Giorgio Bianchi Photojournalist
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Notizie e analisi sull'attualità e la geopolitica.
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​​🎙 Estratti dal discorso del Presidente della Federazione Russa Vladimir Putin all'8° Forum Economico Orientale

Il Forum Economico Orientale ha riunito dirigenti d'azienda, esperti ed esponenti delle istituzioni della Federazione Russa e di decine di altri Paesi di tutto il mondo.
 
Negli ultimi anni, l'economia globale è cambiata e continua a cambiare; ciò anche per il fatto che alcuni Paesi, soprattutto occidentali, con le loro stesse mani, stanno distruggendo il sistema delle relazioni finanziarie, commerciali ed economi da loro stessi in buona parte ideato e costruito.
 
In questo contesto, si fa sempre più spazio nel mondo un’autentica cooperazione economica tra Stati che non si sottomettono a pressioni esterne e perseguono i propri interessi nazionali. La loro attività non è incentrata sul contingente opportunismo politico, bensì sulla promozione dei propri progetti nel campo dei trasporti, dell’energia, dell’industria, della finanza e nella sfera umanitaria. Sono progetti in grado di tradursi in un diretto beneficio a lungo termine per la popolazione di questi Paesi.
 
Sta nascendo un nuovo modello d'interazione e d'integrazione non più improntato ai cliché occidentali, ma rivolto a tutta l'umanità, all'intero mondo multipolare che agisce e progredisce.
 
La Russia è disposta a rafforzare i legami commerciali e la cooperazione reciproca: il potenziale di questa collaborazione può difficilmente essere sopravvalutato.
 
Il Distretto Federale dell'Estremo Oriente occupa il 40% del territorio della Federazione Russa. Qui si trova quasi la metà delle nostre foreste e delle nostre riserve auree, oltre il 70% dei pesci, dei diamanti, oltre il 30% del titanio, del rame e così via. Qui operano imprese strategiche di primaria importanza, porti marittimi e reti ferroviarie. Qui ci sono particolari vantaggi fiscali, amministrativi e doganali, si costruiscono infrastrutture, si collegano alle reti dei servizi i siti industriali.
 
Grazie al sostegno statale ai progetti dell'Estremo Oriente, sono stati siglati accordi per investimenti da oltre 7,7 trilioni di rubli, di cui 3,4 trilioni già investiti. Sono stati creati 125.000 posti di lavoro, sono state avviate circa 700 nuove imprese.
 
La crescita industriale in Estremo Oriente supera il tasso medio della Russia. In 10 anni, il fatturato delle merci dei porti marittimi dell'Estremo Oriente è aumentato di 1,6 volte, la produzione annuale di oro nell'Est del Paese è aumentata di 1,6 volte e quella di carbone di 2,8 volte.
 
In Estremo Oriente, in media, l'esplorazione del sottosuolo  in tutte le regioni è ora del 35%. Ciò suggerisce che ci sono tutte le opportunità per un’ulteriore crescita dell'industria estrattiva. Per aumentare il volume dell’esplorazione geologica, è stata adottato il progetto strategico “Geologia. Rinascita di una leggenda”.
 
A livello federale è stata lanciata una piattaforma d'investimento a cluster,  meccanismo destinato a finanziare progetti su larga scala d'importanza trasversale, soprattutto per la produzione di materiali, componenti e prodotti finiti dell’industria manifatturiera.
 
La portata dei progetti che la Russia sta realizzando in Estremo Oriente richiede che venga aggiornato in egual misura il sistema energetico di queste regioni. Allo stesso tempo, esistono condizioni davvero uniche per lo sviluppo dell’energia idroelettrica, nucleare e rinnovabile nel rispetto dell’ambiente.
 
Per sostenere le iniziative imprenditoriali e l’economia dell’Artico e dell’Estremo Oriente, grande importanza rivestono i progetti nel settore dei trasporti, che includono un'espansione delle rotte logistiche esistenti e l’apertura di nuovi corridoi per il trasporto merci.
 
L’Estremo Oriente russo dovrebbe diventare una piattaforma per le industrie della “nuova economia”, compreso lo sviluppo del turismo nei parchi nazionali del Primorye, della regione di Khabarovsk, di Yakutia, Buriazia, Kamchatka, Isole Curili e altre zone.

12 settembre 2023
Forwarded from Laura Ru (Laura Ru)
Nella mia esperienza i russi hanno una caratteristica che raramente ho riscontrato nei paesi nord-europei: quando l'aderenza rigida ad una regola crea un problema o un intralcio, la regola viene interpretata in modo "creativo" per trovare una soluzione. Insomma i russi dimostrano flessibilita' e adattabilita', doti che a mio parere denotano un alto grado di intelligenza, esattamente come i cinesi e gli italiani di un tempo. Quando mi trovo davanti dei replicanti programmati per eseguire ordini il cui senso gli sfugge o la cui logica cozza con una situazione imprevista, penso che i transumani siano ormai tra noi e non e' un pensiero rassicurante. L'ultima disavventura mi e' capitata all'aeroporto di Helsinki, a cui sono arrivata dopo un viaggio estenuante e una notte insonne. Il mio bagaglio a mano, per il quale ormai si paga extra, rientrava nelle misure stabilite ma era leggermente piu' pesante del consentito. Era stato pesato solo perche' avevo fatto il check-in al banco invece che attraverso un'interfaccia digitale. L'addetta mi chiede di pagare 50 euro in piu', cosa folle per un bagaglio di quelle dimensioni, e per trovare una soluzione le dico che avrei tolto qualche maglione dalla valigia e me lo sarei messa addosso o legato in vita. Lei risponde che se facessero tutti cosi' le regole non le rispetterebbe nessuno. Cercando complicita' le faccio notare che io peso molto meno della media e quindi c'e' margine per un minimo di flessibilita' sul bagaglio. Lei per tutta risposta mi fulmina con lo sguardo, probabilmente ho toccato un tasto troppo sensibile nell'epoca in cui il fat shaming e' praticamente un crimine. Emette la carta d'imbarco mentre io davanti a lei apro la valigia e tolgo alcuni indumenti. Pensando che la cosa sia finita li', mi rilasso per un paio d'ore prima della partenza. Ma al momento di imbarcarmi sul volo appare una luce rossa al varco su cui ho strisciato il mio documento di viaggio, il tornello resta chiuso. Arriva un'altra addetta che mi informa che mi e' stato vietato salire sull'aereo perche' non ho pagato il biglietto per il bagaglio eccessivo. Le spiego che deve esserci un errore, visto che la valigina che porto e' decisamente piu' leggera di quando ho fatto il check-in e che la sua collega ha volutamente ignorato il fatto che l'ho mezza svuotata. Le mostro gli strati che ho addosso sotto il piumino, ma niente. Lei dice che fa fede la carta d'imbarco e quella contiene un codice che mi impedisce di imbarcarmi. Io rifiuto di muovermi dal varco, nel frattempo la coda dietro di me cresce e appare chiaro che l'aereo subira' un ritardo a causa di questa disputa assurda. Per spostarmi pretendo che qualcuno porti una pesa se non crede alla mie parole. Arriva il superiore e mi dice di calmarmi, quando in realta' sono calmissima e sto solo cercando di chiarire un equivoco. Anche lui si appella a fantomatiche regole. Gli chiedo se esiste una regola che impedisce a un passeggero di mettersi tre strati addosso. Non sa cosa rispondere. Dopo piu' di un quarto d'ora arriva la pesa e dimostra senza ombra di dubbio che la valigia non eccede il peso massimo di 8 chili. Finalmente mi fanno passare ma la cosa piu' inquietante e' che tutti gli addetti recitano come droni la formuletta "Saremo felici di servirLa ancora in futuro. Buon viaggio con FinAir". Avrei voluto chiedergli se era sarcasmo, ma dubito che avrebbero compreso. In compenso la mancanza di flessibilita' ha causato ritardo al volo, danno maggiore di qualche grammo in piu', e il vestiario che ho spostato dalla valigia alla mia persona mi ha solo fatto sudare e non ha certo cambiato il peso totale. @LauraRuHK
🇮🇹 ITALIA: LA CRISI NERA DEI GIORNALI

Sono usciti i nuovi dati delle vendite dei giornali in edicola. Rispetto ad un anno fa, il crollo è evidente.
Forwarded from Piccolenote
🟢🇺🇦IN VIOLAZIONE DELLA CONVENZIONE DI GINEVRA

Al di là che i giornalisti, anche quelli embedded quindi votati decisamente alla propaganda (propria sia dei cronisti di guerra russi che occidentali), ricadono sotto la protezione della Convenzione di Ginevra, esplicitamente violata dalla stralunata signora, il video in questione si colloca decisamente nell’ambito più ristretto del terrorismo.

Dichiarazioni simili pronunciate da una figura istituzionale quale il portavoce ufficiale dell’esercito dà la misura della deriva di cui è preda la leadership ucraina...🇺🇦🟢

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Clamoroso.
Prima il dottor Fernando Lunedì rilascia un'intervista nella quale ritratta quanto detto durante il tgr Lazio rispetto all'incidenza del vaccino nel long covid.
Adesso la Rai ha rimosso la pagina dalla quale nel primo pomeriggio avevamo estrapolato il video.
Visto che addirittura Zelensky ha sentito la necessità di ringraziare "la 3a brigata d'assalto, tutte le forze coinvolte, il quartier generale, il comandante generale Syrskyi" per Andriivka, così, per contestualizzare, questa è Andriivka: nella quale, come comunicato da Alexander Borodin, il portavoce della 3a brigata d'assalto, le forze ucraine ovviamente non hanno messo piede perché non esiste più, che è il motivo per cui le truppe russe se ne sono andate.
Far delle cose per rendersi più gradevoli, interessanti, attraenti agli occhi delle persone che ci interessano è un elemento di civiltà assoluta, pensiamo alla storia della moda, del trucco, dei monili, risaliamo alla notte dei tempi. Quest'idea del chi se ne frega, è uno sbattimento, devo piacere/rendere conto solo a me stesso/a, tipica della nostra (in)civiltà post-moderna, è semplicemente orrenda. Se voglio piacere a una donna, il curarmi di me stesso, per essere gradito, non è un sacrificio, ma un piacere. Si vorrebbero spazzar via secoli di storia della bellezza, della seduzione in nome di una malintesa idea di libertà che alla fine, stringi stringi, è solo egoismo, solitudine, gusto per l'orrido, squallida sciatteria. Perché questa deriva tanto insistita e propagandata come modello dai media mainstream? Semplicemente perché per il modello capitalistico attuale le unioni sentimentali sono, per varie ragioni, un fastidio, un intralcio, qualcosa da scoraggiare.

Alberto Scotti.

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Troppo carina...

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I valori dell’Occidente: colonialismo e ipocrisia
DI FRANCESCOMARIA TEDESCO

La guerra russo-ucraina ha contribuito a rinfocolare il mai sopito dibattito sul rapporto tra l’Occidente e gli altri. Giorgia Meloni, in un colloquio telefonico dell’ottobre scorso con Jens Stoltenberg, aveva affermato che “l’Alleanza Atlantica è indispensabile per difendere la sicurezza e i valori comuni che caratterizzano l’identità occidentale”. Temi non nuovi, che hanno avuto grande riscontro all’epoca della lotta al terrorismo, quando si sosteneva la primazia di quei valori rispetto a quelli di altre culture, e che occorreva essere conseguenti: se la democrazia e i diritti come pensati in Occidente sono superiori, allora è doveroso diffonderli (esportarli) con ogni mezzo, missili sui civili compresi.

Eravamo nel “momento unipolare” di strapotere imperiale statunitense. Già allora la più avveduta teoria aveva da tempo messo in guardia dal parlare di un Occidente indistinto sia sul piano politico sia su quello culturale: antropologi, sociologi, filosofi, diffidavano dall’usare acriticamente l’idea di “valori” o di “identità” occidentali. Naturalmente sapevano che essi sarebbero stati usati per supportare ideologicamente l’antico vizio imperialistico e colonizzatore dell’Europa e degli Stati Uniti. Ed è per quel motivo che riprese vita, di contro, quel filone del pensiero critico che da destra e da sinistra, denunciava l’infondatezza di quelle pretese di superiorità snocciolando i crimini della storia occidentale e invocando la necessità di un mondo multipolare. Quella pretesa superiorità veniva decostruita, lasciando non poche macerie.

Ora che è in corso di ripubblicazione il lavoro di un grande scrutatore dello spirito occidentale, quell’Ernesto de Martino di cui Einaudi rimanda in stampa da ultimo La terra del rimorso, su Avvenire di fine agosto Franco Cardini, uno di quegli abili decostruttori (da destra), ha chiamato a testimone l’antropologo napoletano accomunandolo a un altro grande studioso, Lévi-Strauss, nella “coscienza di una cultura occidentale moderna dotata d’una capacità violentissima di distruzione di qualunque altra civiltà e di un’immensa superbia che per circa quattro secoli l’ha autorizzata non solo a cancellare, ma anche a condannare come “false”, “arcaiche”, “illusorie”, “superate” tutte le altre civiltà che l’avevano preceduta”: L’Occidente che si sente nel vero deve essere “provincializzato”. Non si può che concordare.

Eppure quella critica all’Occidente ha due vie d’uscita: essa può riprendere la via dei grandi reazionari anti-moderni (da destra) o dei maestri del sospetto (da sinistra) e denunciare la contraddittorietà e l’ipocrisia dei suoi assunti principali (democrazia, progresso, diritti), inficiati tra l’altro dai loro peccati originali (l’essersi originati convivendo bellamente con l’oppressione, lo schiavismo, il colonialismo). Con il risultato, in entrambi i casi, di rifiutare il progetto illuministico moderno perché ritenuto “falso”, “ipocrita”, e con l’abbraccio a forme di irrazionalismo spiritualistico e/o decisionistico.

Tuttavia c’è l’altro modo: la critica dell’Occidente per mezzo dello strumentario critico occidentale, ovvero l’idea che l’Occidente stesso, conscio di quei limiti, non rinuncia alla costruzione del grande progetto moderno (democrazia, progresso, diritti), pur sapendo di che lagrime esso grondi, e di che sangue. Anzi, quei principi vengono “presi sul serio” e rovesciati contro l’Occidente stesso. Contro le ipocrite carte rivoluzionarie che parlavano di umanità chiudendo gli occhi sulle forme del dominio del diverso, non il motto di Carl Schmitt (che cita Proudhon) “chi dice umanità mente”, ma la vernacolarizzazione di quelle idee, la loro fusione dialettica con il punto di vista dell’altro. In fondo, fu ciò che fecero Olympe de Gouges per il femminismo o Toussaint Louverture per gli schiavi haitiani. Ed è quello che bisogna fare a partire proprio da De Martino, pur criticandolo.

Segue...
Egli infatti sosteneva una forma di etnocentrismo critico: l’essere, noi occidentali, situati e incapaci di un punto di vista disincarnato, astratto (il “punto di vista di Dio”), suggerendo un impiego non dogmatico delle categorie occidentali. De Martino con ciò pretendeva di rimettere criticamente al centro l’egemonia occidentale, ma noi possiamo oggi declinare quell’insegnamento nel senso di pensare che in fondo il progetto moderno di emancipazione va criticato, ma non liquidato. Che occorre pensare al mondo plurale, e che è proprio questo il miglior insegnamento di un Occidente critico verso se stesso e verso le sue pretese di superiorità.

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Forwarded from la fionda📕
Il Digital services act. Addio articolo 21 della Costituzione?
Carlo Magnani

Il 25 agosto è entrato in vigore il Digital Services Act, per ora per le piattaforme online più grandi (quelle con più di 45 milioni di utenti), sino a che sarà applicabile a tutti gli operatori di servizi online a partire dal 17 febbraio 2024. I soggetti interessati sono tutti gli intermediari online, i… Continua... 👇
https://www.lafionda.org/2023/09/16/il-digital-services-act-addio-articolo-21-della-costituzione/

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Forwarded from Piccolenote
🚨THE NEW YORK TIMES: SOSTENERE L'UCRAINA...SI,MA...

nel frattempo
Gli ATACMS, la via per la Terza guerra mondiale

[l'annuncio deglla fornitura ATACMS all'Ucraina]... oscurerebbe il fallimento della controffensiva ucraina, rilanciando le sue possibilità di una vittoria sui russi – impossibile – a una nuova controffensiva primaverile, con la vittoria assicurata dalle nuove armi magiche (lo si diceva anche per i javelin, gli HIMARS, i Leopard etc)...🚨

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Mettere l'inflazione sotto il tappeto grazie ad un semplice gioco di prestigio.

Ottima iniziativa di Carrefour che andrebbe introdotta per legge anche in Italia.

Eric Packer.

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Forwarded from Martina Pastorelli
A sinistra il video, prontamente rimosso, del medico che al TGR dice: “Il LongCovid va associato al vaccino che il paziente ha avuto: tipo e frequenza di dosi. Sicuramente in un paziente vaccinato ha una pertinenza maggiore che in un non vaccinato.”

A destra l’abiura dello stesso, prontamente diffusa, in riparazione.

Dopo tre anni (e tutto quello che è successo) siamo ancora a questo punto…
Financial Times: Ormai è fallita la controffensiva
Di S. Provenzani.

Lo riconosce anche il Financial Times: la controffensiva ucraina non ha ottenuto i risultati sperati di Kiev e dai suoi alleati in Occidente. Il quotidiano se ne occupa in un lungo approfondimento in prima pagina, “Le dure lezioni dell’offensiva estiva”: cita lo stesso presidente Zelensky che lo scorso fine settimana, in una conferenza a Kiev, ha dovuto riconoscere la crisi. “Sì, le persone tendono a volere risultati immediatamente. È comprensibile, ma non siamo in un film in cui tutto accade in un’ora e mezza”. Insomma, chiosa il giornale, “l’idea che le forze ucraine, prive di copertura aerea, avrebbero sfondato le linee russe è sempre stata più una trama da film hollywoodiano che una realtà”.

Kiev, e Washington, si devono preparare a una guerra prolungata e di attrito, senza grandi possibilità di sfondamento del fronte russo, mentre “alcuni funzionari delle capitali occidentali rimpiangono che Kiev non abbia sfruttato l’opportunità offerta dai depositi di armi occidentali e dal possibile sostegno politico di alto livello”. Mentre gli ucraini rispondono che “le forze americane stesse non hanno mai condotto operazioni su campi di battaglia come quello dell’Ucraina, senza superiorità aerea, contro un esercito delle dimensioni e della qualità di quello russo e contro alcune delle sue tecnologie militari più avanzate”. Poi c’è il fattore tempo, in mesi e clima: gli americani sostengono ci siano solo da uno a sei mesi prima che le piogge rendano il terreno di battaglia impraticabile, irritando gli ucraini che conoscono il territorio e sostengono che il fronte meridionale, quello da sfondare, è relativamente asciutto anche in inverno. Frizioni sulla strategia adottata, e quella da adottare. Che passa, inutile girarci intorno, dalla disponibilità di risorse. Cioè dal livello e dalla durata del supporto occidentale, imprescindibile anche ora che Kiev, consapevole del rischio di saturazione, fa di tutto per auto-produrre il necessario. Lo scenario realistico ora è una guerra di logoramento, anche per limitare le perdite umane: indebolire le postazioni e le linee di rifornimento russe con attacchi di artiglieria e incursioni di droni, e poi avanzare con assalti di unità agili di fanteria. Strategia di buon senso, date le circostanze, ma che non può portare al crollo dell’armata russa: se è così, quanto può durare?

In un rapporto sulla controffensiva citato dal Financial Times, gli analisti militari Michael Kofman e Rob Lee scrivono che “è imperativo che l’Ucraina tragga lezioni dalla sua controffensiva in modo da poter continuare a respingere le forze russe lungo una linea del fronte di 1.000 km, probabilmente ben oltre il prossimo anno”. Ma sostengono anche che “gli alleati di Kiev devono riconoscere le carenze nella formazione e nell’equipaggiamento delle forze ucraine che hanno contribuito al progresso deludente”. Kiev e Washington dissentono anche: sulla formazione delle truppe ucraine da parte degli specialisti alleati, che gli ucraini accusano di mandarli a morire con consigli scollegati dalla realtà del territorio; sulla pianificazione della linea di comando; sulla distribuzione delle truppe migliori, che Kiev, contro il parere Usa, negli ultimi mesi ha sacrificato sul fronte nord-orientale invece di concentrarle nel tentativo per ora fallito di sfondamento a sud. Tutto mentre il campo russo fra progressi: pur molto gerarchico, meno reattivo e minato da corruzione e pressioni politiche, l’esercito di Mosca si sta adattando e ha il tempo dalla sua parte, visti i numeri del reclutamento e il fatto che un eventuale dissenso politico verrebbe comunque represso prima di portare a un cambio di regime.

Intanto un po’ a sorpresa ieri Vladimir Putin ha affermato: “La Russia non ha mai rifiutato negoziati sull’Ucraina, se la controparte li vuole, che lo dica”. E ancora: “Il tango è una bella danza, ma gli ucraini non devono dimenticare come si balla l’hopak. Altrimenti balleranno sulla musica degli altri. E gli americani non sanno ballare il tango”.
Grande Petra, la donna dai mille talenti.

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