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Notizie e analisi sull'attualità e la geopolitica.
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Susanna Tamaro su #Gender , #disforia e salvatori. O meglio Orchi?

"Da molti anni ormai mi chiedo però che cosa ne sarebbe stato di me se, a sette, otto, nove anni, fossi stata presa sotto l’ala protettiva dei falchi del #gender? Mi avrebbero convinto della liceità delle mie inquietudini e, come nella più cupa delle fiabe, con il sorriso suadente di chi in realtà è un orco, mi avrebbero rassicurato, avrebbero saputo come risolvere i miei problemi e io avrei baciato con riconoscenza le mani di quegli angeli che promettevano di dissolvere il dardo infuocato che da sempre feriva il mio cuore. Psicologi, pillole, ormoni e poi il grande salto di diventare ciò che avevo sempre sognato: un maschio.

Sono fermamente convinta che la storia giudicherà i cambiamenti di sesso imposti ai bambini e ai ragazzi come un crimine. Un crimine ideologico, perché se io, sognando di essere un ufficiale, avessi accettato di fare il grande passo, non mi sarei trasformata in un maschio ma in un essere bisognoso di cure a vita, perché la natura è estremamente più forte della cultura o dei nostri desideri e, per contrastarla, a parte le conseguenze degli interventi chirurgici, avrei dovuto ingurgitare ormoni fino alla fine dei miei giorni perché tutto l’imponente apparato biochimico del mio corpo avrebbe continuato a gridare solo una cosa: sono una femmina!"

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https://www.corriere.it/cultura/24_febbraio_11/susanna-tamaro-io-bambina-un-corpo-sbagliato-mi-sono-scoperta-donna-653a19a6-c84c-11ee-bbeb-1a8d2ebebe3f.shtml
Forwarded from Giubbe Rosse
GLI AVVOCATI AVVERTONO L’ENI: LA LICENZA ISRAELIANA PER IL GAS DI GAZA È ILLEGALE
La notifica legale presentata dalle organizzazioni palestinesi contiene un avvertimento chiaro all’Eni e alle altre società che intendono sfruttare il gas al largo di Gaza: utilizzando la concessione israeliana potrebbero rendersi complici in crimini di guerra. Il riferimento è all’indagine per genocidio da parte della Corte Internazionale di Giustizia dell’Aia che potrebbe, secondo la notifica dello studio legale, avere risvolti molto gravi sulle azioni “di saccheggio” delle risorse naturali appartenenti ai Territori palestinesi occupati da Israele. Le organizzazioni hanno fatto sapere che intendono utilizzare tutti i meccanismi legali disponibili, sia quelli legati alle responsabilità penali che a quelle civili per danni, a meno che le società non si astengano da attività che violano il diritto internazionale. (Fonte: Pagine Esteri)

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Ho visto per la seconda volta l'intervista di Carlson a Putin, faccio queste considerazioni:

1) Coloro che in Occidente appoggiano l'armamento dell'Ucraina si dividono in due gruppi: la stragrande maggioranza che è totalmente ignorante sui fatti che hanno preceduto l'intervento russo del 2022. Se dedicassero anche poche ore della propria vita ad osservare i documenti, i video, le intercettazioni che precedono la guerra del 2022 si renderebbero conto della montagna di grossolane falsità su cui si basa la propaganda bellica Nato. Una piccolissima parte (politica, giornalisti etc) conosce questi documenti e mente sapendo di mentire per interesse.

2) Subito dopo il 24 febbraio 2022 la Von der Leyen ha vietato le trasmissioni russe in Europa. Dal momento che la propaganda Nato è una becera miscela di emotività e menzogne (come lo erano state le guerre in Iraq e in Afghanistan), la presenza delle TV russe non poteva essere tollerata.

3) Con oltre 200milioni di visualizzazioni solo su X (probabilmente mezzo miliardo contando tutte le altre) possiamo dire che una semplice intervista realizzata con due telecamere e due microfoni sta sbriciolando migliaia e migliaia di ore di trasmissioni di tutte le tv occidentali. Non si tratta di essere pro o contro Putin, è semplicemente la forza della verità. 

4) Ho amato i passaggi ironici, soprattutto quando Carlson chiede "Chi ha distrutto il North Stream? E  Putin risponde "Sei stato tu".

5) Molto interessanti dei retroscena di suoi incontri con ex presidenti USA, dai quali si deduce che il vero potere decisionale non fosse nelle loro mani.

Adalberto Gianuario

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Il regalo di Trump
di Marco Travaglio

Il segretario generale Nato Jens Stoltenberg e l’ex e forse futuro presidente Usa Donald Trump hanno parlato del futuro dell’Europa. Il primo l’ha condannata a “decenni di confronto con la Russia” perché “se Putin vince in Ucraina non c’è garanzia che non aggredisca altri Paesi” e “dobbiamo espandere la nostra industria militare più velocemente, aumentare le forniture all’Ucraina e rifornire le scorte” per “passare da una produzione lenta da tempi di pace a una veloce da tempi di guerra”. Il secondo ha riferito la sua risposta al capo di un grande Stato europeo che gli chiedeva se lo difenderebbe da un attacco russo nel caso in cui non mantenesse l’impegno Nato di alzare la spesa militare al 2% di Pil: “Non ti proteggerei e incoraggerei i russi a fare quel diavolo che vogliono. Paga i tuoi conti, se no sei un delinquente”. La frase di Stoltenberg è passata liscia come acqua fresca, mentre quella di Trump ha indignato le cancellerie europee e la stampa al seguito. Eppure lo scenario Trump conviene all’Europa molto più dello scenario Stoltenberg. Sempreché qualcuno si ricordi perché esiste l’Europa.

Il sogno europeo di De Gasperi, Adenauer e Schumann nasce dall’impegno a evitare la terza guerra mondiale con il progetto, purtroppo rimasto sulla carta, di un’integrazione non solo economica, ma anche politica e militare finalizzato alla convivenza pacifica e alla sicurezza reciproca. In questo spirito, per rimuovere tutte le possibili cause di conflitto, nel 1975 l’Ue firmò con Usa, Urss e Canada gli accordi di Helsinki sulla sicurezza e la cooperazione in Europa, da cui nacque l’Osce. Nel 1990, caduto il Muro e finita la Guerra fredda, Gorbaciov accettò l’unificazione tedesca con l’ingresso della Germania Est nella Nato in cambio dell’impegno di Usa, Ue e Nato a non estendere l’Alleanza un solo palmo oltre il nuovo confine tedesco. Cioè a non minacciare la Russia. Da allora la Nato, anziché sciogliersi per mancanza del nemico, tradì per ben 16 volte quella promessa, allargandosi a Est da 16 a 32 Stati membri. Non contenta, bombardò e destabilizzò la Serbia alleata di Mosca e la mutilò del Kosovo. Infine annunciò l’ingresso di Georgia e Ucraina, gettando le basi per la criminale invasione russa del 2022. Se ora Trump vuole sciogliere la Nato, l’Europa dovrebbe approfittarne per creare una propria difesa (un esercito al posto di 27, risparmiando con le economie di scala) e una propria politica estera autonome dagli Usa. E promuovere una nuova conferenza di Helsinki che garantisca la sicurezza di tutti, incluse Russia e Cina. Che non sta scritto da nessuna parte che siano nostre nemiche. Se gli Usa vogliono continuare a combatterle, affari loro. Noi europei potremo finalmente iniziare a farci gli affari nostri.

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NUOVOATLANTE
di Alessandro Orsini
Ucraina. Il siluramento di Zaluzhny dice che Zelensky ha perso la guerra

Zelensky ha rimosso Zaluzhny perché ha perso la guerra. Il suo problema non è più organizzare la vittoria, ma gestire la sconfitta. Nel suo articolo pubblicato sul sito della Cnn l’8 febbraio scorso, Zaluzhny ha lasciato intendere che l’Ucraina non può più contare sul sostegno degli Stati Uniti e, pertanto, deve sviluppare una strategia per contare sulle proprie forze. Ridotta all’essenziale, questa strategia consisterebbe nel costruire droni, l’unica cosa in cui l’industria militare ucraina si distingua.

Questa proposta di Zaluzhny rivela tre informazioni fondamentali che i cosiddetti media dominanti in Italia nascondono. La prima è che l’Ucraina ha perso la guerra. Proporre di investire nella produzione di droni significa avere rinunciato alla riconquista delle cinque regioni occupate che richiede soldati, munizioni pesanti e contraerea. Ciò di cui l’Ucraina manca e che l’Occidente non è in grado di dare. La seconda informazione è che la controffensiva è stata un fallimento totale, altrimenti Zaluzhny non avrebbe richiesto 500.000 nuovi soldati a Zelensky. Che il comandante di un esercito richieda urgentemente 500.000 nuove reclute alla fine di una controffensiva è un po’ come un ammiraglio che richieda urgentemente un salvagente alla fine della battaglia navale. Vuol dire che l’esercito è esangue. Se poi l’esercito si è dissanguato per non conquistare nulla, allora il comandante che chiede 500.000 nuovi soldati viene rimosso. Ciò che è successo durante la controffensiva è esattamente questo: tutte le volte che gli ucraini mettevano la testa fuori dalla trincea venivano decollati dall’artiglieria russa. La terza informazione è che Zelensky non controlla l’esercito. Se il presidente chiede al comandante dell’esercito di dimettersi di lunedì, e poi si trova a supplicarlo il venerdì, allora l’esercito non riconosce la sua autorità. Chi comanda l’esercito ucraino? La risposta emerge dall’analisi del siluramento che può essere suddiviso in tre fasi. Nella prima fase, Zelensky ha chiesto a Zaluzhny di dimettersi e Zaluzhny ha rifiutato. Nella seconda fase Zelensky ha nuovamente convocato Zaluzhny per chiedergli di dimettersi in cambio di un incarico prestigioso nel governo: Zaluzhny ha detto no. Nella terza fase, i vertici della Casa Bianca (Victoria Nuland) si sono recati a Kiev e hanno chiesto a Zaluzhny di fare un passo indietro. Zaluzhny ha accettato.

Ma i problemi sono appena iniziati per Zelensky. Non avendo più il controllo effettivo dell’esercito, il potere di Zelensky riposa soprattutto sulla sua capacità di ottenere soldi con cui “pagare” buona parte dei suoi consensi, per lo più nella macchina governativa, dove ha nemici feroci. “Give me money!” è la frase più pronunciata da Zelensky nei meeting internazionali. Purtroppo per lui, ciò che Trump ha detto nell’ultimo comizio in South Carolina è agghiacciante. In buona sostanza Trump ha detto che, una volta alla Casa Bianca, porterà Zelensky al tavolo della pace per un orecchio. Ha detto anche che non gli darà più un dollaro e che le perdite per l’esercito ucraino sono molto maggiori di quelle riportate “dai media corrotti che diffondono false notizie sull’Ucraina”. Tutto questo riconduce al Corriere della Sera e Repubblica. Anziché riconoscere il fallimento delle loro previsioni ottimistiche, profondono notizie false sull’autore di questa rubrica, arrivando addirittura a scrivere che avrebbe organizzato la spedizione di un gruppo di italiani a Mosca per violare le sanzioni occidentali.

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Forwarded from Marco Cosentino (Marco)
REPORT 🌺🌺🌺
Per Report dunque il problema si riassume nella mancata trasparenza delle trattative d'acquisto, nei costi e nelle dosi sprecate. Impliciti complimenti a Magrini di AIFA che si sarebbe giustamente indignato e rassegnata conclusione su Big Pharma che guadagna cifre astronomiche, ma così va il mondo e dunque che possiamo farci? Breve siparietto su Peter Doshi che accenna al 95% di efficacia, ma chi non sia già informato non può capire nulla. Riguardo agli effetti avversi e alla vita devastata di tanti danneggiati o peggio a chi la vita l'ha persa dopo la vaccinazione, tutto scaricato su AstraZeneca come se fosse il solo responsabile oltre tutto di "rare sindromi" e come se il problema fossero solo gli "open day". Nulla sui danneggiati dai prodotti a RNA, nulla sulle infiammazioni cardiache e le neuropatie, e nulla su coloro che il vaccino hanno dovuto farlo perché costretti. E nulla sulla mancanza di ricerca scientifica pubblica e indipendente su prodotti che nemmeno sono accessibili tanto sono stati "blindati". D'accordo le scelte editoriali, ma ora sarebbero indispensabili almeno un altro paio di puntate per ambire a un minimo di completezza dell'informazione.
Forwarded from Tutti i fatti
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💉L’accordo sui vaccini Pfizer negoziato da von der Leyen nel 2021 non convinceva neanche Magrini, capo dell’Aifa: riteneva assurdo comprare a scatola chiusa un medicinale per milioni di persone.

@tutti_i_fatti
Alberto Negri - Sull’Eni a Gaza il silenzio complice del governo Meloni

ITALIA - ISRAELE. Il ministro dell’Energia israeliano ha annunciato la firma di una convenzione con cui Eni e altre società internazionali e israeliane hanno ottenuto la licenza per sfruttare il giacimento di gas offshore di fronte a Gaza

La tragedia finale di Gaza è incombente con un nuovo massacro a Rafah, all’orizzonte ci sono il Sinai, i carri armati egiziani, la pulizia etnica. Ma anche noi qui abbiamo un pessima storia da raccontare. Il cosiddetto “piano Mattei” è partito molto male, con una “scivolata” incredibile. Il 29 ottobre, già in piena guerra, il ministro dell’Energia israeliano ha annunciato la firma di una convenzione con cui Eni e altre società internazionali e israeliane hanno ottenuto la licenza per sfruttare il giacimento di gas offshore di fronte Gaza all’interno della zona marittima G al 62% palestinese.

La notizia si è avuta solo in questi giorni dopo che alcuni gruppi palestinesi per i diritti umani (Adalah, Al Mezan, Al-Haq e Pchr) hanno dato mandato allo studio legale Foley Hoag di Boston di comunicare all’Eni e alle altre società coinvolte una diffida dall’intraprendere attività in queste acque. Evocando il rischio di complicità in crimini di guerra.

Come è potuta accadere una vicenda così imbarazzante (sotto interrogazione parlamentare di Verdi e Sinistra) che tra l’altro coinvolge il governo italiano, il maggiore azionista di Eni con il 32%? Quel governo italiano che nel recente vertice a Roma ha corteggiato il Continente africano agitando il Piano Mattei come una bandiera contro il «capitalismo predatorio» e il neo-colonialismo. Secondo analisti del settore che seguono l’attività dell’Eni, l’azienda petrolifera si era aggiudicata i blocchi di concessione del gas offshore di Gaza in luglio, tre mesi prima della guerra. Ma questo – e molto altro – non giustifica che, nel mezzo di un conflitto così devastante, Eni accettasse la formalizzazione di questa operazione con un pezzo di carta burocratico: sarebbe bastato rinviarlo al mittente con una sospensiva, per altro assai giustificata dagli eventi.

LA REDAZIONE CONSIGLIA:
La lingua cancellina del Tg1
A meno che il governo israeliano, che in Italia trova sempre una sponda diplomatica ai limiti del ridicolo (se non fossimo nel mezzo di una tragedia), non abbia esercitato le solite pressioni. Ma questa è solo un’interpretazione. Non sono un’ipotesi invece le considerazione in base al diritto internazionale che avrebbero dovuto indurre l’Eni e il nostro governo a un atteggiamento più accorto.

Ecco perché bisognava essere prudenti. Lo Stato di Palestina ha aderito alla Convenzione dell’Onu sul diritto del mare e dal 2019, in linea con la Convenzione, proietta la sua porzione di mare per 20 miglia dalla costa. Il governo israeliano ha replicato che «solo gli Stati sovrani hanno il diritto alle zone marittime, compresi i mari territoriali e le zone economiche esclusive, nonché di dichiarare i confini marittimi». Non essendo dunque quello palestinese uno Stato riconosciuto da Israele, non ha, secondo Tel Aviv, diritto legale sulle zone marittime.

Quindi Israele fa quello che gli pare. Ma lo stesso Israele pur non avendo relazioni diplomatiche con il Libano nell’ottobre 2022 ha firmato con la mediazione degli Stati uniti la demarcazione delle acque di confine con Beirut, ponendo fine a una disputa sullo sfruttamento delle riserve offshore di gas. La realtà è che il governo israeliano non ha nessuna intenzione di osservare il diritto internazionale e di dare un riconoscimento statuale ai palestinesi, come del resto abbiamo constatato ora e negli ultimi decenni Israele, in quanto Stato occupante, inoltre non ha il diritto di utilizzare le risorse naturali delle terre occupate per un proprio vantaggio economico.

Segue...
Ma ha sempre perseguito una logica coloniale e di rapina. Prendiamo il caso del giacimento di petrolio più ingente, quello di Meged (Megiddo), scoperto negli anni ’80 e sfruttato dal 2010. Il giacimento è a ridosso del confine tra Israele e Cisgiordania e l’Autorità palestinese sostiene che circa l’80% si trovi nel sottosuolo dei suoi territori. Le proposte di sfruttamento congiunto, avanzate in passato anche da esponenti del governo israeliano, non hanno mai trovato applicazione e attualmente lo Stato ebraico utilizza il giacimento senza il coinvolgimento dell’Anp.

Per quanto riguarda il gas Israele sfrutta i giacimenti offshore Leviathan e Tamar, il cui gas in parte è estratto nell’ambito di un programma con Cipro e la Grecia: dal 2020 Tel Aviv è così diventata un esportatore di gas. Ma di lasciare ai palestinesi la loro quota legittima di gas non se ne parla neppure. Nel 1999 l’Anp concesse una licenza alla British Gas che l’anno successivo scoprì un grosso giacimento al largo delle coste di Gaza, noto come Gaza Marine. Se sfruttato adeguatamente, il giacimento, stimato 30 miliardi di metri cubi di gas, potrebbe coprire l’intero fabbisogno palestinese e consentirebbe anche esportazioni. Ma i palestinesi non possono estrarre il gas di Gaza Marine: nel 2007, in seguito all’ascesa al potere di Hamas, Israele ha dichiarato un blocco navale intorno alla Striscia, impedendo così anche l’accesso al giacimento.

E adesso l’annuncio con cui l’Eni e altre società (l’inglese Dana Petroleum, una filiale della South Korean National Petroleum Company e l’israeliana Ratio Petroleum) sfrutteranno il gas di Gaza. Alla faccia della lotta del governo italiano «al capitalismo predatorio». La verità è che dovremmo riconoscere lo Stato palestinese subito, invece di blaterare formule vuote e di essere complici di questo massacro.

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Forwarded from Giubbe Rosse
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Forwarded from Lettera da Mosca
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Al Club Valdai il ministro degli Esteri russo Lavrov propone un incontrotra i partiti e le fazioni palestinesi per superare le divisioni interne.
In tutte le kermesse lo scopo è quello di vendere un prodotto, immediato e mediato.
È semplicemente pubblicità.
Sanremo, la kermesse della canzone italiana, ha una facciata innocua: vendere canzoni, vendere spettacolo.
Ma il prodotto mediato che viene venduto è l'assuefazione al trash e al conformismo, lo sprone a confrontarsi su argomenti irrilevanti e ad accettare acriticamente la cultura mainstream.
Ecco perché va accuratamente evitato in ogni sua forma.

Alfonso Maria Avitabile

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Da Colonia Italia è tutto, a voi la linea.

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"Fare dell’inglese la lingua planetaria della scienza, dell’università o dell’Europa implica alti costi e gravi effetti collaterali. Il globalese rappresenta un enorme giro d’affari per i Paesi anglofoni e si impone a scapito delle identità locali considerate un ostacolo alla comunicazione e ai mercati internazionali. Le altre lingue rischiano di diventare i dialetti di un “anglomondo” che pensa e parla in inglese, e si anglicizzano travolte da uno “tsunami degli anglicismi” che in Italia è particolarmente devastante. Sedotti da tutto ciò che è a stelle e strisce, incuranti che il plurilinguismo e l’ecologia linguistica sono una ricchezza, agevoliamo dall’interno questo processo cannibale. Dietro la nevrosi compulsiva con cui ricorriamo agli anglicismi c’è un cambio di paradigma sociale e una storia che non è ancora stata raccontata, ma che sarebbe ora di affrontare."

https://www.goware-apps.com/lo-tsunami-degli-anglicismi-gli-effetti-collaterali-della-globalizzazione-linguistica-antonio-zoppetti/

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Forwarded from Giubbe Rosse
🇵🇰 PAKISTAN. IMRAN KHAN ESCLUDE ALLEANZA CON I PARTITI DI GOVERNO
I candidati indipendenti che appoggiano Imran Khan hanno ottenuto un risultato complessivo maggiore di qualsiasi altro partito nelle elezioni per l'Assemblea nazionale di giovedì scorso.
Il risultato ha impedito alla Lega musulmana pakistana Nawaz (PML-N), sostenuta dall’esercito, di assicurarsi la maggioranza al governo.
Parlando dal carcere di Adiala – dove ha trascorso gran parte del suo tempo dal suo arresto in agosto – Khan ha accusato di corruzione sia il PML-N che il Partito popolare pakistano (PPP).
"Non ci siederemo né con la PML-N né con il PPP", ha detto a una manciata di giornalisti che seguivano un'udienza procedurale presso la prigione fuori dalla capitale Islamabad.
Ci sono state diffuse accuse di brogli elettorali e manipolazione dei risultati dopo che le autorità hanno spento la rete di telefonia mobile del paese il giorno delle elezioni e il conteggio ha richiesto più di 24 ore.
"Sfideremo i brogli elettorali presso la Corte Suprema del Pakistan, e valuteremo l'alleanza più tardi", ha detto Khan. (Fonte: rfi)

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Forwarded from la fionda📕
Repubblica censura Ghali anche se dice che non è vero.

Oggi "Il Fatto quotidiano" pubblica la notizia della censura di Repubblica dell'intervista fatta a Ghali. L'articolo era stato preparato nella serata del venerdì 9 febbraio per essere pubblicato nell'edizione cartacea del giorno successivo. Tuttavia, poco prima della stampa, la direzione del quotidiano ha deciso di non pubblicarlo, in quanto il messaggio pacifista di Ghali non faceva riferimento ai fatti del 7 ottobre.

Repubblica, una volta uscita la notizia sul Fatto, esce con un comunicato dove ammette di aver censurato Ghali anche se dice di non averlo fatto. La tipica pezza peggio del buco insomma. Molinari sostanzialmente sostiene che avrebbero chiesto una integrazione all'artista via whatsapp sul 7 Ottobre che non ha risposto e quindi hanno bloccato la pubblicazione. E questa per repubblica non sarebbe censura? 🤣

Ps: visto che li avevano sgamati insieme al comunicato hanno pubblicato anche l'intervista, solo online però.

🤕 Basta con questi media asserviti a Isreaele, entra nel canale Telegram https://t.me/lafionda
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Ogni riferimento all'attualità è puramente voluto.

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Napoli, 13 Febbraio 2024

Manifestanti tentano di affiggere uno striscione davanti alla sede RAI e vengono manganellati

La protesta contro il comunicato RAI in favore di Israele e contrariato rispetto alle dichiarazioni del cantante Ghali, che aveva osato esortare: "Stop al genocidio".

Alle istituzioni governative italiane e alla RAI, evidentemente distratte e tediate dall'ambasciata israeliana, facciamo presente che la Corte internazionale di giustizia ha considerato la denuncia di genocidio contro Israele da parte del Sudafrica non manifestamente infondata e sta procedendo - anche se prima che si esprima nel merito trascorrerà del tempo - ad acquisire le prove di indagine.

In particolare, la Corte dell'Aia ha dichiarato "plausibile" il rischio genocidiario nella Striscia.

Come può lo Stato italiano, a fronte di parole messe nero su bianco persino dalla Corte dell'ONU, colpire chi voglia porre l'attenzione sul genocidio o sul "rischio" di genocidio in corso?