Briciole di teologia
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Il seme è uno. I terreni vari. Il frutto che risulta dalla semina non dipendente dalla qualità del seme, ma dal terreno. Dio dona se stesso senza misura. Dio si dona nella carne di Cristo e nel Soffio dello Spirito. Ma come ci dice il Prologo di Giovanni, Gesù viene dai suoi, ma i suoi non lo accolgono. La mancanza di frutto non è dovuta alla non bontà di Dio, ma alla mancata bonifica del terreno. Lasciamo che la sua parola ci lavori il cuore, lo renda più docile, meno sassoso e meno spinoso affinché possiamo gioire della fioritura di Dio nella nostra umanità.
#pregolaParola
(Mt 13,1-9)

Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia. Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un'altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c'era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole, fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un'altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. Un'altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. Chi ha orecchi, ascolti».
L'amore introduce nella vita di Dio. Per essere più precisi, l'amore vero introduce nella vita del Dio trinitario.
A voi il nuovo video di questa settimana che parla di Dio nell'amore di coppia
#bricioledilibri
Tratto da 👉 Il gioco dell'amore
Apostolo è colui che è inviato dal Signore a favore degli altri. In poche parole, è qualcuno che deve pensare a sé il meno possibile. È questa una delle lezioni più difficili del discepolato: imparare a non essere al centro, accettare di dare priorità a Dio e agli altri. È difficilissimo, perché costitutivamente siamo predisposti a concentrarci su noi stessi, su quello che sentiamo, su quello che desideriamo, sul feedback che riceviamo. «Bere il calice» sa di amaro e di impossibile. Bere il calice sarebbe una follia se non avvenisse in un dialogo costante con lo Sposo. La mano non può stringere questo calice se non nell'abbraccio di una intensa vita con Gesù. Solo con lui «il calice» diventa il brindisi delle Nozze eterne.
#pregolaParola
(Mt 20,20-28)

Allora gli si avvicinò la madre dei figli di Zebedeo con i suoi figli e si prostrò per chiedergli qualcosa. Egli le disse: «Che cosa vuoi?». Gli rispose: «Di' che questi miei due figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno». Rispose Gesù: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io sto per bere?». Gli dicono: «Lo possiamo». Ed egli disse loro: «Il mio calice, lo berrete; però sedere alla mia destra e alla mia sinistra non sta a me concederlo: è per coloro per i quali il Padre mio lo ha preparato». Gli altri dieci, avendo sentito, si sdegnarono con i due fratelli. Ma Gesù li chiamò a sé e disse: «Voi sapete che i governanti delle nazioni dóminano su di esse e i capi le opprimono. Tra voi non sarà così; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo. Come il Figlio dell'uomo, che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».
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Gesù non si mette a spiegare astrattamente l'apparizione della zizzania. Va subito al pratico mostrando l'atteggiamento da adottare: la pazienza. Ma non la pazienza soltanto. Gesù esprime anche una speranza: c'è del bene e non bisogna rischiare di sradicarlo con l'impazienza di una giustizia immatura, perché non ha il respiro lungimirante di Dio. La storia è la palestra della pazienza e il nostro grande compito è lavorare per essere del buon frumento per Cristo.
#pregolaParola
(Mt 13,24-30)

Espose loro un'altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Ma, mentre tutti dormivano, venne il suo nemico, seminò della zizzania in mezzo al grano e se ne andò. Quando poi lo stelo crebbe e fece frutto, spuntò anche la zizzania. Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: «Signore, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene la zizzania?». Ed egli rispose loro: «Un nemico ha fatto questo!». E i servi gli dissero: «Vuoi che andiamo a raccoglierla?». «No, rispose, perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. Lasciate che l'una e l'altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece riponételo nel mio granaio»».
"La nostra coppia ha una vocazione e questa vocazione si chiama Amore. Seppur sulla strada di casa, non smettiamo di passeggiare e pregare insieme, Gesù si accosterà a noi proprio lungo la strada come ha fatto ad Emmaus e la nostra missione più bella è quella di farlo innamorare del nostro amore".
Con queste parole, Maria Marzolla ci consegna la ottava e ultima passeggiata,ringraziando tutti quelli che si sono messi in cammino.
Lui si accosta a noi, questa è la notizia più bella delle passeggiate dell'amore di coppia. Questa è una semplice ma efficace immagine del sacramento del matrimonio 💒
https://www.theologhia.com/2019/07/lui-innamorato-di-noi-ottava-passeggiata.html
La preghiera che Gesù ci insegna è stupenda. Parte in grande, concentrando lo sguardo su Dio. È così che bisogna pregare. È per questo che bisogna pregare: allargare il cuore fino a Dio. Chiedere Dio. Non a caso, la preghiera, in questa versione di Luca, è seguita dalla parabola dell'amico inopportuno che chiede tre pani. Sant'Agostino non si lascia sfuggire questo dettaglio dei "tre" pani e pensa subito alla Trinità (cf. Sermo 105/A). Meditiamo sulle rôle del grande Padre della Chiesa: «Se quel tale a chi glieli chiede non rifiuta tre pani perché è amico, e glieli dà non perché gli è amico, ma per non aver seccature, non darà forse a noi se stesso Dio, ch'è la Trinità, se lo chiederemo?». Non accontentiamoci, invochiamo lo Spirito Santo, desideriamo il Figlio, aspiriamo al Padre... Chiediamo la Trinità.
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(Lc 11,1-13)
Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite: Padre, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno; dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano, e perdona a noi i nostri peccati, anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore, e non abbandonarci alla tentazione». Poi disse loro: «Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: «Amico, prestami tre pani, perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli», e se quello dall'interno gli risponde: «Non m'importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani», vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono. Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto. Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!».
Che evoluzione spirituale ha vissuto Marta! Lei che, in un episodio precedente del vangelo di Luca, ha compiuto il gesto superficiale di rimproverare il Signore, eccola qua, maturata dalla pedagogia di Cristo, a fare una confessione che non ha nulla da invidiare a quella di Pietro che confessa Gesù quale Cristo, Figlio del Dio vivente. Marta ci insegna che coloro che il Signore rimprovera non li affossa, ma li solleva e li porta a maturazione. È toccante, poi, per concentrarci su questo vangelo, la cura con la quale il Signore conduce Marta verso l'altezza della sua confessione nei suoi confronti. Marta ci insegna che chi è schietto con il Signore, anche se becca qualche riprovero, viene comunque condotto dal Signore verso la pienezza dell'incontro con Lui.
#pregolaParola
(Gv 11,19-27)

E molti Giudei erano venuti da Marta e Maria a consolarle per il fratello. Marta dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell'ultimo giorno». Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo».
Qual è il modo errato per comprendere il vangelo di oggi? Quello di pensare che il mondo sia in bianco e nero e che i cosiddetti cattivi siano una razza a parte, facilmente riconoscibile, persone che fanno tutto male e che hanno il segno della bestia in fronte... Magari fosse così facile. La zizzania a volte si innesta nei nostri buoni propositi, nei gruppi parrocchiali, nei collegi docenti (anche di teologia), nelle iniziative più belle di carità e di pietà, tra moglie e marito... Se visiti un campo di grano, ti rendi conto che prima della maturazione, zizzania e grano si somigliano tantissimo. Così anche le opere fatte in Dio e quelle fatte per l'io e/o in cattiva coscienza possono essere confuse tra di loro. Ognuno allora esamini se stesso giacché il tempo di mietitura della propria coscienza è sempre buono.
#pregolaParola
(Mt 13,36-43)

Poi congedò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si avvicinarono per dirgli: «Spiegaci la parabola della zizzania nel campo». Ed egli rispose: «Colui che semina il buon seme è il Figlio dell'uomo. Il campo è il mondo e il seme buono sono i figli del Regno. La zizzania sono i figli del Maligno e il nemico che l'ha seminata è il diavolo. La mietitura è la fine del mondo e i mietitori sono gli angeli. Come dunque si raccoglie la zizzania e la si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. Il Figlio dell'uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti quelli che commettono iniquità e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, ascolti!
Colpisce in questo vangelo un particolare: l'uomo che trova il tesoro prima lo nasconde. C'è una segretezza e una costruzione dell'intimità, fondamentali per la maturazione della fede. Ciò vale anche per le relazioni umane. E la nostra epoca, fin troppo social, - dove tutto è cibo facile delle "storie" e degli aggiornamenti continui di stato - rischia di non permettere alle nostre relazioni di giungere alla profondità dell'incontro intimo, proprio perché si schiva quella fase del "nascondere". Eppure, la vita cristiana, come la descrive Paolo, è una vita nascosta con Dio in Cristo. È, in altri termini, lo Sposo che ci conduce nella sua intimità per renderci incandescenti del Fuoco del suo Spirito. Quando trovi il tesoro del vangelo, non lo spargere, prima di averlo nascosto un attimo nel cuore. Medita e contempla prima di voler evangelizzare.
#pregolaParola
(Mt 13,44-46
)
Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo. Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra.
Mi dispiace quando sento la storia di convertiti o di persone che hanno riscoperto la fede oppure semplicemente di persone che hanno vissuto una ordinaria maturazione nel loro rapporto con Dio, e che gettano fango sulla loro vita di prima. Mi dispiace perché non tutto del passato di una conversione è da condannare o da disprezzare. Spesso siamo qui oggi, grazie al fatto che eravamo lì ieri. Non abbiamo diritto di deridere i nostri primi passi incerti da bambini perché ora sappiamo camminare, correre e ballare il tip tap... Gesù sa valorizzare l'antico di una persona che lo segue assieme al suo nuovo, e sarebbe bello se noi adottassimo questo sguardo benedicente del Signore sul nostro passato e sulle nostre peripezie. Sarebbe bello se imparassimo a estrarre dal nostro tesoro, cose vecchie e cose nuove che convergano nel lodare il Signore che abbiamo incontrato.
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(Mt 13,47-53)

Ancora, il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Avete compreso tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì». Ed egli disse loro: «Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche». Terminate queste parabole, Gesù partì di là.
Conoscere vita, morte e miracoli di una persona non implica sempre una vera conoscenza di ciò che è celato agli occhi dei curiosi. Anzi, a volte l'apparente quiete conoscenza ostacola il vero riconoscimento. Riconoscere una persona è accompagnarla nelle fasi del dipanarsi del suo essere. È guardare il mondo con i suoi occhi e sentirlo con i suoi sentimenti. Ciò che siamo chiamati a vivere con i nostri prossimo, siamo anche chiamati a viverlo con Cristo nella fede. Paolo ci esorta: «Abbiate in voi stessi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù». È una chiamata a co-sentire con Cristo per conoscerlo veramente, per superare gli idoli che la nostra mente è tanto brava a creare. Giova in questo esercizio guardare ogni tanto a Cristo come un estraneo (vedi Emmaus) per permettergli di darci ardere il cuore e aprire i nostri occhi alla sua novità.
#pregolaParola
(Mt 13,54-58)

Venuto nella sua patria, insegnava nella loro sinagoga e la gente rimaneva stupita e diceva: «Da dove gli vengono questa sapienza e i prodigi? Non è costui il figlio del falegname? E sua madre, non si chiama Maria? E i suoi fratelli, Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? E le sue sorelle, non stanno tutte da noi? Da dove gli vengono allora tutte queste cose?». Ed era per loro motivo di scandalo. Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua». E lì, a causa della loro incredulità, non fece molti prodigi.
Chi non è schiavo della propria coscienza diventa schiavo di altri. Forse la parola schiavo usata verso la coscienza dà fastidio, ma ho preferito usare una parola forte per esprimere il contrasto. In realtà, poi, chi è obbediente alla propria coscienza è una persona libera, una persona che vive alla luce del giorno e non ha paura di nessuno perché non ha ombre. Erode ci mostra zhe puoi essere un grande re, ma se non ascolti la tua coscienza sei solo un piccolo giocattolo delle circostanze. Che il Signore ci dia di essere fedeli a quella che Newman chiama «il vicario di Cristo in noi». E che, educandola continuamente, la nostra coscienza sia l'eco della voce dell'Amato.
#pregolaParola
(Mt 14,1-12)

In quel tempo al tetrarca Erode giunse notizia della fama di Gesù. Egli disse ai suoi cortigiani: «Costui è Giovanni il Battista. È risorto dai morti e per questo ha il potere di fare prodigi!». Erode infatti aveva arrestato Giovanni e lo aveva fatto incatenare e gettare in prigione a causa di Erodìade, moglie di suo fratello Filippo. Giovanni infatti gli diceva: «Non ti è lecito tenerla con te!». Erode, benché volesse farlo morire, ebbe paura della folla perché lo considerava un profeta. Quando fu il compleanno di Erode, la figlia di Erodìade danzò in pubblico e piacque tanto a Erode che egli le promise con giuramento di darle quello che avesse chiesto. Ella, istigata da sua madre, disse: «Dammi qui, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista». Il re si rattristò, ma a motivo del giuramento e dei commensali ordinò che le venisse data e mandò a decapitare Giovanni nella prigione. La sua testa venne portata su un vassoio, fu data alla fanciulla e lei la portò a sua madre. I suoi discepoli si presentarono a prendere il cadavere, lo seppellirono e andarono a informare Gesù.
Gesù non dice che i beni della terra sono dei mali. Non contraddice la benedizione che apre il testo sacro in Genesi. Non ritira quel «vide che era cosa buona/bella». Gesù ridimensiona il peso dei beni affinché non osctacolino il Bene. La mia vita non viene da ciò che ho e dai beni che posseggo, viene dal Signore, dal bene che Egli mi vuole. È lui la mia pienezza, la mia sicurezza, il grano eucaristico nei miei granai. I beni della vita sono una cornice importante, ma il soggetto del quadro è altro. Gesù apre gli occhi a questa distinzione che ci conduce a distinguere tra mezzi e Fine. Tra ruscelli e Sorgente. Tra vivacchiare e vivere.
#pregolaParola
(Lc 12,13-21)

Uno della folla gli disse: «Maestro, di' a mio fratello che divida con me l'eredità». Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?». E disse loro: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell'abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede». Poi disse loro una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. Egli ragionava tra sé: «Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? Farò così - disse -: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!». Ma Dio gli disse: «Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?». Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio».
«Date loro voi stessi da mangiare». Una volta un'amica insegnante di religione, basandosi sulla traduzione appena citata, ha interpretato il testo come un invito rivolto da Gesù ai discepoli a dare se stessi come cibo. A onor del vero, il testo originale non permette nella sua composizione questa interpretazione e nemmeno l'attuale traduzione italiana. Eppure, al di là del testo letterale, ciò che aveva intuito la mia amica non era così lontano dall'essenza del testo. Amare è prendersi cura, è nutrire l'altro con la propria attenzione, la propria cura e la propria presenza. È, in una parola, farsi cibo. Gesù, poi, questo farsi cibo non l'ha fatto in maniera figurativa, ma in maniera reale. E questo pane spezzato, che è Gesù stesso, è dato a ognuno di noi. Quanto è folle rinunciare a nutrirsi di questo pane d'amore ogni volta che ce n'è data l'occasione!
#pregolaParola
(Mt 14,13-21)

Avendo udito questo, Gesù partì di là su una barca e si ritirò in un luogo deserto, in disparte. Ma le folle, avendolo saputo, lo seguirono a piedi dalle città. Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, sentì compassione per loro e guarì i loro malati. Sul far della sera, gli si avvicinarono i discepoli e gli dissero: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare». Ma Gesù disse loro: «Non occorre che vadano; voi stessi date loro da mangiare». Gli risposero: «Qui non abbiamo altro che cinque pani e due pesci!». Ed egli disse: «Portatemeli qui». E, dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull'erba, prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla. Tutti mangiarono a sazietà, e portarono via i pezzi avanzati: dodici ceste piene. Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini.
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La bellezza vera non è estetica, ma estatica. È la capacità di uscire da sé. Ed è bellissimo che Luca, parlando della passione di Cristo, ne parla in termini di «esodo». Il mio Dio è un Dio fuori da sé. Per amore. Cos'è la trasfigurazione? È la manifestazione, per quanto possibile nella povertà della materia, di questo amore. Gli apostoli, stando lì, capiscono veramente chi è Gesù, ma capiscono anche veramente chi sono loro. Vogliono metterci le tende. Perché è per quell'amore che sono creati. È per quella bellezza che siamo creati. Siamo creati per uscire incontro a quell'esodo.
#pregolaParola
(Lc 9,28b-36)

Circa otto giorni dopo questi discorsi, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. Mentre pregava, il suo volto cambiò d'aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elia, apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme. Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui. Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli non sapeva quello che diceva. Mentre parlava così, venne una nube e li coprì con la sua ombra. All'entrare nella nube, ebbero paura. E dalla nube uscì una voce, che diceva: «Questi è il Figlio mio, l'eletto; ascoltatelo!». Appena la voce cessò, restò Gesù solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto.
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