimine informatico. Secondo lui, molti criminali hanno smesso di vendere droga, dedicandosi invece alla frode online, in quanto è molto più redditizia ed è molto meno probabile venire scoperti, poiché le transazioni online hanno aperto nuove frontiere per i criminali, in termini di quante persone si possono andare a colpire e delle enormi quantità di denaro che si possono rubare:
“Se guardi un'organizzazione criminale informatica o individui che sono criminali informatici, che vogliano derubare a un gran numero di persone, possono rubare milioni di dollari da decine di migliaia di persone in un giorno. Non sarebbe possibile andare a farlo per strada, privando i cittadini dei loro soldi. Il vecchio sistema, monete fisiche e contanti, ha funzionato per migliaia di anni. Ha sicuramente i suoi problemi, ma sappiamo quali sono, mentre se guardi al mondo digitale ci sono tantissimi problemi sconosciuti che non abbiamo ancora affrontato. »

Un altro svantaggio di una società senza contanti è la mancanza di privacy. Ogni volta che paghi qualcosa in modo digitale, lasci un'impronta digitale che può essere monitorata da banche e governi.

Ecco perché, nonostante i pericoli del ”tutto digitale, c'è una chiara volontà politica da parte dei globalisti di far sparire il contante, cosa che faciliterà la società di controllo voluta dagli inquilini di Davos.

Francesca de Villasmondo
https://www.medias-presse.info/commonwealth-bank-supprime-especes/178588/
Traduzione di Massimo Mazzucco
AVVISO: Scusate se mi ripeto, ma continuano ad arrivarmi segnalazioni di gente che non lo sa: c'è un profilo FB fake, con il mio nome e la mia foto, che vi dice che avete vinto un concorso. Nel frattempo cerca di rubarvi i dati sensibili. NON SONO IO, NON FACCIO CONCORSI E NON OFFRO SOLDI A NESSUNO. Denunciate quella pagina come fake, e vediamo se riusciamo a farla chiudere una volta per tutte. Grazie.
COSA SUCCEDE IN NIGER?
Per ora il colpo di stato in Niger ha interessato il nostro sistema mediatico solo in modo parziale, come se fosse un evento secondario. Ma la situazione rischia di diventare di primaria importanza, visto che sullo sfondo si sta disegnando uno scontro indiretto fra potenze occidentali da un lato, e Russia dall’altro.
I colpi di stato in Africa sono quasi all’ordine del giorno, ma di solito si tratta di dispute interne per il potere fra fazioni rivali. In questo caso invece sembra evidente la matrice “macropolitica”, con una Russia chiaramente ben disposta ad aiutare il Niger ad uscire dal dominio colonialista franco-americano. (Ricordiamo che il Niger produce il 7% dell’uranio nel mondo).
Ufficialmente, la Russia ha dichiarato che si tratta di una faccenda interna del Niger, e che loro “non si immischiano mai in questioni interne degli altri paesi”.
Ma è evidente il fastidio che questo colpo di stato ha provocato negli ambienti franco-americani: il ministro degli esteri francese ha dichiarato che “Il [deposto] presidente Bazoum è l’unico leader del paese”, e che “la Francia non riconosce la nuova autorità del golpista Tchiani”. La Francia “riafferma anche nei termini più vigorosi le richieste della comunità internazionale affinchè venga ripristinato al più presto l’ordine costituzionale in Niger”.
La famosa “comunità internazionale”, senza volto e senza nome, che presume di poter intervenire ovunque voglia nel mondo.
Nel frattempo il ministro degli esteri americano Blinken ha richiesto “l’immediato rilascio del presidente” deposto, mentre l’unione Africana Ecowas, l’Unione Europea e le Nazioni Unite hanno duramente condannato il colpo di stato.
(Curioso, quando il colpo di stato lo fece Pinochet in Cile nessuno ebbe da ridire).
Gli americani inoltre definiscono il Niger “strategicamente importante per la lotta al terrorismo islamico nel Sahel”. Che, tradotto, significa: “I terroristi di quella zona li controlliamo noi, e non vogliamo interferenze”.
E’ quindi chiaro che la partita è molto più ampia, e riguarda i nuovi equilibri geopolitici in Africa. Ricordiamo che il Niger va ora ad affiancarsi a Mali e Burkina-Faso, che già sono usciti dall’ombrello occidentale e si stanno avvicinando pericolosamente all’orbita BRICS.
Gli yankees staranno a guardare?
Massimo Mazzucco
(tutti i link su luogocomune)
LA CINA CI SCRIVE

Non capita tutti i giorni che il Global Times – l’organo di stampa del governo cinese – dedichi un articolo in homepage all’Italia. E purtoppo il titolo era tutt’altro che incoraggiante:

“Non permettete che l’abbandono del BRI possa diventare per l’Italia un motivo di pentimento” . (BRI sta per “Belt and Road Initiative”, cioè l’accordo commerciale italo-cinese, da noi soprannominato “Via della seta”).

L’articolo cinese critica le recenti dichiarazioni del ministro Crosetto, che si è detto contrario all’accordo in un’intervista al Corriere della Sera. Come scrive Giorgio Bianchi : “Non si e' fatta attendere la risposta cinese alle dichiarazioni offensive fatte da Crosetto nell'intervista al Corriere. Il Ministro della Difesa, avventurandosi in un campo che non conosce e non gli compete, quello dell'economia e del commercio, aveva definito l'adesione dell'Italia alla Via della Seta una decisione "improvvisata e scellerata" e aveva snocciolato una serie di falsita' sulla mancanza di benefici per l'Italia.”

Nell’articolo, il Global Times smentisce apertamente i dati dichiarati da Crosetto:

“Crosetto ha affermato che la BRI ha moltiplicato le esportazioni cinesi verso l'Italia, ma non ha avuto lo stesso effetto sulle esportazioni italiane verso la Cina. Ma in realtà, per più di quattro anni, il volume degli scambi bilaterali tra Cina e Italia ha ripetutamente raggiunto nuovi massimi. Dal 2019 al 2022 è aumentato di quasi il 42% in controtendenza. L'anno scorso ha raggiunto quasi 78 miliardi di dollari. Dal 2019 al 2021 le esportazioni italiane verso la Cina sono aumentate del 42%. Nei primi cinque mesi di quest'anno, le esportazioni italiane verso la Cina sono aumentate significativamente del 58%. Queste cifre riflettono inconfutabilmente il forte effetto della BRI, che non è affatto quello che ha detto Crosetto.”

Dopodichè il Global Times va dritto al punto, ovvero la situazione di sudditanza dell’Italia rispetto agli USA:

“Anche la tempistica della retorica di Crosetto è dubbia, e dietro ovviamente ci sono gli Stati Uniti. … Dopo l'incontro con il presidente Usa Joe Biden, la Meloni ha detto che il governo italiano prenderà una decisione sulla Bri entro dicembre, sottolineando di "mantenere aperto un dialogo costruttivo con Pechino" e rivelando la volontà di visitare la Cina. Ciò riflette anche l'attuale dilemma dell'Italia: vuole il riconoscimento politico di Washington, ma non è disposta a rinunciare alla cooperazione economica con la Cina, e non vuole sceglierne solo una. È chiaro chi è responsabile della difficile situazione attuale dell'Italia. Da quando l’Italia ha deciso di aderire alla BRI, nel 2019, gli Stati Uniti hanno esercitato una forte pressione su di essa e hanno quasi etichettato l'Italia come un "traditore dell'Occidente". A quel tempo, il New York Times descrisse addirittura l'Italia come un "cavallo di Troia" del mondo occidentale, "che consente all'espansione economica - e potenzialmente militare e politica - della Cina di raggiungere il cuore dell'Europa". Dopo il cambio di governo italiano, Washington ha visto un'opportunità e ha intensificato le pressioni su di essa. Poco prima della visita di Meloni negli Stati Uniti, John Kirby, direttore delle comunicazioni strategiche del Consiglio di sicurezza nazionale, ha pubblicamente "istruito" l'Italia sulla "mancanza di ricompensa per le partnership economiche con la Cina" e ha detto che "abbiamo creato un'alternativa".

Il Global Times conclude dandoci dei “suggerimenti amichevoli”:
“Essendo l'unico paese del G7 che ha firmato il Memorandum sulla BRI, la priorità dell'Italia nelle relazioni estere della Cina e lo stato delle relazioni Cina-Italia nelle relazioni Cina-UE sono stati notevolmente migliorati, con molti effetti positivi diretti e indiretti. Inoltre pone l'Italia in una posizione unica e vantaggiosa per collegare l'Oriente e l'Occidente. Se guardiamo solo da un punto di vista pragmatico e puramente dagli interessi nazionali dell'Italia, l'adesione alla BRI è senza dubbio vantaggiosa. Ma se si mescola con la geopolitica e la pressione e la coercizione degli Stati Uniti, le cose si complicheranno. Ci auguriamo che l'Italia possa prendere una decisione razionale senza interferenze esterne. Questo è il momento di mettere alla prova la saggezza politica e l'autonomia diplomatica dell'Italia.”

Parole sante. Ma di quale “saggezza politica e autonomia diplomatica” stiamo parlando?

Massimo Mazzucco

https://www.globaltimes.cn/page/202308/1295423.shtml
HOLLYWOOD: LA GUERRA DEI MONDI

Quello che sta succedendo a Hollywood è molto di più di uno sciopero sindacale. Nella mecca del cinema si sta combattendo la prima, grande battaglia fra gli esseri umani e l’intelligenza artificiale. Gli scioperi in corso in realtà sono due : quello degli attori professionisti (SAG, o Screen Actors Guild) e quello degli sceneggiatori professionisti (WGA, Writers Guild of America). Le motivazioni sono diverse, ma il nemico è lo stesso: la AMPTP (Alliance of Motion Picture and Television Producers), ovvero i grandi studios di Hollywood, che stanno puntando tutto sull’intelligenza artificiale, per ridurre drasticamente i loro costi di produzione. (Leggi l’articolo completo, con tutti i link, su www.luogocomune.net)
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“Spikeopatia: la proteina Spike del vaccino è patogena.”
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