Rossella Fidanza
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Non mi ricordo neppure più da quanti anni mi dedico alla libera informazione, ho ben presente però che non è mai il momento di smettere.
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Rossella Fidanza
Joe Biden: "sono stato io a suggerire di bombardare Belgrado, sono stato io a suggerire di inviare piloti americani e far saltare in aria tutti i ponti sul Danubio" Nessuno più di lui avrebbe potuto sostenere il conflitto in Ucraina, questa è la verità. Sarà…
ALLA FINE DEGLI ANNI '90, Joe Biden continuò a promuovere una più ampia guerra degli Stati Uniti nell'ex Jugoslavia. A suo avviso, gli Stati Uniti, le Nazioni Unite e l'Europa erano rimasti a guardare e avevano permesso che in Bosnia si consumasse un genocidio. Era determinato a convincere la Casa Bianca e la NATO ad agire in modo aggressivo per affrontare quella che riteneva fosse la prossima campagna di pulizia etnica di Slobodan Milošević. Per tutto il 1998-1999, Biden ha condotto una tenace campagna per convincere l'amministrazione Clinton e i suoi colleghi del Senato a bombardare preventivamente la Serbia, sostenendo che era necessario prevenire le uccisioni e le operazioni di sfollamento contro la popolazione di etnia albanese del Kosovo. Biden ha detto che "l'obiettivo sarà quello di degradare la capacità militare di [Milošević] in modo così significativo che non sarà in grado di imporre la sua volontà sul Kosovo, come sta facendo ora".

La posizione di Belgrado è stata quella di essere impegnata nella lotta contro i ribelli terroristi, conosciuti come l'Esercito di Liberazione del Kosovo (UCK), e che le accuse erano propagandistiche e un tentativo di minare la sovranità del Paese. Quando i governi occidentali iniziarono ad accusare pubblicamente Milošević di pulizia etnica, Belgrado trovò nella Russia e nella Cina potenti alleati per evitare una guerra autorizzata dalle Nazioni Unite. Il Kosovo, all'epoca, era una provincia della Serbia e molte nazioni consideravano la situazione una questione interna ed erano riluttanti a intervenire militarmente. Il Segretario generale dell'ONU Kofi Annan era turbato da quella che riteneva una campagna pluriennale di repressione da parte del governo di Milošević contro gli albanesi del Kosovo, ma aveva avvertito che un'azione unilaterale da parte degli Stati Uniti e della NATO avrebbe costituito una violazione della Carta delle Nazioni Unite. Biden ha sempre denunciato l'ONU e si è detto irriso all'idea che gli Stati Uniti avessero bisogno della sua approvazione per agire.

A quel tempo, all'interno dell'alleanza NATO c'era un ampio consenso sul fatto che le Nazioni Unite avessero fallito in modo letale in Bosnia e fossero responsabili, in particolare, del massacro di Srebrenica. Sebbene Biden abbia regolarmente denunciato Milošević per aver preparato una guerra genocida in Kosovo, ha chiarito ancora una volta che questa non era la sua unica motivazione per richiedere un'azione militare. "Mettiamo in chiaro una cosa, mi sembra all'inizio. Non si è parlato dell'interesse degli Stati Uniti. Si parla di interessi umanitari, ma la questione supera di gran lunga l'interesse umanitario", ha dichiarato Biden nell'ottobre 1998. "Se fossi presidente, lo bombarderei, e lo dico sinceramente, e farei venire gli alleati della NATO".

Nel marzo 1999, la campagna di Biden per la guerra assunse un'aria di imminenza. "Penso che bombarderemo molto presto", ha dichiarato il 19 marzo. "Dobbiamo procedere con una campagna di bombardamenti". I legislatori statunitensi erano nettamente divisi sulla guerra, con molti repubblicani e una manciata di democratici contrari. Biden ha esortato Clinton a vendere la guerra al pubblico e a ottenere il sostegno del Congresso. Ma Biden, che si è vantato con orgoglio dei suoi precedenti sulla legge sui poteri di guerra, ha preso una posizione diversa su una guerra da lui voluta: "Probabilmente, dal punto di vista costituzionale, [Clinton] non ne ha bisogno", ha detto Biden alla vigilia degli attacchi aerei. "Ma io penso che sia costituzionalmente saggio e che sia politicamente necessario". Ha espresso la decisione di entrare in guerra in termini grandiosi. "In gioco c'è tutta la nostra politica in Europa dalla fine della Seconda Guerra Mondiale per promuovere la stabilità e la democrazia", ha detto Biden. "La credibilità della NATO è a rischio. Abbiamo avvertito più volte Milošević di fermare la sua aggressione fascista".
Rossella Fidanza
Joe Biden: "sono stato io a suggerire di bombardare Belgrado, sono stato io a suggerire di inviare piloti americani e far saltare in aria tutti i ponti sul Danubio" Nessuno più di lui avrebbe potuto sostenere il conflitto in Ucraina, questa è la verità. Sarà…
Biden, che si è orgogliosamente vantato dei suoi precedenti sulla legge sui poteri di guerra, ha preso una posizione diversa su una guerra che voleva.
Durante il dibattito al Senato sull'autorizzazione alla guerra, a Biden è stato chiesto perché si fosse opposto alla Guerra del Golfo del 1991, perché era stata fatta senza un'adeguata autorizzazione del Congresso, mentre stava minimizzando le preoccupazioni relative al desiderio di Clinton di entrare in guerra per il Kosovo. "C'è una grande differenza", ha risposto Biden. "La differenza è che si trova al centro dell'Europa, numero uno. Secondo, se l'Europa si destabilizza, siamo profondamente coinvolti in questioni che vanno ben oltre l'attuale situazione". Ha poi affermato di aver sbagliato a non sostenere la guerra in Iraq del 1991. "È emerso che aveva senso muoversi nel Golfo", ha detto Biden, "e io sostengo che ha senso agire ora nei Balcani". https://theintercept.com/empire-politician/biden-nato-bombing-serbia-montenegro/
Rossella Fidanza
Biden, che si è orgogliosamente vantato dei suoi precedenti sulla legge sui poteri di guerra, ha preso una posizione diversa su una guerra che voleva. Durante il dibattito al Senato sull'autorizzazione alla guerra, a Biden è stato chiesto perché si fosse opposto…
E' un articolo del 2019, ma spiega perfettamente il dispiego delle forze militari, Italia compresa. In Italia, già trampolino di lancio per le operazioni sulla Bosnia-Erzegovina, erano già iniziati da tempo i trasferimento di velivoli e uomini. Aviano e Gioia del Colle furono le principali basi aeree in grado di accogliere la maggior parte dei caccia dell’Alleanza Atlantica, ma anche altre basi aeree italiane furono impiegate dalla NATO. Ad Aviano erano basati 78-100 F-16C (31st FW) e CJ (23rd FS) Fighting Falcon, 40-65 F-15E Strike Eagle, 21 EA-6B Prowler e 12 F-117 Night Hawk (8th FW) degli Stati Uniti, 3 F-16A Fightning Falcon portoghesi, 12 CF-188 Hornet canadesi, che hanno lanciato il 10% delle bombe della campagna aerea, e un KC-130H Hercules e 6-12 EF-18 Hornet spagnoli i primi a colpire Belgrado nella prima notte di bombardamento. A Gioia del Colle erano presenti i Tornado ADV italiani, circa 40 A-10 Warthog americani (81st FS e 74th FS), 12 Harrier GR Mk.7 inglesi (1st Sqn e 4th Sqn) e una piccola presenza di Jaguar inglesi.

Ad Amendola furono basati F-16A olandesi e belgi insieme agli F-104 ASA-M italiani. A Grazzanise 6 F-16A danesi e 6 F-16A norvegesi, mentre a Istrana furono concentrati i caccia francesi con 6 Jaguar A, 18 Mirage 2000 e 4 Mirage F-1CT/CR supportati dai rifornitori C-135FR e dagli Awacs E-3F. A Ghedi invece si rischierarono 11 F-16 turchi, a Piacenza oltre ai Tornado italiani anche 14 Tornado ECR (Jabog 32) e da ricognizione (AKG 51) tedeschi che per la prima volta partecipavano ad un conflitto dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. A Cervia furono rischierati 24-32 F-15C americani.

A Sigonella invece confluirono molti supporti quali i pattugliatori marittimi Atlantic italiani, P-3 Orion olandesi e americani, i rifornitori KC-135 americani e i ricognitori U-2 (9th RW). Questo fu il dispositivo maggiore a disposizione della NATO che però fece affidamento anche sui Tornado della RAF basati in Germania sulla base aerea di Bruggen, di 8-20 bombardieri strategici americani B-52H (2nd BW) e 5-10 B-1B (28th BW) basati sulla RAF Fairford in Inghilterra e dei bombardieri statunitensi B-2A che partirono direttamente dalle loro basi negli USA con missioni della durata di 31 ore di volo. I B-52H sganciarono sugli obiettivi serbi il 40% del carico bellico della prima settimana di campagna aerea. A supporto delle missioni di ricognizione da Istres fu messo a disposizione un Mirage IVP che si lavorò in sinergia con gli U-2 e con un velivolo Canberra PR9 (39th Sqn) inglese.

Nel Mare Adriatico erano presenti anche 4 portaerei: la CVN-71 USS Roosevelt americana, la Foch francese, l’italiana Garibaldi e l’inglese Invincible con i rispettivi reparti aerei imbarcati con 28 F-14 Tomcat (VF-41 e VF-14), 24 F-18 Hornet (VFA-15 e VFA-87), 8 S-3B Viking, 4 EA-6B Prowler 22 Super Etendard, 4 AV-8B Harrier II+, 7 Sea Harrier FR2. In Mare Adriatico arrivarono anche due portaelicotteri americane, prima la LHA-4 Nassau e poi a sostituzione della prima la LHD-3 Kearsage con a bordo 8 AV-8B Harrier. A due mesi dall’inizio del conflitto gli Stati Uniti schierarono anche gli F-18D del Corpo dei Marines in Ungheria presso l’aeroporto militare di Taszan.

Questo dispositivo da combattimento fu supportato da diversi rifornitori americani quali 80 KC-135 e 10 KC-10, olandesi con 2 KDC-10, francesi con 3 C-135FR, italiani con 2 B-707T/T, 3 L-1011 Tristar più 3 VC-10 inglesi e un Hercules spagnolo; da svariati velivoli da guerra elettronica EC-130H Compass Call, ES-3A Viking, EP-3A Aries (da Souda Bay), RC-135 Rivet Joint, RC-12K americani e un C-160G Gabriel francese; da velivoli per il controllo radar E-3A/D AEW Mk.1/F Awacs (USA, UK, Francia), 5 E-2C Hawkeye. Per i trasporti furono impiegati i C-130H Hercules di diverse nazionalità, i G-222 italiani, i C-160 Transall francesi e tedeschi, un C.212 Aviocar spagnolo e i C-5 Galaxy, i C-141 Starlifter e i C-17 Globemaster III statunitensi. (1/2)
Rossella Fidanza
Biden, che si è orgogliosamente vantato dei suoi precedenti sulla legge sui poteri di guerra, ha preso una posizione diversa su una guerra che voleva. Durante il dibattito al Senato sull'autorizzazione alla guerra, a Biden è stato chiesto perché si fosse opposto…
Infine a questo schieramento vanno aggiunti svariati assetti elicotteristici di varie nazionalità per supporto terrestre e missioni di Combat Search and Rescue.

In particolare L’Aeronautica Militare Italiana ha operato con 24-34 Tornado ADV (8-12), IDS (10) e ECR (6-12), 12 F-104 ASA-M, 12 AMX, 2 B-707T/T che hanno effettuato 1.440 uscite e 6.555 ore di volo, mentre la Marina Militare Italiana ha operato con 4 AV-8B Harrier II+. Nel 1999 si era parlato di una o più missioni di combattimento tra MiG-29 ed F-104 e/o Tornado ADV, ma ciò non è mai stato confermato ufficialmente.

Durante la prima notte, gli Stati Uniti e la NATO effettuarono 400 missioni, tra cui 120 missioni di attacco contro 40 obiettivi. Il secondo giorno di operazioni, gli F-15 dell’US Air Force abbatterono due MiG-29 serbi, mentre un altro F-15C fece un’altra vittima tra i Mig-29 serbi il giorno successivo. I velivoli americani e della NATO affrontarono difese aeree significativamente più efficaci di quelle che avevano incontrato in Iraq, con i piloti inizialmente istruiti a rimanere sopra i 15.000 piedi per ridurre al minimo i rischi.

La campagna aerea portò i velivoli alleati a colpire obiettivi di elevato valore bellico quali aeroporti militari, centri di comando e controllo, radar e siti della difesa aerea e caserme in Serbia nella prima fase, concentramenti di mezzi corazzati e truppe, depositi di armi e carburanti in Kosovo al di sotto del 44 ° parallelo nella seconda fare e obiettivi di valore economico e sociale quali ponti, fabbriche, acquedotti, ferrovie, edifici politici, televisioni e ripetitori radio e tv di Belgrado a nord del 44 ° parallelo nella terza fase. (2/2) https://www.aviation-report.com/24-marzo-1999-venti-anni-fa-iniziava-operazione-allied-force-contro-la-serbia/
Rossella Fidanza
Infine a questo schieramento vanno aggiunti svariati assetti elicotteristici di varie nazionalità per supporto terrestre e missioni di Combat Search and Rescue. In particolare L’Aeronautica Militare Italiana ha operato con 24-34 Tornado ADV (8-12), IDS (10)…
Quello scriteriato attacco lasciò un numero indefinito di vittime. Ancora oggi, a distanza di 24 anni, si parla soltanto di stime, con cifre che variano fra i 1200 e 2500 morti, non dimenticando gli oltre 12000 feriti che l’intervento NATO causò nella prima guerra combattuta in Europa dopo i due conflitti mondiali. https://www.hrw.org/sites/default/files/reports/natbm002.pdf
Rossella Fidanza
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In Italia in carica il governo D'Alema I. Presidente del Consiglio Massimo D'Alema, Vice Presidente Sergio Mattarella (con delega ai servizi di sicurezza), Affari Esteri Lamberto Dini, Interno Rosa Russo Iervolino, Grazia e Giustizia Oliviero Diliberto, Tesoro Carlo Azeglio Ciampi, poi sostituito da Giuliano Amato (che prima era Ministro delle Riforme Costituzionali), Finanze Vincenzo Visco, Difesa Carlo Scognamiglio Pasini, Industria e Commercio Pierluigi Bersani, Commercio con l'Estero Piero Fassino, Sanità Rosy Bindi. « Al di là del numero dei morti, per intensità e potenza militare la aggressione contro la RFJ è stata la più pesante operazione militare dalla fine della II Guerra Mondiale », spiega l’ex-senatore comunista Nando Rossi in un racconto autobiografico pubblicato sul proprio blog personale.

Racconta anche un inquietante aneddoto Rossi : « D’Alema si era preventivamente dichiarato favorevole non solo all’uso delle basi italiane ma anche all’impiego dell’Esercito Italiano, per la ipotetica guerra alla Jugoslavia, se gli USA lo avessero fatto eleggere alla Presidenza del Consiglio, al posto del riottoso Prodi ». https://nandorossi.wordpress.com/2020/03/29/amarcord-la-guerra-alla-jugoslavia/?fbclid=IwAR2GKBBwndcHed-TTkonqYeGwCq0tGtznSyjBt6G04MR5fHLlAvXm1z8es8
Rossella Fidanza
In Italia in carica il governo D'Alema I. Presidente del Consiglio Massimo D'Alema, Vice Presidente Sergio Mattarella (con delega ai servizi di sicurezza), Affari Esteri Lamberto Dini, Interno Rosa Russo Iervolino, Grazia e Giustizia Oliviero Diliberto, Tesoro…
Domani, in Russia, in Europa e nel mondo, tutti coloro che conoscono la storia, la ricordano e ne traggono le giuste conclusioni ricorderanno una data tragica: il 24 marzo 1999. Quel giorno è iniziata l'aggressione della NATO, che ha portato molto dolore e sofferenza al popolo serbo e all'alleanza stessa l'onta indelebile dei crimini di guerra.

Gli Stati Uniti e i loro alleati hanno sottoposto la sovrana Jugoslavia a barbari bombardamenti. Con la cinica scusa dell'"intervento umanitario", gli aerei e le forze navali della NATO hanno bombardato le città civili per 78 giorni. Sono stati lanciati più di duemila missili e 14.000 bombe e altre munizioni, comprese quelle contenenti uranio impoverito, lo stesso materiale che la Gran Bretagna considera la sua pratica standard. Le cosiddette "forze di pace" occidentali non hanno risparmiato nessuno; hanno ucciso più di duemila civili.

<...>

Ironia della sorte, le reali conseguenze del massacro della Repubblica Federale di Jugoslavia per la sicurezza europea e mondiale non sono ancora state riconosciute in Occidente. Essi credono fermamente (o forse fanno solo finta) di difendere i valori della libertà, di combattere per la democrazia. In realtà, il fondamento giuridico internazionale dell'ordine postbellico stabilito nella Carta delle Nazioni Unite è stato minato, ci sono state numerose vittime umane e devastazioni, che non hanno mai ricevuto alcuna attenzione da parte degli organi giudiziari internazionali. Nessuno è stato chiamato a rispondere di crimini evidenti.

<...>

L'immagine dell'"Occidente collettivo" come una sorta di pacificatore, di umanista, di uomo giusto è stata sepolta per sempre in Jugoslavia.

Sì, forse, come accade in questa vita, ogni errore suggerisce la possibilità del perdono. Ma c'è solo una piccola sfumatura: tra l'errore, deliberato o accidentale, e il perdono deve esserci un pentimento sincero. Finché questo pentimento non avverrà da parte dell'Occidente, e non se ne vedrà nemmeno la tendenza, non si potrà parlare di reputazione, perdono e comprensione. https://t.me/MariaVladimirovnaZakharova/5077
Rossella Fidanza
Domani, in Russia, in Europa e nel mondo, tutti coloro che conoscono la storia, la ricordano e ne traggono le giuste conclusioni ricorderanno una data tragica: il 24 marzo 1999. Quel giorno è iniziata l'aggressione della NATO, che ha portato molto dolore e…
“Il 24 marzo 1999, violando ogni legalità internazionale e ogni diritto umano, i bombardieri della NATO iniziarono i loro raid contro quella che allora si chiamava Repubblica Federale Yogoslava di Serbia e Montenegro. Il governo italiano, guidato da D’Alema, sostenuto da Cossutta e Cossiga, appoggiato in questo caso da Berlusconi, con il consenso del presidente della Repubblica Scalfaro, decise di partecipare alla guerra. In realtà la decisione l’aveva già presa il governo Prodi, che prima di cadere per il venir meno del sostegno di Rifondazione Comunista, aveva deliberato l’Act Order con il quale si predisponevano le nostre forze armate alla guerra sotto comando NATO.

Così i bombardieri italiani ebbero l’onore, D’Alema ha sempre rivendicato l’impresa, di partecipare alla prima guerra europea dal 1945, al primo bombardamento aereo di una capitale europea, Belgrado, dalla sconfitta del fascismo. https://contropiano.org/interventi/2019/03/24/24-marzo-1999-il-giorno-della-vergogna-di-dalema-berlusconi-e-prodi-di-ue-e-nato-0113723
Rossella Fidanza
Vedete, c'è ancora troppa gente in Italia che ritiene che la NATO sia "un'alleanza difensiva". A costoro, ricordate la ricorrenza odierna, perchè è storia.
PRESIDENTE. Avrà luogo ora, come in precedenza annunciato, lo svolgimento di una informativa urgente del Governo sull'intervento della NATO in Kosovo.
Ha facoltà di parlare il Vicepresidente del Consiglio, onorevole Mattarella, che ringrazio molto per la disponibilità che ha manifestato.

SERGIO MATTARELLA, Vicepresidente del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei anzitutto riassumere gli aggiornamenti di queste ultime ore in relazione alla crisi nel Kosovo. Ieri sera, come è noto, il segretario della NATO Solana, dopo aver consultato i Governi alleati, ha annunciato pubblicamente di aver impartito istruzioni al comandante in capo, generale Clark, per l'avvio della prima fase delle operazioni aeree. Lo stesso Solana ha reso noto di avere informato della sua decisione il Segretario generale delle Nazioni Unite Kofi Annan e al contempo ha preso contatto con il Cancelliere tedesco Schroeder, nella qualità di Presidente di turno del Consiglio dell'Unione europea, anche nella prospettiva del vertice che è in corso a Berlino oggi e domani.
Gli sviluppi in questione fanno seguito alla riunione del Consiglio atlantico tenutasi nella tarda serata di ieri in cui l'inviato speciale americano Holbrooke ha riferito, al suo rientro da Belgrado, sull'esito negativo dei colloqui con il Presidente Milosevic.
Holbrooke ha sottolineato di aver formulato a Belgrado innanzitutto due richieste in riferimento a quelle che sono le assolute priorità della comunità internazionale: la cessazione delle ostilità in Kosovo e la disponibilità a negoziare una presenza militare internazionale per la sicurezza nella regione.
In particolare, su quest'ultimo punto le obiezioni di Belgrado sono risultate confermate anche sulla base di un voto contrario, intervenuto nella giornata di ieri, del Parlamento serbo.
A Milosevic Holbrooke avrebbe chiaramente indicato che sarebbe stato sufficiente un percettibile movimento per consentire la ripresa del percorso negoziale avviato a Rambouillet il 7 febbraio scorso e proseguito poi a Parigi tra il 14 e il 19 marzo.
Il Presidente jugoslavo si è chiaramente, e con piena cognizione di causa, secondo quanto Holbrooke ha riferito, assunto sostanzialmente la responsabilità della rottura.
Holbrooke non ha infatti lasciato margini di ambiguità quanto al fatto che la partenza da Belgrado avrebbe significato l'avvio delle operazioni militari. Al riguardo Milosevic lo ha informato che il Governo federale jugoslavo aveva appena approvato una dichiarazione con la quale veniva introdotto in quel paese lo stato di emergenza nazionale.
Il nostro ambasciatore a Belgrado, così come gli altri ambasciatori del gruppo di contatto e dei paesi vicini, è stato convocato nella tarda serata di ieri dal direttore politico jugoslavo del Ministero degli esteri di quel paese che gli ha consegnato le copie della risoluzione del Parlamento jugoslavo, che ho poc'anzi ricordato, e della decisione del Governo di Belgrado che riguarda la dichiarazione di stato di emergenza nazionale.
È stato consegnato al nostro ambasciatore anche un terzo documento dove sono ribadite le posizioni, che sono note, del Governo di Belgrado in materia di aggressione e di minaccia; vi si sottolinea che il mantenimento di relazioni di vicinato e di cooperazione è nel comune interesse e si invita ad astenersi dall'appoggiare piani ed azioni aggressive.
L'ambasciatore italiano a Belgrado ha colto l'occasione per sondare se nelle opinioni di quel Governo vi fossero o meno margini per il negoziato e, al riguardo, ne ha tratto l'impressione che forse potrebbero esistere spazi, anche se molto ridotti, che sono stati in queste ore ulteriormente esplorati.
L'Italia è uno dei paesi che maggiormente si è adoperato perché fosse evitato l'intervento militare. Speriamo ancora in queste ore, pur se ogni ora che passa riduce la portata della speranza, che a Belgrado prevalga la ragionevolezza e vengano accolte le condizioni previste dal piano di pace predisposto a Rambouillet.
(1/4)
Rossella Fidanza
Vedete, c'è ancora troppa gente in Italia che ritiene che la NATO sia "un'alleanza difensiva". A costoro, ricordate la ricorrenza odierna, perchè è storia.
Di fronte ad un chiaro segnale di disponibilità da parte del Governo di Belgrado, la NATO è pronta a fermare l'attacco ipotizzato.
Signor Presidente, negli ultimi giorni la tensione sul terreno di quella regione è aumentata. La presenza delle forze di sicurezza e dell'esercito di Belgrado si è accresciuta, gli scontri sono ripresi e, con essi, nuovi consistenti spostamenti di popolazione civile che ne soffre le conseguenze.
I verificatori dell'OSCE, circa 1.300, presenti sul terreno, sulla base delle intese di ottobre tra Holbrooke e Milosevic, sono stati momentaneamente ritirati e numerose ambasciate occidentali hanno ridotto i propri organici o hanno addirittura chiuso i battenti.
Per quanto ci riguarda, i nostri connazionali sono stati invitati, per il momento, a non viaggiare nella Repubblica jugoslava.
Come è evidente dalle preoccupazioni emerse dalle varie parti politiche, ci troviamo in un momento delicatissimo. Nessun paese e nessun governo democratico può trovare piacevole la prospettiva di iniziative militari, chiunque ne sia protagonista e dovunque esse si svolgano.
La prospettiva di atti di guerra, di danni e di vittime, per chi ha sensibilità umana e democratica, è tale che non si vorrebbe mai vederla realizzata. Per questo il nostro paese e, per esso, il Governo, ha fatto di tutto perché si pervenisse ad una soluzione pacifica del problema drammatico del Kosovo, insistendo in ogni circostanza e in ogni sede per un di più di trattative e di tentativi di intesa nella convinzione dei danni di un intervento militare bellico e delle difficoltà che, in un'area così travagliata e complessa, si dovrebbero affrontare anche dopo un'azione militare.
Il nostro paese ha compiuto ogni sforzo in questa direzione. Gli stessi sforzi e tentativi li ha compiuti anche la NATO, su forte impulso dei paesi d'Europa che fanno parte del gruppo di contatto.
La trattativa di Rambouillet è frutto di questo sforzo nel gruppo di contatto. È stata condotta con ogni determinazione sondando ogni spazio, anche remoto, di possibile intesa.
Va ricordata la dinamica dei negoziati svoltisi nelle ultime settimane. La seconda fase negoziale si è conclusa a Parigi il 19 marzo scorso, in uno scenario in cui - come è noto - la delegazione kosovara ha firmato il testo proposto dal gruppo di contatto nella sua versione integrale, inclusiva dell'accordo politico e delle sue modalità di applicazione e, dall'altro, la delegazione serbo-federale, mantenendo le sue riserve, non lo ha firmato.
I documenti conclusivi di quel negoziato esprimono una posizione di accordo ragionevole, dando risposte positive a due punti principali sollevati dal Governo jugoslavo. L'autonomia del Kosovo è inserita nel quadro dell'integrità della Repubblica jugoslava, senza previsione del referendum sull'indipendenza richiesto dai kosovari dopo il primo triennio dell'accordo; pur se la delegazione kosovara, con una dichiarazione unilaterale interpretativa, ha dichiarato di non rinunciare a quella prospettiva che, peraltro, non è inclusa nel testo dei documenti proposti dal gruppo di contatto.
I documenti dell'intesa di Rambouillet, quindi, fanno propria, in maniera inequivoca, la tesi del mantenimento del Kosovo all'interno della Repubblica jugoslava e in essi è previsto che in quella provincia autonoma siano stabiliti meccanismi di difesa per le minoranze non kosovare.
Non vi è dubbio del resto che, nell'ottica della comunità internazionale, come ieri ha ribadito ancora una volta Holbrooke a Belgrado, la presenza internazionale e quella militare di interposizione - di cui parlerò tra poco - dovrebbero difendere e tutelare entrambe le parti, kosovara e serba, ed essere dispiegate su invito delle stesse autorità di Belgrado.
(2/4)
Rossella Fidanza
Vedete, c'è ancora troppa gente in Italia che ritiene che la NATO sia "un'alleanza difensiva". A costoro, ricordate la ricorrenza odierna, perchè è storia.
Il rifiuto di quell'intesa ha reso del tutto evidente l'assoluta, incomprensibile, non ragionevolezza del Governo di Belgrado. Inoltre Milosevic ha avanzato richieste del tutto inammissibili, come quella di mantenere in Kosovo, regione assai piccola, una abnorme presenza militare e una polizia interamente serba e non multietnica. Di più ancora, il Governo di Belgrado ha rifiutato l'idea di una presenza militare multinazionale di interposizione, una presenza non soltanto della NATO, ma dell'intero gruppo di contatto, Russia compresa; una forza di interposizione indispensabile per attuare gli aspetti più complessi dell'accordo, come il disarmo, lo smantellamento dell'Uck ed il ritiro delle forze di sicurezza serbe.
Nel prendere questa posizione Belgrado, come ha sottolineato del resto anche ieri sera il Presidente federale Milosevic, ha manifestato un forte risentimento, sostenendo che le modalità di attuazione dell'accordo previste sarebbero state imposte sotto la minaccia dell'intervento della NATO, ma nella sostanza le intese lì proposte e non accolte da Belgrado, ne accoglievano le posizioni principali.
Con il suo rifiuto e con quelle richieste, che sono apparse per qualche aspetto proposte proprio perché fossero respinte, Milosevic ha anche rifiutato e precluso una prospettiva di grande interesse, la condizione che poteva condurre, e avrebbe condotto, a rivedere il regime delle sanzioni ed al loro superamento. A questa mancata ragionevolezza si è aggiunta la netta impressione che, nel corso delle trattative e prima di un possibile intervento militare, il Governo di Belgrado volesse consumare una pulizia etnica della regione con un'azione di espulsione - quando non di vittime fisicamente consumate - della minoranza kosovara.
Le cifre fornite dall'agenzia dell'ONU per i profughi sono impressionanti: 250 mila sfollati all'interno del Kosovo, 30 mila nel resto della Serbia, 35 mila in Montenegro, 18 mila in Albania, 10 mila in Macedonia. Ventimila kosovari sono stati costretti alla fuga soltanto negli ultimi 6-7 giorni. Si tratta di oltre 300 mila profughi e di oltre 2 mila morti negli ultimi mesi. Tutto questo di fronte - ripeto - non alla proposta di indipendenza del Kosovo, ma di autonomia di questa regione dentro la Repubblica jugoslava, quell'autonomia prevista ed accordata dal Governo Tito e cancellata dal Governo Milosevic.
Siamo di fronte ad una palese e gravissima violazione dei diritti umani, accertata e dichiarata dal Consiglio di sicurezza dell'ONU.
La crisi del Kosovo, come è noto, è da tempo all'attenzione delle Nazioni Unite. Già con la risoluzione 1199 del 23 settembre 1998 il Consiglio di sicurezza ha chiarito che la situazione in Kosovo rappresenta una minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale e, agendo ai sensi del capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite, che prevede anche l'adozione di misure implicanti l'uso della forza, ha rivolto precise richieste alle parti in conflitto.
Il Consiglio di sicurezza dell'ONU ha sottolineato in particolare l'esigenza di individuare attraverso il negoziato, con il coinvolgimento della comunità internazionale, una soluzione politica ai problemi della regione.
Il Consiglio ha inoltre chiesto che venisse in ogni caso impedita una catastrofe umanitaria e che fosse facilitato il ritorno dei rifugiati e dei dispersi alle loro case.
Nella successiva risoluzione del 24 ottobre 1998 il Consiglio ha ribadito che la situazione nel Kosovo costituisce una «continua minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale», ancora una volta ai sensi dell'articolo VII della carta.
La vicenda del Kosovo non può quindi in alcun modo essere considerata interna ad un singolo paese ma, come più volte sottolineato dall'ONU, una minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale che la Comunità internazionale è quindi chiamata ad affrontare e risolvere.
(3/4)
Rossella Fidanza
Vedete, c'è ancora troppa gente in Italia che ritiene che la NATO sia "un'alleanza difensiva". A costoro, ricordate la ricorrenza odierna, perchè è storia.
Sappiamo tutti che l'ONU, anche se nella risoluzione che ho citato si era riservata di adottare ulteriori azioni e misure per stabilire la pace e la sicurezza nella regione, non ha espressamente autorizzato un intervento armato in Kosovo. È anche a tutti nota la ragione per cui ciò non avviene: la ferma opposizione dei paesi con diritto di veto nel Consiglio di sicurezza.
Come è noto, l'Italia si batte da anni per una riforma del Consiglio di sicurezza che lo renda più democratico e rappresentativo, ponendo le premesse per un superamento del diritto di veto. Non crediamo tuttavia che la paralisi dell'azione del Consiglio di sicurezza, determinata dal potere di veto di un singolo Stato, possa condurre all'inerzia della comunità internazionale dinanzi a violazioni dei diritti umani palesi e massicce, quali quelle che sono sotto gli occhi della pubblica opinione mondiale nel Kosovo.
Il diritto consuetudinario conosce qualche precedente di intervento effettuato per ragioni umanitarie. Dopo il conflitto del Golfo, fu creata una zona di protezione nel nord dell'Iraq per difendere le popolazioni curde dalle azioni repressive del Governo di Baghdad. Anche in quel caso non vi fu una risoluzione del Consiglio di sicurezza volta ad autorizzare l'intervento, bensì una risoluzione dell'ONU che condannava la violazione dei diritti della minoranza curda in Iraq; per il veto, però, di un paese componente il Consiglio di sicurezza non seguì una risoluzione per l'intervento militare. Su quella base, l'iniziativa militare venne condotta dalla Spagna, dall'Olanda, dalla Gran Bretagna e dagli Stati Uniti.
L'azione che la NATO ha prefigurato e annunziato come possibile, come ormai imminente, trova in realtà le sue ragioni nel grave comportamento contro i diritti umani del Governo di Milosevic, nel suo rifiuto ad accettare soluzioni non soltanto equilibrate, ma anche di piena garanzia per la Iugoslavia, nonché nell'intensificazione, negli ultimi giorni, dell'attività di pulizia etnica contro la minoranza. Il nostro consenso non muove soltanto da motivi, naturalmente pure importanti, di solidarietà nell'alleanza, ma anche da queste ragioni di merito.
In quest'ottica e per tale complesso di ragioni, va vista la messa a disposizione da parte dell'Italia delle basi NATO - per difesa collettiva, secondo l'articolo 5, ma anche per missioni «fuori area» tali da far scattare il dettato di tale articolo (come nel caso dell'intervento in questione) - che avviene in attuazione dell'articolo 3 del trattato, a suo tempo ratificato dal nostro paese, mirando, nella sostanza, a soddisfare l'esigenza del dispositivo dell'alleanza, nell'ottica della salvaguardia della sicurezza comune.
In questa chiave, tra la fine di settembre e i primi di ottobre, il Governo italiano, come è stato già riferito in Commissione, ha autorizzato, attraverso il cosiddetto trasferimento di autorità, la messa a disposizione dell'alleanza di quarantadue velivoli della nostra aeronautica... (4/4)
http://legislature.camera.it/_dati/leg13/lavori/stenografici/sed511/s450r.htm
Rossella Fidanza
Sappiamo tutti che l'ONU, anche se nella risoluzione che ho citato si era riservata di adottare ulteriori azioni e misure per stabilire la pace e la sicurezza nella regione, non ha espressamente autorizzato un intervento armato in Kosovo. È anche a tutti nota…
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Bill Clinton: "La nostra missione è chiara. Dimostrare la serietà dell'obiettivo della NATO in modo che i leader serbi comprendano l'imperativo di invertire la rotta. Scongiurare un'offensiva ancora più sanguinosa contro civili innocenti in Kosovo e, se necessario, danneggiare seriamente la capacità dell'esercito serbo di nuocere alla popolazione del Kosovo. In breve, se il presidente Milosevic non farà la pace, limiteremo la sua capacità di fare la guerra".
Rossella Fidanza
Bill Clinton: "La nostra missione è chiara. Dimostrare la serietà dell'obiettivo della NATO in modo che i leader serbi comprendano l'imperativo di invertire la rotta. Scongiurare un'offensiva ancora più sanguinosa contro civili innocenti in Kosovo e, se necessario…
Gli hanno pure fatto una statua nel 2007... Gli albanesi del Kosovo intendono onorare il loro "salvatore" Bill Clinton erigendo una statua dell'ex presidente degli Stati Uniti nella capitale della provincia separatista serba.
Il monumento alto tre metri è ancora in costruzione in uno studio a Podujevo, a nord di Pristina.
“Lui è il nostro salvatore. Ci ha salvati dallo sterminio", ha detto a Reuters lo scultore Izeir Mustafa. "Ero entusiasta del lavoro perché so cosa ha fatto per noi."
https://www.reuters.com/article/us-serbia-kosovo-clinton-idUSL2316200920070523
Rossella Fidanza
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L'hanno accolto come un eroe nel 2019... Migliaia di albanesi del Kosovo sono accorsi mercoledì per dare il benvenuto all'ex presidente degli Stati Uniti Bill Clinton e alla sua ex diplomatica di punta Madeleine Albright, 20 anni dopo aver contribuito a organizzare la guerra aerea della NATO che ha spodestato le forze serbe.
Clinton, 72 anni, e Albright, 82 anni, sono stati accolti come rockstar nella capitale kosovara Pristina, dove per l'occasione è stata inaugurata una statua di Albright nel centro della città, che si aggiunge a quella di Clinton eretta in precedenza su un viale a lui intitolato.
Il Kosovo, a maggioranza albanese, ha dichiarato l'indipendenza dalla Serbia nel 2008, nove anni dopo che gli attacchi aerei della NATO avevano posto fine alla morsa repressiva di Belgrado sul territorio, a seguito di una brutale campagna di contro-insurrezione delle forze di sicurezza serbe.
"Amo questo Paese e sarà sempre uno dei più grandi onori della mia vita essere stata al vostro fianco contro la pulizia etnica (da parte delle forze serbe) e per la libertà", ha detto la Clinton alle migliaia di persone riunite nel caldo soffocante del centro di Pristina.
https://www.arabnews.com/node/1510006/world