Giorgio Bianchi Photojournalist
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Voglio solo scrivere alla mamma per dirle che sono testimone di questo genocidio cronico e insidioso, e che ho davvero paura, comincio a mettere in discussione la mia fede fondamentale nella bontà della natura umana.

Bisogna che finisca.
Credo che sia una buona idea per tutti noi, mollare tutto e dedicare le nostre vite affinché ciò finisca.
Non penso più che sia una cosa da estremisti.
Voglio davvero andare a ballare al suono di Pat Benatar e avere dei ragazzi e disegnare fumetti per quelli che lavorano con me.
Ma voglio anche che questo finisca.
Quello che provo è incredulità mista a orrore. Delusione. Sono delusa, mi rendo conto che questa è la realtà di base del nostro mondo e che noi ne siamo in realtà partecipi.

Non era questo che avevo chiesto quando sono entrata in questo mondo. Non era questo che la gente qui chiedeva quando è entrata nel mondo. Non è questo il mondo in cui tu e papà avete voluto che io entrassi, quando avete deciso di farmi nascere. Non era questo che intendevo, quando guardavo il lago Capital e dicevo, “questo è il vasto mondo e sto arrivando!”
Non intendevo dire che stavo arrivando in un mondo in cui potevo vivere una vita comoda, senza alcuno sforzo, vivendo nella completa incoscienza della mia partecipazione a un genocidio.



Dalle ultime lettere di Rachel Corrie alla madre.
https://www.bocchescucite.org/le-ultime-lettere-di-rachel-corrie-ai-genitori/
Rafah, marzo 2003.
ISRAELE RUBA PIÙ DI 54 MILIONI DI DOLLARI DI DENARO PALESTINESE

Netanyahu conferma che l'IDF ha preso d'assalto la Banca di Palestina a Gaza e ha rubato 54,3 milioni di dollari di fondi palestinesi.

Tel Aviv adduce scuse per il furto sostenendo che sarebbe "per impedire ulteriori finanziamenti ad Hamas", nonostante i soldi siano stati stanziati all'Autorità Palestinese .

Tramite Laura Ruggeri

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Forwarded from Giubbe Rosse
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Quando la verità trionferà, per loro nessuna pietà. Le parole declamate costituiranno marchio d'infamia sempiterno.
Forwarded from InfoDefenseITALIA
🇫🇲 🇷🇺IL SEGRETARIO GENERALE DELLA NATO HA AFFERMATO CHE DOBBIAMO PREPARARCI PER “DECENNI” DI CONFRONTO CON LA RUSSIA

🔹 Lo ha detto in un'intervista alla rivista tedesca Welt am Sonntag.

▪️Secondo lui, se la Russia dovesse vincere in Ucraina, Mosca potrebbe attaccare altri Paesi, quindi i membri della NATO devono prepararsi attivamente per un possibile confronto, “che potrebbe durare decenni”.

▪️Ha chiesto investimenti nelle capacità militari della NATO poiché la Russia sta già preparando la propria economia per una lunga guerra.

▪️In precedenza aveva affermato che attualmente non vi è alcuna minaccia immediata per gli altri Paesi della NATO da parte della Russia.

▪️Putin, in una recente intervista con Tucker Carlson, ha respinto i piani di attacco ai Paesi dell’Alleanza.

Fonte

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La Corte Penale Internazionale può fermare i lavori:

abbiamo dei rei confessi.

Simona S.
Forwarded from Giubbe Rosse
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C'è un antico villaggio della Siria in cui si parla ancora l'aramaico. Il suo nome è Ma'lula, ai confini con il Libano, terra di venerati monasteri e chiese risalenti al IV secolo, le cui preghiere e canti sono recitati appunto nell'antica lingua di Gesù.
Non ne parlo a caso. L'arabo classico è discendente diretto dell'aramaico ed è la lingua moderna ad esso più affine.
Le uniche due frasi in lingua aramaica riportate dai vangeli sono speculari all'arabo classico:
Talita Qum, che in arabo diventa Ta'ali Taqumi
Eli Eli lama sabaqtani, che in arabo diventa Ilahi Ilahi lima sabaqtani
Non c'era bisogno dunque del processo culturale dell'islamizzazione - processo culturale e non biologico, ribadisco per gli incolti che ancora si ostinano a confondere i piani - per arabizzare l'aramaico, che rappresenta per i popoli del Medioriente ciò che il latino rappresenta per parte delle lingue europee. Gli antichi popoli della Palestina, del Libano, della Siria abbracciarono il cristianesimo e poi l'Islam ma vantano una storia antecedente ad entrambe le religioni e che è antica di 4000 anni e più.
In quell'area, per la ricerca storica, gli ebrei rappresentano invece un'anomalia. E questa anomalia di certo non può essere spiegata ricorrendo al concetto di "popolo", per due motivi: l'assoluta mancanza di reperti storici che possano in qualche modo ricostruirne l'esistenza prescindendo dal testo biblico e, soprattutto, la questione più anomala di tutte, la loro dispersione per il mondo dopo la distruzione del Tempio, sempre e solo secondo il libro sacro. Un comportamento anomalo: nessun popolo si è mai allontanato dalla terra in cui abitava per una questione non fondamentale come la distruzione di un luogo religioso. Può avere un senso, invece, se parliamo di nomadismo oppure di religione. Ma il problema non si pone, essendo l'esistenza e la distruzione del tempio non dimostrabili storicamente.
E tuttavia la questione principale su cui si sono interrogati gli storici è un'altra. In quale maniera l'ebraismo si è diffuso soprattutto nell'Europa centrale e balcanica? Anche in questo caso, il concetto di popolo non riesce a spiegare la faccenda. Tutto diviene più chiaro se si analizza l'ebraismo come puro fenomeno religioso: la diffusione in Europa avvenne quindi grazie alle conversioni, la più celebre delle quali fu quella del popolo khazaro, obbligato a convertirsi dal proprio sovrano e da cui ebbe origine l'ebraismo ashkenazita, europeo per antonomasia. Nessun legame di alcun genere né con la Palestina né con il Medioriente, ovviamente. Nei commenti, a tal proposito, inserisco alcuni links a mio avviso molto importanti. È la storia che parla, per bocca di ricercatori e studiosi delle università di Harvard e di Oxford. Chi conosca l'inglese, avrà di che leggere e, ovviamente, si tratta di compendi di ricerche molto serie, effettuate su DNA e su confronti incrociati spazio-temporali.
Ed è proprio l'ebraismo ashkenazita che ha rivendicato la propria appartenenza alla Palestina - appartenenza del tutto falsa dal punto di vista storico ed etnico, come abbiamo visto e completamente fuori dal mondo se si considera la pretesa da un punto di vista logico e razionale. Credere di poter redistribuire le persone sul pianeta terra in base a ciò che avvenne 3000 anni fa non è solo folle. È ridicolo, come asserì Noam Chomsky.
Gli studi genetici della John Hopkins mostrano che il DNA del 97,5% degli ebrei che vivono in Israele non ha nulla in comune con il DNA degli antichi ebrei. Non sono quindi semiti e non hanno ovviamente alcun legame "di sangue" con la Palestina. Al contrario, l'80% dei palestinesi possiede quei caratteri genetici che sanciscono la loro indefettibile appartenenza al territorio in cui hanno vissuto per 4000 anni.
Se proprio vogliamo parlare di popolo, questo è senza dubbio riferibile all'ebraismo ashkenazita europeo, che si è reso tale a causa della sua estrema chiusura ed impermeabilità verso l'esterno - isolamento durato diversi secoli.

Links per chi vuole approfondire:
1.
2.
3.

Rossella Ahmad
Forwarded from Piccolenote
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Susanna Tamaro su #Gender , #disforia e salvatori. O meglio Orchi?

"Da molti anni ormai mi chiedo però che cosa ne sarebbe stato di me se, a sette, otto, nove anni, fossi stata presa sotto l’ala protettiva dei falchi del #gender? Mi avrebbero convinto della liceità delle mie inquietudini e, come nella più cupa delle fiabe, con il sorriso suadente di chi in realtà è un orco, mi avrebbero rassicurato, avrebbero saputo come risolvere i miei problemi e io avrei baciato con riconoscenza le mani di quegli angeli che promettevano di dissolvere il dardo infuocato che da sempre feriva il mio cuore. Psicologi, pillole, ormoni e poi il grande salto di diventare ciò che avevo sempre sognato: un maschio.

Sono fermamente convinta che la storia giudicherà i cambiamenti di sesso imposti ai bambini e ai ragazzi come un crimine. Un crimine ideologico, perché se io, sognando di essere un ufficiale, avessi accettato di fare il grande passo, non mi sarei trasformata in un maschio ma in un essere bisognoso di cure a vita, perché la natura è estremamente più forte della cultura o dei nostri desideri e, per contrastarla, a parte le conseguenze degli interventi chirurgici, avrei dovuto ingurgitare ormoni fino alla fine dei miei giorni perché tutto l’imponente apparato biochimico del mio corpo avrebbe continuato a gridare solo una cosa: sono una femmina!"

👇
https://www.corriere.it/cultura/24_febbraio_11/susanna-tamaro-io-bambina-un-corpo-sbagliato-mi-sono-scoperta-donna-653a19a6-c84c-11ee-bbeb-1a8d2ebebe3f.shtml
Forwarded from Giubbe Rosse
GLI AVVOCATI AVVERTONO L’ENI: LA LICENZA ISRAELIANA PER IL GAS DI GAZA È ILLEGALE
La notifica legale presentata dalle organizzazioni palestinesi contiene un avvertimento chiaro all’Eni e alle altre società che intendono sfruttare il gas al largo di Gaza: utilizzando la concessione israeliana potrebbero rendersi complici in crimini di guerra. Il riferimento è all’indagine per genocidio da parte della Corte Internazionale di Giustizia dell’Aia che potrebbe, secondo la notifica dello studio legale, avere risvolti molto gravi sulle azioni “di saccheggio” delle risorse naturali appartenenti ai Territori palestinesi occupati da Israele. Le organizzazioni hanno fatto sapere che intendono utilizzare tutti i meccanismi legali disponibili, sia quelli legati alle responsabilità penali che a quelle civili per danni, a meno che le società non si astengano da attività che violano il diritto internazionale. (Fonte: Pagine Esteri)

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Ho visto per la seconda volta l'intervista di Carlson a Putin, faccio queste considerazioni:

1) Coloro che in Occidente appoggiano l'armamento dell'Ucraina si dividono in due gruppi: la stragrande maggioranza che è totalmente ignorante sui fatti che hanno preceduto l'intervento russo del 2022. Se dedicassero anche poche ore della propria vita ad osservare i documenti, i video, le intercettazioni che precedono la guerra del 2022 si renderebbero conto della montagna di grossolane falsità su cui si basa la propaganda bellica Nato. Una piccolissima parte (politica, giornalisti etc) conosce questi documenti e mente sapendo di mentire per interesse.

2) Subito dopo il 24 febbraio 2022 la Von der Leyen ha vietato le trasmissioni russe in Europa. Dal momento che la propaganda Nato è una becera miscela di emotività e menzogne (come lo erano state le guerre in Iraq e in Afghanistan), la presenza delle TV russe non poteva essere tollerata.

3) Con oltre 200milioni di visualizzazioni solo su X (probabilmente mezzo miliardo contando tutte le altre) possiamo dire che una semplice intervista realizzata con due telecamere e due microfoni sta sbriciolando migliaia e migliaia di ore di trasmissioni di tutte le tv occidentali. Non si tratta di essere pro o contro Putin, è semplicemente la forza della verità. 

4) Ho amato i passaggi ironici, soprattutto quando Carlson chiede "Chi ha distrutto il North Stream? E  Putin risponde "Sei stato tu".

5) Molto interessanti dei retroscena di suoi incontri con ex presidenti USA, dai quali si deduce che il vero potere decisionale non fosse nelle loro mani.

Adalberto Gianuario

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Il regalo di Trump
di Marco Travaglio

Il segretario generale Nato Jens Stoltenberg e l’ex e forse futuro presidente Usa Donald Trump hanno parlato del futuro dell’Europa. Il primo l’ha condannata a “decenni di confronto con la Russia” perché “se Putin vince in Ucraina non c’è garanzia che non aggredisca altri Paesi” e “dobbiamo espandere la nostra industria militare più velocemente, aumentare le forniture all’Ucraina e rifornire le scorte” per “passare da una produzione lenta da tempi di pace a una veloce da tempi di guerra”. Il secondo ha riferito la sua risposta al capo di un grande Stato europeo che gli chiedeva se lo difenderebbe da un attacco russo nel caso in cui non mantenesse l’impegno Nato di alzare la spesa militare al 2% di Pil: “Non ti proteggerei e incoraggerei i russi a fare quel diavolo che vogliono. Paga i tuoi conti, se no sei un delinquente”. La frase di Stoltenberg è passata liscia come acqua fresca, mentre quella di Trump ha indignato le cancellerie europee e la stampa al seguito. Eppure lo scenario Trump conviene all’Europa molto più dello scenario Stoltenberg. Sempreché qualcuno si ricordi perché esiste l’Europa.

Il sogno europeo di De Gasperi, Adenauer e Schumann nasce dall’impegno a evitare la terza guerra mondiale con il progetto, purtroppo rimasto sulla carta, di un’integrazione non solo economica, ma anche politica e militare finalizzato alla convivenza pacifica e alla sicurezza reciproca. In questo spirito, per rimuovere tutte le possibili cause di conflitto, nel 1975 l’Ue firmò con Usa, Urss e Canada gli accordi di Helsinki sulla sicurezza e la cooperazione in Europa, da cui nacque l’Osce. Nel 1990, caduto il Muro e finita la Guerra fredda, Gorbaciov accettò l’unificazione tedesca con l’ingresso della Germania Est nella Nato in cambio dell’impegno di Usa, Ue e Nato a non estendere l’Alleanza un solo palmo oltre il nuovo confine tedesco. Cioè a non minacciare la Russia. Da allora la Nato, anziché sciogliersi per mancanza del nemico, tradì per ben 16 volte quella promessa, allargandosi a Est da 16 a 32 Stati membri. Non contenta, bombardò e destabilizzò la Serbia alleata di Mosca e la mutilò del Kosovo. Infine annunciò l’ingresso di Georgia e Ucraina, gettando le basi per la criminale invasione russa del 2022. Se ora Trump vuole sciogliere la Nato, l’Europa dovrebbe approfittarne per creare una propria difesa (un esercito al posto di 27, risparmiando con le economie di scala) e una propria politica estera autonome dagli Usa. E promuovere una nuova conferenza di Helsinki che garantisca la sicurezza di tutti, incluse Russia e Cina. Che non sta scritto da nessuna parte che siano nostre nemiche. Se gli Usa vogliono continuare a combatterle, affari loro. Noi europei potremo finalmente iniziare a farci gli affari nostri.

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NUOVOATLANTE
di Alessandro Orsini
Ucraina. Il siluramento di Zaluzhny dice che Zelensky ha perso la guerra

Zelensky ha rimosso Zaluzhny perché ha perso la guerra. Il suo problema non è più organizzare la vittoria, ma gestire la sconfitta. Nel suo articolo pubblicato sul sito della Cnn l’8 febbraio scorso, Zaluzhny ha lasciato intendere che l’Ucraina non può più contare sul sostegno degli Stati Uniti e, pertanto, deve sviluppare una strategia per contare sulle proprie forze. Ridotta all’essenziale, questa strategia consisterebbe nel costruire droni, l’unica cosa in cui l’industria militare ucraina si distingua.

Questa proposta di Zaluzhny rivela tre informazioni fondamentali che i cosiddetti media dominanti in Italia nascondono. La prima è che l’Ucraina ha perso la guerra. Proporre di investire nella produzione di droni significa avere rinunciato alla riconquista delle cinque regioni occupate che richiede soldati, munizioni pesanti e contraerea. Ciò di cui l’Ucraina manca e che l’Occidente non è in grado di dare. La seconda informazione è che la controffensiva è stata un fallimento totale, altrimenti Zaluzhny non avrebbe richiesto 500.000 nuovi soldati a Zelensky. Che il comandante di un esercito richieda urgentemente 500.000 nuove reclute alla fine di una controffensiva è un po’ come un ammiraglio che richieda urgentemente un salvagente alla fine della battaglia navale. Vuol dire che l’esercito è esangue. Se poi l’esercito si è dissanguato per non conquistare nulla, allora il comandante che chiede 500.000 nuovi soldati viene rimosso. Ciò che è successo durante la controffensiva è esattamente questo: tutte le volte che gli ucraini mettevano la testa fuori dalla trincea venivano decollati dall’artiglieria russa. La terza informazione è che Zelensky non controlla l’esercito. Se il presidente chiede al comandante dell’esercito di dimettersi di lunedì, e poi si trova a supplicarlo il venerdì, allora l’esercito non riconosce la sua autorità. Chi comanda l’esercito ucraino? La risposta emerge dall’analisi del siluramento che può essere suddiviso in tre fasi. Nella prima fase, Zelensky ha chiesto a Zaluzhny di dimettersi e Zaluzhny ha rifiutato. Nella seconda fase Zelensky ha nuovamente convocato Zaluzhny per chiedergli di dimettersi in cambio di un incarico prestigioso nel governo: Zaluzhny ha detto no. Nella terza fase, i vertici della Casa Bianca (Victoria Nuland) si sono recati a Kiev e hanno chiesto a Zaluzhny di fare un passo indietro. Zaluzhny ha accettato.

Ma i problemi sono appena iniziati per Zelensky. Non avendo più il controllo effettivo dell’esercito, il potere di Zelensky riposa soprattutto sulla sua capacità di ottenere soldi con cui “pagare” buona parte dei suoi consensi, per lo più nella macchina governativa, dove ha nemici feroci. “Give me money!” è la frase più pronunciata da Zelensky nei meeting internazionali. Purtroppo per lui, ciò che Trump ha detto nell’ultimo comizio in South Carolina è agghiacciante. In buona sostanza Trump ha detto che, una volta alla Casa Bianca, porterà Zelensky al tavolo della pace per un orecchio. Ha detto anche che non gli darà più un dollaro e che le perdite per l’esercito ucraino sono molto maggiori di quelle riportate “dai media corrotti che diffondono false notizie sull’Ucraina”. Tutto questo riconduce al Corriere della Sera e Repubblica. Anziché riconoscere il fallimento delle loro previsioni ottimistiche, profondono notizie false sull’autore di questa rubrica, arrivando addirittura a scrivere che avrebbe organizzato la spedizione di un gruppo di italiani a Mosca per violare le sanzioni occidentali.

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Forwarded from Marco Cosentino (Marco)
REPORT 🌺🌺🌺
Per Report dunque il problema si riassume nella mancata trasparenza delle trattative d'acquisto, nei costi e nelle dosi sprecate. Impliciti complimenti a Magrini di AIFA che si sarebbe giustamente indignato e rassegnata conclusione su Big Pharma che guadagna cifre astronomiche, ma così va il mondo e dunque che possiamo farci? Breve siparietto su Peter Doshi che accenna al 95% di efficacia, ma chi non sia già informato non può capire nulla. Riguardo agli effetti avversi e alla vita devastata di tanti danneggiati o peggio a chi la vita l'ha persa dopo la vaccinazione, tutto scaricato su AstraZeneca come se fosse il solo responsabile oltre tutto di "rare sindromi" e come se il problema fossero solo gli "open day". Nulla sui danneggiati dai prodotti a RNA, nulla sulle infiammazioni cardiache e le neuropatie, e nulla su coloro che il vaccino hanno dovuto farlo perché costretti. E nulla sulla mancanza di ricerca scientifica pubblica e indipendente su prodotti che nemmeno sono accessibili tanto sono stati "blindati". D'accordo le scelte editoriali, ma ora sarebbero indispensabili almeno un altro paio di puntate per ambire a un minimo di completezza dell'informazione.
Forwarded from Tutti i fatti
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💉L’accordo sui vaccini Pfizer negoziato da von der Leyen nel 2021 non convinceva neanche Magrini, capo dell’Aifa: riteneva assurdo comprare a scatola chiusa un medicinale per milioni di persone.

@tutti_i_fatti
Alberto Negri - Sull’Eni a Gaza il silenzio complice del governo Meloni

ITALIA - ISRAELE. Il ministro dell’Energia israeliano ha annunciato la firma di una convenzione con cui Eni e altre società internazionali e israeliane hanno ottenuto la licenza per sfruttare il giacimento di gas offshore di fronte a Gaza

La tragedia finale di Gaza è incombente con un nuovo massacro a Rafah, all’orizzonte ci sono il Sinai, i carri armati egiziani, la pulizia etnica. Ma anche noi qui abbiamo un pessima storia da raccontare. Il cosiddetto “piano Mattei” è partito molto male, con una “scivolata” incredibile. Il 29 ottobre, già in piena guerra, il ministro dell’Energia israeliano ha annunciato la firma di una convenzione con cui Eni e altre società internazionali e israeliane hanno ottenuto la licenza per sfruttare il giacimento di gas offshore di fronte Gaza all’interno della zona marittima G al 62% palestinese.

La notizia si è avuta solo in questi giorni dopo che alcuni gruppi palestinesi per i diritti umani (Adalah, Al Mezan, Al-Haq e Pchr) hanno dato mandato allo studio legale Foley Hoag di Boston di comunicare all’Eni e alle altre società coinvolte una diffida dall’intraprendere attività in queste acque. Evocando il rischio di complicità in crimini di guerra.

Come è potuta accadere una vicenda così imbarazzante (sotto interrogazione parlamentare di Verdi e Sinistra) che tra l’altro coinvolge il governo italiano, il maggiore azionista di Eni con il 32%? Quel governo italiano che nel recente vertice a Roma ha corteggiato il Continente africano agitando il Piano Mattei come una bandiera contro il «capitalismo predatorio» e il neo-colonialismo. Secondo analisti del settore che seguono l’attività dell’Eni, l’azienda petrolifera si era aggiudicata i blocchi di concessione del gas offshore di Gaza in luglio, tre mesi prima della guerra. Ma questo – e molto altro – non giustifica che, nel mezzo di un conflitto così devastante, Eni accettasse la formalizzazione di questa operazione con un pezzo di carta burocratico: sarebbe bastato rinviarlo al mittente con una sospensiva, per altro assai giustificata dagli eventi.

LA REDAZIONE CONSIGLIA:
La lingua cancellina del Tg1
A meno che il governo israeliano, che in Italia trova sempre una sponda diplomatica ai limiti del ridicolo (se non fossimo nel mezzo di una tragedia), non abbia esercitato le solite pressioni. Ma questa è solo un’interpretazione. Non sono un’ipotesi invece le considerazione in base al diritto internazionale che avrebbero dovuto indurre l’Eni e il nostro governo a un atteggiamento più accorto.

Ecco perché bisognava essere prudenti. Lo Stato di Palestina ha aderito alla Convenzione dell’Onu sul diritto del mare e dal 2019, in linea con la Convenzione, proietta la sua porzione di mare per 20 miglia dalla costa. Il governo israeliano ha replicato che «solo gli Stati sovrani hanno il diritto alle zone marittime, compresi i mari territoriali e le zone economiche esclusive, nonché di dichiarare i confini marittimi». Non essendo dunque quello palestinese uno Stato riconosciuto da Israele, non ha, secondo Tel Aviv, diritto legale sulle zone marittime.

Quindi Israele fa quello che gli pare. Ma lo stesso Israele pur non avendo relazioni diplomatiche con il Libano nell’ottobre 2022 ha firmato con la mediazione degli Stati uniti la demarcazione delle acque di confine con Beirut, ponendo fine a una disputa sullo sfruttamento delle riserve offshore di gas. La realtà è che il governo israeliano non ha nessuna intenzione di osservare il diritto internazionale e di dare un riconoscimento statuale ai palestinesi, come del resto abbiamo constatato ora e negli ultimi decenni Israele, in quanto Stato occupante, inoltre non ha il diritto di utilizzare le risorse naturali delle terre occupate per un proprio vantaggio economico.

Segue...
Ma ha sempre perseguito una logica coloniale e di rapina. Prendiamo il caso del giacimento di petrolio più ingente, quello di Meged (Megiddo), scoperto negli anni ’80 e sfruttato dal 2010. Il giacimento è a ridosso del confine tra Israele e Cisgiordania e l’Autorità palestinese sostiene che circa l’80% si trovi nel sottosuolo dei suoi territori. Le proposte di sfruttamento congiunto, avanzate in passato anche da esponenti del governo israeliano, non hanno mai trovato applicazione e attualmente lo Stato ebraico utilizza il giacimento senza il coinvolgimento dell’Anp.

Per quanto riguarda il gas Israele sfrutta i giacimenti offshore Leviathan e Tamar, il cui gas in parte è estratto nell’ambito di un programma con Cipro e la Grecia: dal 2020 Tel Aviv è così diventata un esportatore di gas. Ma di lasciare ai palestinesi la loro quota legittima di gas non se ne parla neppure. Nel 1999 l’Anp concesse una licenza alla British Gas che l’anno successivo scoprì un grosso giacimento al largo delle coste di Gaza, noto come Gaza Marine. Se sfruttato adeguatamente, il giacimento, stimato 30 miliardi di metri cubi di gas, potrebbe coprire l’intero fabbisogno palestinese e consentirebbe anche esportazioni. Ma i palestinesi non possono estrarre il gas di Gaza Marine: nel 2007, in seguito all’ascesa al potere di Hamas, Israele ha dichiarato un blocco navale intorno alla Striscia, impedendo così anche l’accesso al giacimento.

E adesso l’annuncio con cui l’Eni e altre società (l’inglese Dana Petroleum, una filiale della South Korean National Petroleum Company e l’israeliana Ratio Petroleum) sfrutteranno il gas di Gaza. Alla faccia della lotta del governo italiano «al capitalismo predatorio». La verità è che dovremmo riconoscere lo Stato palestinese subito, invece di blaterare formule vuote e di essere complici di questo massacro.

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Forwarded from Lettera da Mosca
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Al Club Valdai il ministro degli Esteri russo Lavrov propone un incontrotra i partiti e le fazioni palestinesi per superare le divisioni interne.