Giorgio Bianchi Photojournalist
131K subscribers
13K photos
3.74K videos
29 files
17K links
Notizie e analisi sull'attualità e la geopolitica.
Download Telegram
A questo doppio e non troppo efficace attacco aereo è seguito nella notte quello navale, con nove droni diretti verso l'ingresso del lago Donuzlav (allego carta) dove si trovava l'Ivanovets (foto), un cutter lanciamissili della classe Proekt 1241 "Molniya" armato di quattro missili antinave P-270 Moskit, in due impianti binati. La nave è stata colpita più volte e uno degli impatti ha causato la detonazione dei Moskit sulla fiancata sinistra, causando un'esplosione che ha certamente affondato la nave.
Il bersaglio è stato scelto bene (del resto a questo serve la ricognizione NATO): una nave vecchiotta, varata nel gennaio 1989 e mai rimodernata, con sistemi di difesa inadatti a contrastare questo tipo di minaccia e che si trovava dall'inizio della guerra nella rada del Donuzlav a non fare nulla, visto che si tratta di un'unità armata solo di missili antinave (che contro i droni non servono a nulla, ovviamente). Non un danno notevole per la flotta del Mar Nero ma, certamente, un grave danno d'immagine oltre alla perdita del personale (è improbabile che fosse ad equipaggio completo ma di sicuro morti ce ne sono. L'equipaggio completo è di 39 marinai). Soprattutto, l'eterna conferma che la Crimea resta il punto debole dell'architettura difensiva russa, né potrebbe essere altrimenti vista la sua conformazione, il territorio ancora in mano all'Ucraina, e l'interesse quasi maniacale che riveste sia per l'Ucraina (e mi pare logico) che per la NATO: al di là dei risultati ottenuti (non eccelsi, diciamo) nell'attacco di ieri sono stati coinvolti due aeroporti, almeno sette aerei, 12 Storm Shadow e nove droni navali, ossia, per lo stato attuale degli equipaggiamenti ucraini, un'enormità sia in termini di mezzi che di soldi.
Disponendo per ora di questi mezzi, per l'Ucraina è certamente una strategia vincente: il massimo danno, specie d'immagine, col minimo sforzo. Gli attacchi dunque continueranno - già ora ci sono altri aerei spia a incrociare nelle vicinanze della penisola. Resta da chiedersi, al solito, cosa intenda fare la Russia. Le alternative a sua disposizione non sono moltissime e sono, verrebbe da dire, una peggio dell'altra in termini di potenziali conseguenze, per sé e per tutti (noi inclusi). Finora, come è ben noto, la strategia è quella di attendere il collasso dell'infrastruttura politico-militare ucraina con una guerra di attrito, senza impegnarsi in operazioni militari rischiose e costose in termini di uomini e materiali. Possono lanciare tutti i droni che vogliono, in sintesi, ma se fra sei mesi non hanno più i soldi per pagare le pensioni non ne spareranno a lungo. Il concetto non è molto diverso dall'idea occidentale di attendere comodamente il collasso della Russia sotto i colpi delle sanzioni e dell'opposizione interna, collasso che però, come stiamo esperendo, non c'è stato. Non avendo raggiunto l'obiettivo, la NATO ha dunque aumentato il suo livello di coinvolgimento: resta da chiedersi se anche la Russia sarà disposta a farlo. Se il collasso ucraino non dovesse manifestarsi in tempi troppo brevi (entro la fine del 2024, diciamo) né sul fronte di guerre né su quello interno, un impegno maggiore, e tutti i rischi del caso, potrebbe essere necessario. Il che significherebbe per la leadership russa dovere affrontare tre problemi:

1) Impegnarsi o meno direttamente contro gli asset militari della NATO, visto che senza gli aerei spia occidentali non sarebbe possibile per l'Ucraina organizzare questo tipo di operazioni. Questo significherebbe dovere abbattere uno di questi aerei (cominciando magari dai droni senza equipaggio), o magari distruggere un satellite con gli ovvi rischi di escalation che la cosa comporta. Oppure c'è la via indiretta, tipo fornire gli S-300 agli Huthi o gli Iskander alla Repubblica Centrafricana. O, per dire, l'atomica all'Iran. Per dire.

2) Impegnarsi o meno in un'operazione militare su larga scala con l'obiettivo di conquistare una larga parte del territorio ucraino (la zona smilitarizzata più estesa di cui ha parlato Putin appena ieri). Questo risolverebbe alla radice il problema delle incursioni, ma comporterebbe perdite molto più elevate e concentrate. Qual è il limite che sia la leadership che la società russa sono disposti ad accettare, fermo restando che entrambe non accetteranno ancora a lungo il livello di perdite corrente senza una reazione?
3) che poi è una conseguenza di 2. Ipotizzare o meno operazioni militari su larga scala che prevedano la distruzione di città come Kharkiv, Poltava e soprattutto Odessa, che non potrebbero essere conquistare senza ridurle preventivamente in macerie. Per quanto la leadership e la società russa si sentano frenate dal fatto che quelle sono città "russe", resta il fatto che da quelle città partono operazioni militari contro città e unità militari realmente russe, senza virgolette.

C'è poi anche un 4, la questione della Transnistria. La leadership moldava, pienamente sostenuta dalla Romania (cioè dalla NATO) non fa mistero di volerla recuperare, ma lì ci sono non soltanto gli abitanti della Transnistria ma 200.000 cittadini russi. Se si prospettasse un nuovo Donbas al confine della NATO la Russia dovrebbe intervenire, ma per intervenire da quella parte torniamo ai punti 2 e 3: operazione militare su larga scala, quindi con grandi perdite, e distruzione delle "russe" Cherson e Odessa. La scommessa di attendere è al momento quella che la Russia ha scelto, per fortuna di tutti: perché se alla fine si rivelasse una scommessa sbagliata le conseguenze non sarebbero la pace ma un inasprimento del conflitto a livelli finora inimmaginabili.
Chissà perché i giornali italiani un po' distratti non dicono una parola sulla Gran Bretagna, patria dell' eolico, dove è stata scoperta una truffa da centinaia e centinaia di milioni di sterline pagate dai poveri fessi in bolletta...

In pratica, siccome la rete elettrica è un po' obsoleta, nei giorni con forte vento va un po' in sovraccarico e le autorità d'oltremanica pagano le grandi multinazionali per staccare le turbine.

Per questo spegnimento forzato, le aziende ricevono milioni di sterline in indennizzi parametrati sulla mancata generazione di energia elettrica. E chi fa le stime? Le stesse aziende che, però, ha scoperto Bloomberg, hanno il vizietto di sovrastimare sistematicamente la mancata generazione in modo da incassare di più.

E chi paga? I poveri fessi in bolletta.

Eric Packer

🔴 Per ricevere tutti gli aggiornamenti segui Giorgio Bianchi Photojournalist
Forwarded from Laura Ru (Laura Ru)
⚡️Viktor Orban ha ceduto al ricatto dell'UE e revocato il suo veto su un pacchetto di aiuti finanziari da 50 miliardi di euro per l'Ucraina. I leader dei paesi membri dell'UE hanno concordato di tenere ogni anno una relazione e un dibattito sull’attuazione del piano di aiuti all’Ucraina; se necessario tra due anni il Consiglio europeo inviterà la Commissione a presentare una proposta di revisione ma non ha concesso a Orban alcun potere di veto. ▪️ I fondi UE per l'Ungheria rimangono congelati ma solo perché l'UE sta cercando di salvare le apparenze. Mi aspetto che i soldi saranno sbloccati come parte dell'accordo con Orban.

Non si parla di noccioline: dal dicembre 2022 l'UE sta congelando circa 10 miliardi di euro dei fondi per l'Ungheria stanziati durante il Covid-19, insieme a circa 22 miliardi di euro dei normali fondi strutturali dell'UE. Solo alla fine del 2023 la Commissione europea ha approvato un pagamento anticipato di €900 milioni destinati a Budapest. @LauraRuHK
Il progetto sionista della Grande Israele comprenderebbe:

il 100% della Palestina, il 100% della Giordania, il 100% del Libano, il 70% della Siria, il 50% dell’Iraq, Il 33% dell'Arabia Saudita, dell'Egitto e del Nilo.
Forwarded from Marco Cosentino (Marco)
GLI ASINTOMATICI 🌺🌺🌺
Forwarded from Giubbe Rosse
🇧🇪🇮🇱 BELGIO CONVOCA AMBASCIATORE ISRAELIANO
A differenza di altri paesi, il Belgio si è rifiutato di bloccare i finanziamenti all'UNRWA a Gaza. Per tutta risposta, ieri Israele ha bombardato l'ufficio dell'Agenzia belga per la cooperazione allo sviluppo a Gaza.
Il Belgio ha convocato quindi l'ambasciatore israeliano. (Fonte: The Guardian)

🟥 Segui Giubbe Rosse
Telegram | Web | Ultim'ora | TwitterFacebook | Instagram | Truth | Odysee
Per chi fosse interessato ci vediamo sabato 24 a Roma.

«Falsi miti di progresso». Il 24 febbraio torna a Roma il convegno ‘politicamente scorretto’ patrocinato dal network ‘Se questo è l’uomo’.

Sabato 24 febbraio 2024 si svolgerà a Roma, presso il Teatro Italia (Via Bari, 18), il nuovo incontro promosso da Se questo è l’uomo con un convegno dal titolo «Falsi miti di progresso». La tavola rotonda ci proietta già nel 2030: vivremo veramente nel ‘migliore dei mondi possibili’, così come la propaganda dominante – transumanista e turbocapitalista – continua a paventare?

Questo ed altri temi saranno al centro di un appuntamento che vedrà alternarsi alcuni tra i principali esponenti del pensiero non conformista italiano: il fotoreporter Giorgio Bianchi, il saggista Boni Castellane, Marcello Foa già Presidente RAI e giornalista, Francesco Toscano fondatore di VisioneTV, il medico neuro-endocrinologo Giovanni Frajese, Jacopo Coghe portavoce di “ProVita e Famiglia” e lo scrittore Gianluca Marletta. L’incontro, introdotto da Toni Brandi, sarà moderato da Enrica Perucchietti.

🔴 Per ricevere tutti gli aggiornamenti segui Giorgio Bianchi Photojournalist
Proprio mentre Victoria Nuland si trovava a Kiev, e non è certamente una coincidenza, la NATO (come ho già detto in passato l'Ucraina ormai ci mette solo i corpi, le armi non sono più sue e probabilmente nemmeno la strategia) ha organizzato un attacco congiunto, aereo e navale, sulle installazioni militari della Crimea dal pomeriggio di ieri a stamattina (l'altro ieri c'era già stato un attacco di droni sugli aeroporti, sventato senza eccessivi problemi). L'attacco, come al solito, è stato preceduto da un gran traffico di aerei spia sul Mar Nero e sulla Romania, almeno sei tra cui anche il nostro PERSEO71, un Gulfstream G550 CAEW del 14° stormo partito da Pratica di Mare (da Sigonella invece sono partiti due aerei USA. Qui qualche info e i tracciati di quattro dei sei aerei: https://www.itamilradar.com/2024/01/31/busy-skies-in-the-black-sea-theatre).
La prima fase dell'attacco è stata aerea. Da Starokostantinov e Kanatovo si sono alzati tre Su-24 e un numero imprecisato di Su-27 e Mig-29 - non voglio dire tutti gli aerei ancora in grado di volare dell'areonautica ucraina ma poco ci manca. Gli Su-24 e i Mig-29 hanno lanciato una combinazione di ADM-160 MALD e di missili antiradar AGM-88 HARM per ingaggiare le difese antimissile ruse, mentre gli Su-24 hanno lanciato sei Storm Shadow (o SCALP che dir si voglia) in direzione degli aeroporti della Crimea. tutti i missili risultano abbattuti o dalla contraerea o dai caccia russi. Immediatamente dopo i Su-24 hanno lanciato altri sei missili, stavolta dal mare, in direzione di Sebastopoli e dell'aeroporto di Belbek, che sembra essere stato il bersaglio principale anche del primo attacco. Anche qui i missili sono stati abbattuti, e uno di loro si è sfasciato in prossimità dell'aeroporto senza, pare, fare danni (anche se media come Visegrad 24 eccetera hanno riferito di catastrofiche esplosioni, non compatibili con le immagini da loro stessi diffuse).
A questo doppio e non troppo efficace attacco aereo è seguito nella notte quello navale, con nove droni diretti verso l'ingresso del lago Donuzlav (allego carta) dove si trovava l'Ivanovets (foto), un cutter lanciamissili della classe Proekt 1241 "Molniya" armato di quattro missili antinave P-270 Moskit, in due impianti binati. La nave è stata colpita più volte e uno degli impatti ha causato la detonazione dei Moskit sulla fiancata sinistra, causando un'esplosione che ha certamente affondato la nave.
Il bersaglio è stato scelto bene (del resto a questo serve la ricognizione NATO): una nave vecchiotta, varata nel gennaio 1989 e mai rimodernata, con sistemi di difesa inadatti a contrastare questo tipo di minaccia e che si trovava dall'inizio della guerra nella rada del Donuzlav a non fare nulla, visto che si tratta di un'unità armata solo di missili antinave (che contro i droni non servono a nulla, ovviamente). Non un danno notevole per la flotta del Mar Nero ma, certamente, un grave danno d'immagine oltre alla perdita del personale (è improbabile che fosse ad equipaggio completo ma di sicuro morti ce ne sono. L'equipaggio completo è di 39 marinai). Soprattutto, l'eterna conferma che la Crimea resta il punto debole dell'architettura difensiva russa, né potrebbe essere altrimenti vista la sua conformazione, il territorio ancora in mano all'Ucraina, e l'interesse quasi maniacale che riveste sia per l'Ucraina (e mi pare logico) che per la NATO: al di là dei risultati ottenuti (non eccelsi, diciamo) nell'attacco di ieri sono stati coinvolti due aeroporti, almeno sette aerei, 12 Storm Shadow e nove droni navali, ossia, per lo stato attuale degli equipaggiamenti ucraini, un'enormità sia in termini di mezzi che di soldi.
Disponendo per ora di questi mezzi, per l'Ucraina è certamente una strategia vincente: il massimo danno, specie d'immagine, col minimo sforzo. Gli attacchi dunque continueranno - già ora ci sono altri aerei spia a incrociare nelle vicinanze della penisola. Resta da chiedersi, al solito, cosa intenda fare la Russia. Le alternative a sua disposizione non sono moltissime e sono, verrebbe da dire, una peggio dell'altra in termini di potenziali conseguenze, per sé e per tutti (noi inclusi). Finora, come è ben noto, la strategia è quella di attendere il collasso dell'infrastruttura politico-militare ucraina con una guerra di attrito, senza impegnarsi in operazioni militari rischiose e costose in termini di uomini e materiali. Possono lanciare tutti i droni che vogliono, in sintesi, ma se fra sei mesi non hanno più i soldi per pagare le pensioni non ne spareranno a lungo. Il concetto non è molto diverso dall'idea occidentale di attendere comodamente il collasso della Russia sotto i colpi delle sanzioni e dell'opposizione interna, collasso che però, come stiamo esperendo, non c'è stato. Non avendo raggiunto l'obiettivo, la NATO ha dunque aumentato il suo livello di coinvolgimento: resta da chiedersi se anche la Russia sarà disposta a farlo. Se il collasso ucraino non dovesse manifestarsi in tempi relativamente brevi (entro la fine del 2024, diciamo) né sul fronte di guerra né su quello interno, un impegno maggiore, e tutti i rischi del caso, potrebbe essere necessario. Il che significherebbe per la leadership russa dovere affrontare tre problemi:

1) Impegnarsi o meno direttamente contro gli asset militari della NATO, visto che senza gli aerei spia occidentali non sarebbe possibile per l'Ucraina organizzare questo tipo di operazioni. Questo significherebbe dovere abbattere uno di questi aerei (cominciando magari dai droni senza equipaggio), o magari distruggere un satellite con gli ovvi rischi di escalation che la cosa comporta. Oppure c'è la via indiretta, tipo fornire gli S-300 agli Huthi o gli Iskander alla Repubblica Centrafricana. O, per dire, l'atomica all'Iran. Per dire.

2) Impegnarsi o meno in un'operazione militare su larga scala con l'obiettivo di conquistare una larga parte del territorio ucraino (la zona smilitarizzata più estesa di cui ha parlato Putin appena ieri). Questo risolverebbe alla radice il problema delle incursioni, ma comporterebbe perdite molto più elevate e concentrate. Qual è il limite che sia la leadership che la società russa sono disposti ad accettare, fermo restando che entrambe non accetteranno ancora a lungo il livello di perdite corrente senza una reazione?
3) che poi è una conseguenza di 2. Ipotizzare o meno operazioni militari su larga scala che prevedano la distruzione di città come Kharkiv, Poltava e soprattutto Odessa, che non potrebbero essere conquistare senza ridurle preventivamente in macerie. Per quanto la leadership e la società russa si sentano frenate dal fatto che quelle sono città "russe", resta il fatto che da quelle città partono operazioni militari contro città e unità militari realmente russe, senza virgolette.

C'è poi anche un 4, la questione della Transnistria. La leadership moldava, pienamente sostenuta dalla Romania (cioè dalla NATO) non fa mistero di volerla recuperare, ma lì ci sono non soltanto gli abitanti della Transnistria ma 200.000 cittadini russi. Se si prospettasse un nuovo Donbas al confine della NATO la Russia dovrebbe intervenire, ma per intervenire da quella parte torniamo ai punti 2 e 3: operazione militare su larga scala, quindi con grandi perdite, e distruzione delle "russe" Cherson e Odessa. La scommessa di attendere è al momento quella che la Russia ha scelto, per fortuna di tutti: perché se alla fine si rivelasse una scommessa sbagliata le conseguenze non sarebbero la pace ma un inasprimento del conflitto a livelli finora inimmaginabili.
Forwarded from Giubbe Rosse
This media is not supported in your browser
VIEW IN TELEGRAM
🇧🇪🇳🇱 Gli agricoltori belgi e olandesi bloccano tre autostrade al confine tra Paesi Bassi e Belgio. Denunciano i prezzi bassi, gli accordi di libero scambio e le normative UE.

🟥 Segui Giubbe Rosse
Telegram | Web | Ultim'ora | TwitterFacebook | Instagram | Truth | Odysee
Forwarded from Giubbe Rosse
GUIDO SALERNO ALETTA: “GLI AGRICOLTORI NON DEVONO CEDERE”
Gli agricoltori difendono un modello di civiltà sotto attacco da parte di oligarchie irresponsabili. “Tutti i presupposti posti alla base di alcuni cambiamenti spacciati come indispensabili sono fasulli”. L'economista Guido Salerno Aletta intervistato da Francesco Toscano su Visione TV.

🟥 Segui Giubbe Rosse
Telegram | Web | Ultim'ora | TwitterFacebook | Instagram | Truth | Odysee