Giorgio Bianchi Photojournalist
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IL GUARDIAN LANCIA IL GRIDO DI GUERRA: IN UCRAINA DEVE INTERVENIRE LA NATO
Stralcio dell'editoriale a firma di Simon Tisdall

È importante evitare divisioni sull'adesione dell'Ucraina (e della Svezia). Infinitamente più importante è che tutti i paesi della NATO comprendano pienamente le più ampie conseguenze di un eventuale fallimento ucraino nel respingere l'aggressione russa.
Se ciò accadesse, l'Europa orientale e centrale, la regione nordica e i Balcani sarebbero destabilizzati. La NATO sarebbe costretta su un piede di guerra permanente. Il diritto internazionale verrebbe stracciato. Si creerebbe un precedente per la Cina rispetto a Taiwan.
L'Ucraina sarebbe effettivamente divisa. E un Putin gongolante e la sua banda, sfuggendo alla giustizia, sarebbero liberi di rifare tutto, lì o da qualche altra parte. Quindi niente più condizioni, cavilli e avvertimenti intelligenti, per favore. La NATO deve scatenare il suo considerevole potere per assicurare la vittoria ucraina. (Fonte: The Guardian)

Sono pronti alla guerra termonucleare, portando con sé milioni di persone, pur di difendere la loro ideologia. E, soprattutto, il loro stipendio.

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🇩🇪 STEINMEIER: BOMBE A GRAPPOLO, "NON INTRALCIARE GLI USA"

Nell'intervista estiva alla Zweites Deutsches Fernsehen, il presidente federale tedesco Frank-Walter Steinmeier ha difeso la fornitura di bombe a grappolo all'Ucraina da parte degli Stati Uniti. Sebbene questo tipo di munizioni in Germania sia ancora vietato dal governo federale, secondo Steinmeier "nella situazione attuale non si può ostacolare gli Stati Uniti". (Fonte: ZDF)

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IN UN'INTERVISTA SUI MEDIA TURCHI, IL COMANDANTE VOLYN DELL'AZOV RIVELA CHE LA RESA DEL REGGIMENTO AZOV AD AZOVSTAL LO SCORSO ANNO ERA STATA CONCORDATA TRA USA E RUSSIA IN CAMBIO DEL RITIRO DI "DIVERSI UFFICIALI STATUNITENSI DI ALTO RANGO" DALLA STRUTTURA. (Fonte: Colonelcassad)

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L'ultima dei nostri "liberali da cortile" (abbiamo letto tutti Malcom X, no?) alla David Carretta è che le munizioni a grappolo verranno utilizzate, come ha scritto il Ministro della Difesa ucraino (https://twitter.com/oleksiireznikov/status/1677410470108471298?fbclid=IwAR0TBFF1VldwptSIhWDwH1hjj53dQLh7rA5GthEei8Qb-JJZDnwUsDNoG1s), solo per sminare il terreno e sulle trincee occupate dai russi, mai e poi mai in altri luoghi. Chiunque abbia anche una minima idea di come funzionano, invece, sa che non è per questo che vengono impiegate, perché in queste circostanze non sono minimamente efficaci; efficaci lo sono in campo aperto, nelle retrovie, nei depositi eccetera, tutta roba che si trova lontana dalla prima linea e in aree dove la presenza di civili è maggiore. Né sono armi che servono come appoggio a una controffensiva, perché la presenza di munizionamento inesploso (parliamo, lo ricordo, del 14% o più) sparso su un'area piuttosto grande costituisce un pericolo per gli attaccanti, più che per i difensori che a quel punto o sono morti o si sono ritirati. Quindi no, non è quello il motivo, non è che le nostre cluster bombs sono buone e usate a fin di bene mentre quelle russe sono cattive e usate per far male ai civili. È che non abbiamo altro da mandare, e anche di quelle gli manderemo le più vecchie e inefficaci.
Nel mondo ci sono due estremi: l'Occidente, in cui lo stato sono le big corp; la Cina, dove lo stato è lo stato e dove sfidarlo nella sua identità politica può costare, come nel caso di Jack Ma Vs Xi Jinping, 850 miliardi di dollari di perdita di market value (Alibaba+Ant).

Eric Packer.

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Il presidente polacco Andrzej Duda e Zelensky arrivano a Lutsk, in Ucraina, per una visita senza preavviso per commemorare le vittime del massacro di Volinia. 100.000 polacchi furono uccisi dall'esercito ribelle ucraino. Il massacro culminò nel luglio 1943.

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AUTO ELETTRICHE: IN OLANDA IL 57% DEI CLIENTI TORNERÀ AL MOTORE TERMICO
Le auto elettriche faticano ad entrare nel cuore della gente. Non solo in Italia. Anche nel resto d’Europa la scintilla non scocca, fatta salva qualche piccola eccezione. Una ricerca condotta da VZR (e citata da Auto Week) mostra come un quarto degli attuali conducenti di vetture alla spina punterà sull’ibrido al momento della sostituzione del veicolo personale. Un altro quarto (24%) tornerà ai mezzi a benzina, mentre l’8% si orienterà addirittura sul diesel.
Ciò significa che “solo” il 43% degli automobilisti attualmente “green” sceglierà di nuovo un veicolo elettrico. Pare evidente l’incapacità della propulsione full-electric di convincere la gente, almeno nella dimensione maggioritaria, anche fra quanti hanno già dato fiducia a questo tipo di alimentazione.
Bisogna dire che pure le motivazioni economiche hanno avuto, probabilmente, il loro impatto sull’esito dell’inchiesta. In Olanda, infatti, i benefici fiscali relativi agli EV verranno gradualmente ridotti, fino a sparire del tutto nel 2026. A pesare sulla disaffezione ci hanno pensato anche la minore flessibilità, l’ansia da ricarica (nonostante l’incremento delle colonnine) e i tempi di rifornimento energetico delle vetture elettriche, specie per chi vuole affrontare lunghi viaggi. (Notizie auto, 9 luglio 2023)

Un'altra follia avviata verso la sua fatale conclusione: il disastro.

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PENNE ATLANTICHE
Su Basile prove di censura: gli ex colleghi la difendono
L’ASSALTO SUI SOCIAL - Continuano gli attacchi all’ex ambasciatrice che scrive per il Fatto. A prendere le sue parti Bradanini, Cassini e anche Bobo Craxi
DI FRANCESCO SANDRI

Sono giorni che si susseguono attacchi nei suoi confronti. Da quando Elena Basile – ex ambasciatrice italiana in Svezia e in Belgio, ufficialmente in pensione dal 1º giugno scorso – ha rivelato che c’era il suo nome dietro allo pseudonimo “Ipazia”, si sono aperte le gabbie dei leoni da tastiera.

Basile-Ipazia ha scritto diversi articoli per il Fatto nel corso di una collaborazione iniziata nell’aprile del 2023, mesi dopo aver consegnato la lettera delle sue dimissioni alla Farnesina. Articoli che, essendo critici sulla linea guerrafondaia dettata da Washington e dai suoi alleati, sono stati subito censurati e bollati come “filorussi”. Ora che è stata rivelata la vera identità di Ipazia, l’attenzione, le speculazioni e gli insulti vengono rivolti direttamente all’ex diplomatica.

Tra i primi cinguettii che gridano al tradimento, quello di Marco Taradash (ex parlamentare radicale, eletto nelle liste del centrodestra), che su Twitter ha scritto: “L’ex ambasciatrice dell’Italia in Svezia e in Belgio ci illustra il perfetto lavorio dei servizi russi sui nostri diplomatici all’estero”, come se qualunque persona dotata di pensiero critico dovesse per forza essere vittima di plagio da parte di qualche 007. Sempre su Twitter, un post di Gianni Vernetti (ex sottosegretario agli Esteri) afferma che Basile “scrive un articolo squinternato contro l’Ucraina e la Nato, promuovendo la più sciatta narrativa russa sul conflitto. La lista degli amici del regime criminale russo si allunga”. Al coro si aggiunge anche David Carretta (corrispondente da Bruxelles per Radio Radicale e collaboratore del Foglio) che rincara la dose: “Diplomatica, ministro plenipotenziario, già ambasciatrice in Svezia e in Belgio, ammette di aver scritto sotto pseudonimo articoli di disinformazione e propaganda pro russa. Firmati Ipazia. Sul Fatto Quotidiano. Tutto bene alla Farnesina? E i servizi che dicono?”. A questa lista di attacchi contro un’ex diplomatica dello Stato si aggiungono quello di Enrico Borghi, senatore di Italia Viva, che twitta: “Inutile girarci attorno: il fatto che un alto funzionario statale, ganglio della nostra politica estera in vari Paesi-chiave, sotto pseudonimo abbia attaccato apertamente il nostro Paese, il suo posizionamento e la sua politica è grave. Perché ha disinformato. Come vuole Mosca”. Oltre all’accusa, Borghi è passato all’azione, presentando pochi giorni fa un’interrogazione parlamentare sulla vicenda. E poi articoli polemici del Foglio, del Riformista, della Verità.

I cinguettii contro Basile vogliono essere un chiaro segnale al mondo diplomatico e, più in generale, a chiunque osi sfidare le narrazioni dominanti: “Dovete autocensurarvi”. In una democrazia sana la diversità di opinioni è considerata un pregio, e la possibilità di esprimerli un diritto sacrosanto. Non in Italia, a quanto pare. Chi espone una visione diversa diventa subito vittima di linciaggio mediatico. Chi insinua che la pace sia preferibile ai bombardamenti viene visto come agente straniero. Se questo fosse vero, sarebbero tali anche i settori della società civile e della diplomazia italiana che il 7 luglio hanno rivolto ai parlamentari un appello a promuovere un cessate il fuoco e una risoluzione diplomatica del conflitto in corso in Ucraina. Ma anche questa è un’ipotesi ridicola. La libertà di esprimere la propria opinione, anche e soprattutto quando questa indica la strada del dialogo invece di quella delle munizioni calibro 155 mm, dovrebbe essere la normalità.

Per fortuna c’è ancora chi la pensa così. Su Twitter, Bobo Craxi (ex sottosegretario agli Esteri) commenta: “Non capisco l’accanimento contro una valorosa ex diplomatica @ElenaBasileIT che ha usato sulla crisi ucraina argomenti confutabili ma senza il piglio demagogico e strampalato di altri. Si tratta di qualche articolo.

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Non vorrei che fosse tornato il maccartismo”. A prendere le difese della Basile è anche Alberto Bradanini, già ambasciatore italiano in Iran e in Cina.

Interpellato dal Fatto, Bradanini riprende le affermazioni contenute in una sua intervista rilasciata all’Antidiplomatico e secondo lui l’ex ambasciatrice è stata “messa alla gogna solo per aver trovato il coraggio di esprimere un pensiero critico e argomentato sul conflitto in corso”. Riguardo all’interrogazione parlamentare presentata da Borghi, Bradanini continua affermando che “si può arguire che essa serve da monito e per definire un possibile giro di vite, affinché in analoghe circostanze i diplomatici si tengano lontani dalla tentazione di esprimere un pensiero critico. Il nemico, dunque, non è la guerra, la sopraffazione, le ingiustizie nel mondo, no, il nemico è il libero pensiero”.

Tra i firmatari dell’appello presentato due giorni fa ai parlamentari, figura anche Giuseppe Cassini, che non ritiene degne di nota le polemiche sulla Basile, limitandosi a commentare che l’accusa di coinvolgimento dei servizi segreti russi è “una cretinata”.

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IL CONFLITTO
“Ecco perchè gli Usa devono lasciare Kiev fuori dalla Nato”
“FOREIGN AFFAIRS” - Sulla prestigiosa rivista americana, un’analisi impietosa sui rischi dell’inclusione dell’Ucraina nell’Alleanza atlantica
DI SALVATORE CANNAVÒ

Sulla rivista statunitense Foreign Affairs Justin Logan, direttore degli studi di difesa e politica estera presso il Cato Institute e Joshua Shinfrinson, professore Associato presso la School of Public Policy dell’Università del Maryland, pubblicano un articolo molto netto e dal titolo inequivocabile: non fate entrare l’Ucraina nella Nato. Non è la prima volta che la prestigiosa rivista Usa immetta nella discussione tesi alternative a quelle dominanti e mai una volta i suoi autori sono stati accusati di putinismo o di essere addirittura pagati dai servizi segreti russi, come accade a diversi professori, giornalisti e anche ex diplomatici qui in Italia. La tesi di Logan e Shifrinsonè semplice: se l’Ucraina entra nella Nato i costi supereranno i benefici con conseguenze pesanti per i paesi occidentali.

“Adesione alla NATO, sostengono, comprende un impegno da parte degli alleati a combattere e morire l’uno per l’altro”. Non è un caso, infatti, se durante la Guerra fredda sia stato evitato di espandere l’alleanza “a stati che rischiavano a breve termine di essere attaccati”. Non solo, i leader della Nato hanno anche capito da tempo che “ammettere l’Ucraina comporta una possibilità molto reale di guerra (compresa la guerra nucleare) con la Russia”.

Da qui la tesi netta: “L’Ucraina non dovrebbe essere accolta nella Nato, e questo è qualcosa che il presidente degli Stati Uniti Joe Biden dovrebbe chiarire”. Non si tratta di far mancare il sostegno a Kiev, “molto eroica” nella sua resistenza all’aggressione russa: “Ma alla fine gli Stati fanno ciò che è nel loro interesse. E qui, i vantaggi in termini di sicurezza per gli Stati Uniti dell’adesione dell’Ucraina impallidiscono rispetto ai rischi di portarla nell’alleanza”. L’ammissione dell’Ucraina alla NATO aumenterebbe la prospettiva di una una guerra con la Russia oppure metterebbe il mondo davanti all’ipotesi che la garanzia Nato e la sicurezza che essa garantisce non siano affidabili.

L’articolo prosegue poi cercando di cogliere quale siano i reali “interessi strategici” degli Usa: “L’amministrazione Biden, scrivono, ha sostenuto che la storia mostra che ‘quando i dittatori non pagano il prezzo della loro aggressione, provocano più caos e si impegnano in più aggressioni’. Ma la Russia ha già pagato un prezzo enorme per la sua aggressione. Mantenendo la posizione e respingendo l’esercito russo, l’Ucraina ha umiliato Putin, che solo due anni fa ha denigrato l’Ucraina come non-paese. Ci vorranno decenni perché la Russia ricostituisca le sue forze armate”. Anche le affermazioni secondo cui se Putin non viene fermato “allargherà i suoi obiettivi e attaccherà gli Stati membri della Nato” oppure che l’Ucraina vada ricompensata per il suo eroismo, “sono comprensibili ma sbagliate”.

Logan e Shifrinson contestano quanto sostenuto dal ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, proprio su Foreign Affairs, secondo cui l’Ucraina “difende l’intero fianco orientale della NATO e condivide ciò che apprende con i membri dell’alleanza”. Ma “a meno che non si arrenda alla dominazione russa – cosa che Kiev ha dimostrato di non essere incline a fare – la geografia dell’Ucraina la consegna a fare da baluardo contro la Russia indipendentemente dall’appartenenza alla NATO. Gli eventi dal febbraio 2022 mostrano che l’Ucraina non ha bisogno di essere nella NATO perché gli Stati Uniti e i suoi alleati la aiutino efficacemente a resistere all’aggressione russa”.

L’ammissione dell’Ucraina nella NATO metterebbe alla prova l’articolo 5 dello Statuto dell’Alleanza atlantica: “L’articolo 5 è chiarissimo: un attacco a uno è un attacco a tutti (…) In primo luogo, una garanzia dell’articolo 5 potrebbe trascinare gli Stati Uniti in un conflitto diretto con la Russia” con i possibili, pericolosi, risvolti nucleari.

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Si potrebbe correre anche il rischio che gli Stati Uniti disattendano tale impegno, visti i possibili costi, e “ne potrebbe derivare una vera crisi di credibilità per la Nato”.

Infine c’è il problema dei costi: “La guerra in Ucraina ha chiarito che il conflitto moderno e ad alta intensità tra forze armate convenzionali consuma quantità incredibili di risorse. Visto in questa luce, invitare l’Ucraina ad aderire alla NATO aggraverebbe il divario tra gli impegni dell’alleanza e le sue capacità”. Invitare l’Ucraina nella Nato, del resto, “potrebbe dare alla Russia un motivo per continuare la sua guerra contro l’Ucraina il più a lungo possibile” con l’effetto di “prolungare l’attuale spargimento di sangue e di rendere meno probabile qualsiasi accordo diplomatico”.

I due autori dicono di comprendere “il desiderio dell’Ucraina di aderire alla NATO” perché un paese che è “vittima di bullismo” ed è “invaso da un vicino più forte” è logico che cerchi protezione. La loro tesi, però, è rivolta agli interessi strategici degli Stati Uniti i quali, “invece di fare una promessa discutibile che pone grandi pericoli ma darebbe poco in cambio, dovrebbero accettare che è giunto il momento di chiudere la porta della Nato all’Ucraina”.

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Una delle scuole più prestigiose d'America, la Brown University, ha visto un'impennata degli orientamenti sessuali LGBTQ negli ultimi dieci anni, con quasi quattro studenti su dieci che ora si identificano come qualcosa di diverso dall'eterosessuale.

Un sondaggio del mese scorso del quotidiano dell'università della Ivy League, il Brown Daily Herald, ha rilevato che il 38% degli studenti ora si identifica come LGBTQ. Ciò si confronta con il 14% nel 2010, il primo anno da cui erano disponibili i dati.

La maggior parte dell'impennata è avvenuta negli ultimi tre anni. In effetti, quasi l'80% degli studenti si identificava ancora come eterosessuale nel 2019. Un rapporto del Washington Examiner di domenica ha suggerito che il balzo di Brown nell'identificazione LGBTQ riflette un "contagio sociale" - piuttosto che un drammatico cambiamento negli orientamenti sessuali del corpo studentesco o un improvviso aumento della fiducia nell'esprimere apertamente le identità LGBTQ.

Lisa Littman, una ricercatrice sulla disforia di genere che in precedenza era assistente professore alla Brown, ha sostenuto che alcuni giovani si identificano come transgender a causa della pressione dei pari. Uno studio dello scorso anno del Centro statunitense per lo studio della partigianeria e dell'ideologia ha rilevato che i tassi di identificazione LGBTQ vanno dal 51% al 70% in tre delle scuole private di arti liberali più elitarie d'America: i college Oberlin, Wellesley e Smith. (Fonte: RT - Tramite Laura Ruggeri)

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Forwarded from Lettera da Mosca
Il primo ministro della Cambogia ha così commentato la fornitura di bombe a frammentazione Usa all’Ucraina: « È passato mezzo secolo dai bombardamenti Usa con quelle armi. Allora non c'era modo di sminare. Ora dobbiamo compatire il popolo ucraino, mi appello agli Stati Uniti come fornitore e all'Ucraina, come destinatario di tali proiettili, a non usare queste munizioni perché le vere vittime saranno i civili ucraini ».
Forwarded from Andrea Ra Music (Andrea Ra)
Grazie a tutti per la splendida giornata di sabato organizzata in occasione della presentazione del mio Vinile "Urlo Eretico".

Abbiamo iniziato il pomeriggio alla Contempo Records con il Firma Copie e terminato al Circus rock club con un Concerto tra vecchi e nuovi amici.

Spero di tornare presto a Firenze e di incontrare chi non è potuto esserci.

Un abbraccio a tutti

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