Briciole di teologia
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Non di rado, si inizia a servire Dio e si finisce per servire se stessi. Abbiamo la tendenza di ripiegarxi sui nostri interessi anche quando iniziamo in modo pressoché disinteressato a servire il Signore. Preghiamo Gesù affinché ci riformi e ci purifichi sempre, facendo di noi una casa di preghiera. Preghiamo affinché anche noi, come quella folla, pensiamo sempre dalle sue labbra.
#pregolaParola
(Lc 19,45-48)
Ed entrato nel tempio, si mise a scacciare quelli che vendevano, dicendo loro: «Sta scritto: La mia casa sarà casa di preghiera. Voi invece ne avete fatto un covo di ladri». Ogni giorno insegnava nel tempio. I capi dei sacerdoti e gli scribi cercavano di farlo morire e così anche i capi del popolo; ma non sapevano che cosa fare, perché tutto il popolo pendeva dalle sue labbra nell'ascoltarlo.
Solo apparentemente la questione sollevata dai sadducei è una questione sul matrimonio. In realtà in discussione è la vita eterna e il rapporto della vita attuale, con le sue scelte e con le sue relazioni, alla vita eterna. I sadducei pensano che la credenza nella vita eterna, che essi non condividono, sia pensare a una replica all'infinito della vita attuale. Non sanno che lo "spazio" e il "tempo" dell'eternità è la vita in Dio e con Dio. In questa chiave, il matrimonio nella vita eterna né viene eliminato né viene ripetuto tale quale, ma viene trasfigurato. I due che pensavano di essere il compimento l'uno dell'altro, si riconoscono e si scoprono senza veli co-pellegrini verso il volto di Dio. Allora il loro rapporto non finisce, ma trova il suo pieno orientamento. Il discorso dei sadducei non era primariamente sul matrimonio, ma, senza volerlo, ci fanno pensare al senso delle nostre scelte vocazionale. La tua scelta vocazionale è l'orientamento storico della tua eternità. Così, se la tua chiamata è nel matrimonio, nel matrimonio non è in gioco solo la tua felicità, è in gioco la tua eternità.
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(Lc 20,27-40)
Gli si avvicinarono alcuni sadducei - i quali dicono che non c'è risurrezione - e gli posero questa domanda: «Maestro, Mosè ci ha prescritto: Se muore il fratello di qualcunoche ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello. C'erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. Da ultimo morì anche la donna. La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l'hanno avuta in moglie». Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui». Dissero allora alcuni scribi: «Maestro, hai parlato bene». E non osavano più rivolgergli alcuna domanda.
La liturgia della Chiesa ci presenta un momento di sconfitta per parlare di Cristo re. Almeno, di sconfitta apparente. Il primo ladro, in fondo, si fa voce di tanti crocefissi, inchiodati dalla vita giustamente o ingiustamente. Crocefissi che gridano a Gesù: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». La sua voce fa eco a quella dei Giudei che schernivano Gesù pretendendo che scendesse dalla croce, se era il Messia... E se siamo sinceri, anche noi vogliamo un Cristo che vinca già da questa vita, che sia senza croce, senza contrasti, un Cristo che sorvoli la valle delle lacrime... Ma la regalità di Cristo si rivela, anche in questo vangelo, in un particolare non notato se non dal ladro pentito. Cristo è il giusto che vince il male non quando rinuncia alla croce. Lo vince perseverando nella sua volontà di donazione sino alla fine. Cristo non elimina la sofferenza, la riempie della sua presenza. Si fa presenza nel dolore del ladro pentito che gli dice : «Gesù, ricòrdati di me quando entrerai nel tuo regno». E Gesù gli risponde : «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».
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(Lc 23,35-43)
Il popolo stava a vedere; i capi invece lo deridevano dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l'eletto». Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell'aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c'era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei». Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L'altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». E disse: «Gesù, ricòrdati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».
Dio, per così dire, non vede le cose, ma vede solo le persone. Quando si danno solo le cose, il dono è invisibile. Il cuore donato nelle cose, le rende visibili e comprensibili a Dio. Naturalmente, questo linguaggio figurato è per dire che nel donarci in modo gradito a Dio, dobbiamo donarci come Dio si dona. Dio dona se stesso in ogni suo dono. Allora non è questione di competizione, ma di completezza di dono. Ognuno di noi si metta nelle mani del Signore e dica: eccomi Signore, io do a te tutto quello che ho. Ti do le mie due monetine: il mio pentimento per non amarti abbastanza e il mio desiderio di amarti con tutto il cuore.
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(Lc 21,1-4)
Alzàti gli occhi, vide i ricchi che gettavano le loro offerte nel tesoro del tempio. Vide anche una vedova povera, che vi gettava due monetine, e disse: «In verità vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato più di tutti. Tutti costoro, infatti, hanno gettato come offerta parte del loro superfluo. Ella invece, nella sua miseria, ha gettato tutto quello che aveva per vivere».
Cristo compie la rivelazione di Dio, la sua autocomunicazione. Lui è la "novità" di Dio che non può essere seguita o compiuta da altre novità, perché in Lui Dio si è donato totalmente, carnalmente. Se ci sono rivelazioni private successive, esse possono solo additare a quell'evento datoci in pienezza nei gesti e nelle parole di Gesù. Questa verità implica due cose importanti: la prima è che non dobbiamo lasciarci traviare da nuove rivelazioni dopo la venuta di Cristo, perché non ce ne sono; la seconda cosa è legata alla nostra esistenza personale: Dio ti ha detto tutto nella Parola Gesù Cristo, come insegna San Giovanni della Croce riecheggiando la Lettera agli ebrei, per cuj volere altre parole è vano. Le indicazioni per la tua vita, si trovano tutte in Lui. Il senso della tua vita converge in Lui. Guarda a Gesù.
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(Lc 21,5-11)
Mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, disse: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta». Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: «Sono io», e: «Il tempo è vicino». Non andate dietro a loro! Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine». Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo.
«Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita». Il Signore aspetta da noi ciò che l'umano non può dare: la stabilità, qualcosa che somiglia all'eterno. Perché ci chiede l'impossibile? Per far scattare in noi un senso di inadeguatezza? Non sa che davanti alle difficoltà e nelle tempeste, quasi tutti i nostri propositi dei tempi belli e della cosiddetta primavera dell'anima crollano? No, non per farci sentire inadeguati, ma per farci aprire al Dio dell'impossibile. Per fare spazio alla sua grazia, alla sua vita in noi. Lui che dice che il cielo e la terra passeranno, ma la sua parola non passerà. Se vogliamo perseverare, dobbiamo fare spazio alla sua parola, nell'ascolto della parola delle Scritture e nell'affidamento alla Parola fatta carne.
#pregolaParola
(Lc 21,12-19)
Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza. Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere. Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita.
Oggi ho il piacere di condividere con voi il commento di Don Renzo Bonetti.
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Ciò che risalta in questa Parola è come il Signore Gesù sia il riferimento di quanto sta accadendo: mi darete testimonianza, Io vi suggerirò, sarete odiati nel mio nome. Come a dire: il vostro vivere questo momento di prova, di sofferenza, di martirio, dirà il rapporto che avete con me. Come a dire che è nella sofferenza che sperimentiamo il legame e l’amore con il Signore Gesù.
Noi spesso lo sperimentiamo nei momenti belli, significativi, sereni nei quali ascoltiamo la sua Parola, ma è nel sacrificio, nel dolore, nel perdere che noi verifichiamo la profondità del nostro legame con il Signore Gesù. Certo, in questo perdere Lui ci darà la parola, Lui sarà con noi, ma è indispensabile
che verifichiamo fino in fondo la qualità del nostro rapporto con Gesù: se regge solo quando le cose vanno bene o se è un rapporto che ci sostiene, se è il motivo del vivere la nostra croce, la nostra sofferenza. La riprova di questo sacrificarsi, di questo “sparire” per amore, l’abbiamo nell’Eucaristia: come si è ridotto Dio pur di dire l’amore, come si presenta Gesù in quel Pane pur di dire l’amore.
#pregolaParola
(Lc 21,20-28)
Quando vedrete Gerusalemme circondata da eserciti, allora sappiate che la sua devastazione è vicina. Allora coloro che si trovano nella Giudea fuggano verso i monti, coloro che sono dentro la città se ne allontanino, e quelli che stanno in campagna non tornino in città; quelli infatti saranno giorni di vendetta, affinché tutto ciò che è stato scritto si compia. In quei giorni guai alle donne che sono incinte e a quelle che allattano, perché vi sarà grande calamità nel paese e ira contro questo popolo. Cadranno a fil di spada e saranno condotti prigionieri in tutte le nazioni; Gerusalemme sarà calpestata dai pagani finché i tempi dei pagani non siano compiuti. Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l'attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieliinfatti saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire su una nube con grande potenza e gloria. Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina».
Come attendere Gesù Cristo? Sembra una domanda scontata e facile. Eppure, ogni anno che passa, spesso ci troviamo non pronti, se non con gli addobbi esterni. John Henry Newman ci offre alcuni strumenti interessanti.
Questo video è per gli amici che hanno desiderato partecipare alla riflessione tenutasi la settimana scorsa a Roma, con l'augurio e la preghiera che il genio spirituale di Newman ci accompagni verso un Natale colmo di presenza.
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Il libro in questione è: http://bit.ly/newmansanto
Dopo un discorso intenso in un linguaggio apocalittico, Gesù torna a usare il linguaggio suo abituale, quello che parte da uno sguardo attento alla realtà intorno a sé e ai suoi interlocutori. E proprio da questo realismo, proprio da questa concretezza, Gesù impartisce una lezione attuale sugli ultimi tempi. Con la semplicità della percezione di un cambiamento che avviene a una pianta, Gesù esorta a riconoscere i segni dei tempi. E, forse, l'accenno al germogliare delle piante ci fa capire che per Gesù, più importante che sapere l'ora è dare frutto, adesso e finché non si squarcia il velo del Dolce Incontro, come si esprime San Giovanni della Croce parlando del nostro incontro defitinivo con Gesù.
#pregolaParola (Lc 21,29-33)
E disse loro una parabola: «Osservate la pianta di fico e tutti gli alberi: quando già germogliano, capite voi stessi, guardandoli, che ormai l'estate è vicina. Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che il regno di Dio è vicino. In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto avvenga. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.
Riguardo alla volontà di Dio nella nostra vita, scrive Georges Bernanos qualcosa di molto vero e profondo: «La volontà di Dio è la nostra; il prezzo della rivolta contro di Essa è la lacerazione del nostro intimo, la mostruosa dispersione di noi stessi». Detto in termini positivi: noi troviamo noi stessi veramente quando siamo nella volontà di Dio. È nella relazione con lui e nella tensione verso di lui che realizziamo i nostri aneliti più profondi. Lontano da lui, ci accontentiamo di altezze minori, di opzioni secondarie. E la vocazione degli apostoli ci manifesta questa verità in maniera semplice ma chiara. L'incontro con Gesù manifesta loro la grandezza della loro chiamata: non semplici pescatori, ma pescatori di uomini. Il loro mestiere ha fatto loro percepire una via, ma è la voce del Maestro che li ha condotti verso il mistero della loro chiamata, il centro della loro vita.
#pregolaParola (Mt 4,18-22)
Mentre camminava lungo il mare di Galilea, vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. E disse loro: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini». Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono. Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, che nella barca, insieme a Zebedeo loro padre, riparavano le loro reti, e li chiamò. Ed essi subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono
Bellissime le sfumature che attraversano tutte le letture di questa domenica. Ognuna ci parla di attesa in un modo diverso. In Isaia l'attesa è speranza che si realizza, è una processione verso la casa del Signore, l'unica che dà la parola di vita. Nel salmo è iniziativa e pellegrinaggio di gioia verso la città santa del Signore. Nella seconda lettura, l'attesa è invito a non lasciarsi ottebebrare la vista o appesantire il cuore, ma di avere il cuore vigilante e proteso a Cristo Signore. È un'attesa innamorata che si sazia già del Signore Gesù presente. E nel vangelo, infine, si esprime il senso dell'attesa con l'elemento di imprevedibilità attraverso il paragone-contrasto di un ladro che viene di notte. Tutto ci chiama a risvegliare il cuore, a vegliare, ad attendere Gesù riconoscendolo già presente, nella nostra sete di lui, nella nostra speranza, nelle nostre azioni.
#pregolaParola (Mt 24,37-44)
Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell'uomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell'arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell'uomo. Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l'altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l'altra lasciata. Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell'ora che non immaginate, viene il Figlio dell'uomo.
Mi sorprende sempre l'elogio di Gesù al centurione. Cosa ha fatto quell'uomo per meritare l'elogio e l'ammirazione del Signore? Ha applicato l'analogia delle realtà naturali alla realtà di Dio. Ha avuto, in altre parole, la perspicacia di intravedere il soprannaturale nell'esperienza naturale, lo straordinario nell'ordinario. La fede è un dono di Dio, ma è anche ciò che noi facciamo di questo dono. È un seme, e a noi l'onore e l'onere di seminarlo nel nostro cuore e di custodirne la crescita.
#pregolaParola (Mt 8,5-11)
Entrato in Cafàrnao, gli venne incontro un centurione che lo scongiurava e diceva: «Signore, il mio servo è in casa, a letto, paralizzato e soffre terribilmente». Gli disse: «Verrò e lo guarirò». Ma il centurione rispose: «Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di' soltanto una parola e il mio servo sarà guarito. Pur essendo anch'io un subalterno, ho dei soldati sotto di me e dico a uno: «Va'!», ed egli va; e a un altro: «Vieni!», ed egli viene; e al mio servo: «Fa' questo!», ed egli lo fa». Ascoltandolo, Gesù si meravigliò e disse a quelli che lo seguivano: «In verità io vi dico, in Israele non ho trovato nessuno con una fede così grande! Ora io vi dico che molti verranno dall'oriente e dall'occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli,
L'esultazione di Gesù nello Spirito si associa al dialogo che il Cristo ha con i discepoli qualche versetto prima della périscope scelta per oggi. Il Signore aveva invitato i discepoli a gioire, non per quello che fanno, ma per quello che sono. «Rallegratevi perché i vostri nomi sono scritti in Cielo». Rallegratevi perché non siete anonimi dinanzi al Padre. Il vangelo di oggi, poi, ripete con insistenza la parola Padre (cinque volte in pochissimi versetti), per dirci e ricordarci la paternità di Dio. Questa paternità è unica nei confronti di Gesù, egli ha un rapporto speciale con il Padre. È il Figlio. Ma proprio grazie a lui, noi diventiamo figli. È questo il motivo della grande gioia a cui il Signore accennava. Gesù ci chiarisce che solo i piccoli capiscono e riconoscono la sorgente di questa gioia. Per cui, se ne siamo distratti e distanti, significa che chiediamo al Signore il dono dell'infanzia spirituale.
#pregolaParola (Lc 10,21-24)
In quella stessa ora Gesù esultò di gioia nello Spirito Santo e disse: «Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio e nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo». E, rivolto ai discepoli, in disparte, disse: «Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete. Io vi dico che molti profeti e re hanno voluto vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono».
Quando non ci preoccupiamo per noi stessi e ci diamo anima e corpo al Signore, accade qualcosa di stupendo: sperimentiamo come lui stesso si occupa teneramente di noi. «Sento compassione per la folla». Sente compassione per noi, per me e per te. A volte fatichiamo a crederci, fatichiamo a liberare il cuore in un canto di fiducia. E senza sapere come sprofondiamo in una fame di gioia terribile, più grave della fame di pane. Ma basta poco, pochissimo, basta un grido, una prefhigiera sussurrata, un piccolo passo di fiducia e il Signore passa con una sua carezza. L'ha promesso lui: «Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta».
#pregolaParola (Mt 15,29-37)
Gesù si allontanò di là, giunse presso il mare di Galilea e, salito sul monte, lì si fermò. Attorno a lui si radunò molta folla, recando con sé zoppi, storpi, ciechi, sordi e molti altri malati; li deposero ai suoi piedi, ed egli li guarì, tanto che la folla era piena di stupore nel vedere i muti che parlavano, gli storpi guariti, gli zoppi che camminavano e i ciechi che vedevano. E lodava il Dio d'Israele. Allora Gesù chiamò a sé i suoi discepoli e disse: «Sento compassione per la folla. Ormai da tre giorni stanno con me e non hanno da mangiare. Non voglio rimandarli digiuni, perché non vengano meno lungo il cammino». E i discepoli gli dissero: «Come possiamo trovare in un deserto tanti pani da sfamare una folla così grande?». Gesù domandò loro: «Quanti pani avete?». Dissero: «Sette, e pochi pesciolini». Dopo aver ordinato alla folla di sedersi per terra, prese i sette pani e i pesci, rese grazie, li spezzò e li dava ai discepoli, e i discepoli alla folla. Tutti mangiarono a sazietà. Portarono via i pezzi avanzati: sette sporte piene.
Nel vangelo del cieco Bartimeo, Gesù chiede al cieco cosa desideri. In questo vangelo, ai due ciechi Gesù chiede se essi credano che lui possa guarirli. Sono due aspetti importanti nella trasformazione e nella guarigione: riconoscere il proprio bisogno e riconoscere la potenza del Signore. Ma un aspetto che stona in questo vangelo, e credo che Matteo desideri proprio farcelo vedere, è il contrasto tra ciò che Gesù raccomanda e ciò che i due fanno in seguito. A quanto pare, i due ciechi hanno recuperato la vista, mentre sono rimasti sordi nel cuore. E forse questo vangelo ci lascia con questa provocazione: la guarigione fisica non basta se l'orecchio del cuore rimane sordo, se non è spazio di risonanza dello shema'.
#pregolaParola (Mt 9,27-31)
Mentre Gesù si allontanava di là, due ciechi lo seguirono gridando: «Figlio di Davide, abbi pietà di noi!». Entrato in casa, i ciechi gli si avvicinarono e Gesù disse loro: «Credete che io possa fare questo?». Gli risposero: «Sì, o Signore!». Allora toccò loro gli occhi e disse: «Avvenga per voi secondo la vostra fede». E si aprirono loro gli occhi. Quindi Gesù li ammonì dicendo: «Badate che nessuno lo sappia!». Ma essi, appena usciti, ne diffusero la notizia in tutta quella regione.
C'è una gradualità nella missione nel vangelo di Matteo che ha molto da insegnarci. Gesù manderà più tardi i suoi discepoli ad annunciare il vangelo a tutti. In chiusura del vangelo leggiamo: «Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato». Ma Pri. A di questa missione verso tutti, c'è una missione ad intra, nella propria casa. Gesù avverte infatti: «Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani; rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d'Israele». Cosa impariamo da questo approccio? Che le nostre prime terre di missione non sono all'estero, ma sono noi stessi, il nostro casato, il nostro giro di contatti e di amici. È evangelizzando noi stessi o, meglio, accogliendo il Vangelo, che possiamo essere lievito di Cristo per gli altri. E la terra di missione è innanzitutto laddove siamo messi dalla Provvidenza.
#pregolaParola (Mt 9,35-10,1.5a.6-8)
Gesù percorreva tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni malattia e ogni infermità. Vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore. Allora disse ai suoi discepoli: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!». Chiamati a sé i suoi dodici discepoli, diede loro potere sugli spiriti impuri per scacciarli e guarire ogni malattia e ogni infermità. Questi sono i Dodici che Gesù inviò, ordinando loro: «Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani; rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d'Israele. Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date.
«... e non crediate di poter dire dentro di voi: “Abbiamo Abramo per padre!” »... La maggior parte di noi non può appellarsi alla discendenza biologica abramitica come garanzia. Ma ciò non significa che non abbiamo alibi simili. Possiamo ad esempio appellarci a un periodo in cui il nostro rapporto con il Signore andava a gonfie vele e pensare che possiamo vivere di rendita, trascurando quello che siamo oggi. Il vangelo della seconda domenica di Avvento ci ricorda che oggi è l'unico giorno possibile, l'unico che conta e che può fare la differenza per noi. «Fate dunque un frutto degno della conversione». Si tratta di un volontarismo sfrenato? Niente affatto! Tutto si fonda, infatti, sull'iniziativa di Dio. Su quell'annuncio fondamentale della prossimità del Signore: «Il regno di Dio è vicino». È vicino a te.
#pregolaParola (Mt 3,1-12)
In quei giorni venne Giovanni il Battista e predicava nel deserto della Giudea dicendo: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!». Egli infatti è colui del quale aveva parlato il profeta Isaia quando disse: Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate isuoi sentieri! E lui, Giovanni, portava un vestito di peli di cammello e una cintura di pelle attorno ai fianchi; il suo cibo erano cavallette e miele selvatico. Allora Gerusalemme, tutta la Giudea e tutta la zona lungo il Giordano accorrevano a lui e si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati. Vedendo molti farisei e sadducei venire al suo battesimo, disse loro: «Razza di vipere! Chi vi ha fatto credere di poter sfuggire all'ira imminente? Fate dunque un frutto degno della conversione, e non crediate di poter dire dentro di voi: «Abbiamo Abramo per padre!». Perché io vi dico che da queste pietre Dio può suscitare figli ad Abramo. Già la scure è posta alla radice degli alberi; perciò ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco. Io vi battezzo nell'acqua per la conversione; ma colui che viene dopo di me è più forte di me e io non sono degno di portargli i sandali; egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala e pulirà la sua aia e raccoglierà il suo frumento nel granaio, ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».
«Credo attraverso la fede dei miei amici». Se avessimo voluto introdurre questa possibilità noi stessi, saremmo forse accusati di de-responsabilità o di dare troppo peso all'amicizia. Ma è il vangelo di oggi a confermare questo tipo di credo estremo. Gesù vede «la loro fede», la fede degli amici di questo paralitico. E per la loro fede opera la guarigione. Anzi, per questa fede opera la vera guarigione, quella dal peccato. L'amicizia è uno spazio di gratuità e per questo è anche canale di grazia. Ed è bello sapere che, in alcuni momenti difficili, la fede degli amici - come la fede ecclesiale - supplisce, compensa la nostra poca fede. Teniamo stretti gli amici in Dio. Quando siamo paralizzati, bloccati, affaticati, provati, essi scoperchieranno il Cielo con la loro intercessione. E apriamoci all'opera della grazia per essere noi stessi tali amici.
#pregolaParola (Lc 5,17-26)
Un giorno stava insegnando. Sedevano là anche dei farisei e maestri della Legge, venuti da ogni villaggio della Galilea e della Giudea, e da Gerusalemme. E la potenza del Signore gli faceva operare guarigioni. Ed ecco, alcuni uomini, portando su un letto un uomo che era paralizzato, cercavano di farlo entrare e di metterlo davanti a lui. Non trovando da quale parte farlo entrare a causa della folla, salirono sul tetto e, attraverso le tegole, lo calarono con il lettuccio davanti a Gesù nel mezzo della stanza. Vedendo la loro fede, disse: «Uomo, ti sono perdonati i tuoi peccati». Gli scribi e i farisei cominciarono a discutere, dicendo: «Chi è costui che dice bestemmie? Chi può perdonare i peccati, se non Dio soltanto?». Ma Gesù, conosciuti i loro ragionamenti, rispose: «Perché pensate così nel vostro cuore? Che cosa è più facile: dire «Ti sono perdonati i tuoi peccati», oppure dire «Àlzati e cammina»? Ora, perché sappiate che il Figlio dell'uomo ha il potere sulla terra di perdonare i peccati, dico a te - disse al paralitico -: àlzati, prendi il tuo lettuccio e torna a casa tua». Subito egli si alzò davanti a loro, prese il lettuccio su cui era disteso e andò a casa sua, glorificando Dio. Tutti furono colti da stupore e davano gloria a Dio; pieni di timore dicevano: «Oggi abbiamo visto cose prodigiose».
Passi una vita a cercare Dio, senza accorgerti che è Dio che cerca te. E quando ti senti perduto, pensi di aver perso tutto, pensi di aver perso il riguardo e l'amore di Dio, ma Gesù ti dice qualcosa di molto diverso: «In verità io vi dico: se riesce a trovarla, si rallegrerà per quella più che per le novantanove che non si erano smarrite». Il vangelo è qui, nella perfezione del suo amore e non nel tuo amore da perfezionista. Il vangelo non è non perdersi, perché tutti - ci insegna Paolo - abbiamo peccato e siamo venuti meno alla gloria di Dio. Il vangelo, invece , è lasciarsi trovare. Non è un messaggio morbido. Non è un messaggio deresponsabilizzante. È un appello al realismo e a capire che il Pastore Bello è Lui e che la nostra chiamata è lasciarci trovare e diventare presenze reali che permettono agli altri di incrociare lo sguardo e la cura del Pastore.
#pregolaParola (Mt 18,12-14)
Che cosa vi pare? Se un uomo ha cento pecore e una di loro si smarrisce, non lascerà le novantanove sui monti e andrà a cercare quella che si è smarrita? In verità io vi dico: se riesce a trovarla, si rallegrerà per quella più che per le novantanove che non si erano smarrite. Così è volontà del Padre vostro che è nei cieli, che neanche uno di questi piccoli si perda.
Ristoro e giogo sembrano escludersi a vicenda. Eppure il Signore li mette insieme e fa del portare il suo giogo la traduzione e la concretizzazione del riposo. Come può essere? Il vero riposo dell'anima non è il dolce far nulla, ma è l'avvertire il senso di ciò che si sta vivendo. E il giogo di Gesù, la sua croce, apportano la certezza che un senso c'è, anche nel dolore. Nella gioia e nel dolore Cristo si è fatto presenza nelle nostre vite insegnandoci che nulla di ciò che c'è nella nostra vita è senza grazia, nemmeno le disgrazie e le croci. Se accogliamo nello Spirito questa coscienza, sperimentiamo la pace e il ristoro di Gesù.
#pregolaParola (Mt 11,28-30)
Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».