IL GIUSNATURALISTA
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Canale pubblico ispirato al pensiero giusnaturalistico classico.
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I “SUPEREROI”

Potrebbe essere il nuovo trailer della serie “The boys”.

Invece è uno spot israeliano per le forze armate.

Le lezioni di Edward Bernays direi che sono state ampiamente assimilate:
appello alle emozioni con musica emozionante e appello all’orgoglio nazionale
testimonial inattaccabili, in questo caso un bambino
slogan efficaci e manipolazione del linguaggio, gli autori di un genocidio diventano SUPEREROI

Quando la realtà supera ogni fantasia.

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https://t.me/associazioneamicisanpiox Mio canale telegram sulla figura di san Pio X e sul rito tridentino messo a confronto con il Novus Ordo.
L'ANGOLO DEL GIUSNATURALISTA:
Santa Pasqua di Risurrezione del Signore a tutti voi ed un grande e fortissimo abbraccio da parte mia. Vi lascio questa riflessione, tratta dalla "Summa Theologiae" di san Tommaso d'Aquino (1225-1274), sulla risurrezione di Cristo.
Se fosse necessario che Cristo risorgesse.

Era necessario che Cristo risorgesse per cinque motivi:

Primo, per l'affermazione della giustizia divina, cui spetta esaltare coloro che per Dio si umiliano, secondo le parole evangeliche: «Depose i potenti dal trono ed esaltò gli umili». (Lc 1,52)
Perciò avendo Cristo umiliato se stesso fino alla morte di croce per amore e per ubbidienza verso Dio, era conveniente che fosse esaltato da lui fino alla gloria della resurrezione.
Ecco perché il Salmista, secondo le spiegazioni della Glossa, così parla in sua persona: «Tu hai conosciuto», cioè approvato «la mia prostrazione, ossia l'umiliazione e la passione, «e la mia resurrezione», cioè la glorificazione «nella resurrezione». (Sal 140,2)

Secondo, per confermare la nostra fede.
Poiché dalla sua resurrezione viene confermata la nostra fede nella divinità di Cristo: infatti, come dice S. Paolo, «sebbene egli sia stato crocifisso per l'affinità con la nostra debolezza, vive però per la virtù di Dio». (2 Cor 13,4)
Di qui le altre parole dell'Apostolo: «Se Cristo non è risuscitato vana è la nostra predicazione, vana è la vostra fede». (1 Cor 13,4)
E quelle del Salmista: « Che utilità c'è nel mio sangue », cioè «nell'effusione del mio sangue», «mentre discendo», come per una scala di mali, e «verso la corruzione?». (Sal 30,10)
Come per dire: nessuna.
«Se infatti», come spiega la Glossa, «io non risorgo subito, e il mio corpo si corrompe, io non evangelizzerò e non riscatterò nessuno».

Terzo, a sostegno della nostra speranza.
Perché vedendo risuscitare Cristo, che è il nostro capo, anche noi speriamo di risorgere.
Di qui la protesta di S. Paolo ai Corinzi: «Se si predica che Cristo è risuscitato dai morti, com'è che alcuni tra voi osano affermare che non c'è resurrezione dei morti?». (1 Cor 15,2)
E Giobbe affermava: «Io so», con certezza di fede, «che il mio Redentore», cioè Cristo, «vive », essendo risuscitato dai morti, e quindi «l'ultimo giorno mi rialzerò da terra: e tale speranza è custodita nel mio seno». (Sal 30,10)

Quarto, per indirizzare la vita dei fedeli, in base all'affermazione di S. Paolo: «Come Cristo è risuscitato dai morti per la gloria del Padre, così noi camminiamo secondo una nuova vita». (Rm 6,4)
E ancora: «Cristo risorto dai morti ormai non muore più: … così voi consideratevi morti al peccato e viventi per Dio». (Rm 9,11)

Quinto, per dare compimento alla nostra salvezza.
Poiché come soffrì i nostri mali per liberarci da essi, così volle essere glorificato con la resurrezione, per assicurarci il bene: «Si consegnò alla morte», scrive S. Paolo, «per i nostri peccati, ed è risuscitato per la nostra giustificazione». (Rm 4,25).
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Intervento prof. don Roberto Caria a Piazza Libertá.
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L'ANGOLO DEL GIUSNATURALISTA
LEZIONI SUL DIRITTO NATURALE E FILOSOFIA DELLA POLITICA:

Sono disponibili, per chi lo desidera, tutte le lezioni del mio corso di Alta formazione sul diritto naturale classico e di Filosofia della politica antica e medioevale. Per info: universita@unidolomiti.it oppure telefono di rete mobile +39 379 1075715.
Forwarded from Byoblu
PASQUA OLTRE LA FEDE: SIGNIFICATO DI UN AVVENIMENTO CHE PARLA A TUTTI - Roberto Caria

Pasqua, festività centrale della cristianità e non solo. Un tempo forte, che richiama e parla anche a non credenti e a fedeli altre religioni.

➡️https://www.byoblu.com/2024/04/01/pasqua-oltre-la-fede-un-avvenimento-per-tutti/
L'ANGOLO DEL GIUSNATURALISTA:

DALL'ESSERE A DIO: OVVERO L'INSOSTENIBILITÁ DELL'ATEISMO ALLA LUCE DELLA RAGIONE

Il grande filosofo e teologo domenicano, san Tommaso d'Aquino (1225-1274), sostiene che ogni ente sia composto dall'essenza o "quidditas" (intesa come insieme di materia e forma), ossia ció che rende quell'ente quello é (negarlo, come fanno gli antiessenzialisti, significa non riconoscere che ogni ente abbia una sua propria natura), e dall'atto d'essere o "actus essendi" che, come insegna Cornelio Fabro (1911–1995), costituisce la perfezione di ogni atto ovvero il fondamento metafisico dell'esistenza che ne é l'espressione o meglio la manifestazione esteriore (Fontana). Ora, con un ragionamento rigorosamente razionale, il "Dottor Angelico" dimostra come ogni ente, non essendo l'essere ma avendo l'essere, non puó che riceverlo da Dio. Infatti, prosegue Tommaso riprendendo la lezione di Aristotele (384 a.C.–322 a.C.), non é possibile risalire indietro all'infinito. Per questo motivo, dunque, é necessario ammettere che esista un ente, Dio, che é l'essere per essenza (c.d. "Ens ipsum subsistens". Cfr. Es 3,14). Perché, allora, l'ateismo é una posizione non sostenibile alla luce della ragione contemplativa? Perché se la causa (finale) "motrice e produttrice" non é in atto, non solo non ci sarebbe movimento ma neppure partecipazione dell'essere, dal momento che "la potenza di passare all'atto puó anche non passare all'atto". Ecco perché, scrive Aristotele nella "Metafisica", "è indispensabile che ci sia un principio tale che la sua stessa sostanza sia atto".
Forwarded from PBellavite
Come si fa a sovrastimare le “vite salvate”

Si è visto che Gianni Rezza (uno dei responsabili della campagna vaccinale del Ministero) ha “calato” il numero sparato da Speranza di 150.000 “vite salvate” alla cifra di 22.000. Già questo sarebbe argomento tale da confermare le accuse a Speranza di “falso ideologico”. Ma anche su quest’ultima cifra di 22.000 c’è molto da dubitare.
Ma come fanno a calcolare migliaia di “vite salvate”? In poche parole: A) sovrastimano l’efficacia e B) sottostimano gli eventi avversi mortali. Ci sono tre trucchetti per ogni capitolo.

A) SOVRASTIMA DELL’EFFICACIA
1) Siccome si presume che il “vaccino” entri in funzione una o due settimane dopo l’inoculo, si sono considerati “non vaccinati” anche i “vaccinati” fino a una o due settimane dopo l’inoculo: se un vaccinato moriva positivo a COVID-19 entro quel periodo, il suo caso era contato tra i non vaccinati. Questo problema è ancor più grave se si pensa che un inoculo che produce proteina spike (tossica per il sistema cardiovascolare) fatto durante un picco epidemico può facilmente sovrapporre i suoi effetti ad una COVID-19 latente o appena insorta e quindi causare effetti dannosi al vaccinato nei giorni successivi; ma tali effetti dannosi sono computati come se fossero insorti in un non vaccinato.
2) Si considerano ugualmente sani i vaccinati e i non vaccinati (cosiddetto “healthy vaccinee bias”): invece chi si vaccina in genere è più sano di chi non si vaccina; ad esempio, è certo che se una persona era moribonda o aveva COVID-19 (o era positiva al tampone) non andava a vaccinarsi ma se poi moriva nei giorni dopo l’inoculo, il caso mortale era computato tra i non vaccinati.
3) Si consideravano morti “di COVID-19” anche coloro che morivano di altre malattie ma positivi a COVID-19: in tal modo si sono amplificati gli effetti dalla pandemia ma anche in proporzione quelli della vaccinazione. Lo stesso “errore” si applicherebbe anche ai “vaccinati” (morti positivi a COVID-19 dopo una o due settimane), ma nel caso dei decessi dopo la vaccinazione il meccanismo è inverso (vedi sotto), per cui il calcolo delle “vite salvate” è comunque alterato. Questo “errore” è pesante se si pensa che i morti positivi a COVID-19 avevano un’età media di 83 anni e le “vite salvate” cui si riferiscono oggi Speranza e Rezza riguardano nella massima parte persone ultra-ottantenni.

B) SOTTOSTIMA DI EFFETTI AVVERSI
1) Si è dedicata poco nulla attenzione alla vaccinovigilanza e quindi nel calcolo delle “vite salvate” non si considerano quelle “perse” per causa della campagna vaccinale. Al di là dei proclami e dichiarazioni ufficiali, la vigilanza sugli effetti avversi entrò in panne già da marzo del 2021. Particolarmente grave è stata la scarsità di segnalazioni da parte dei medici e personale sanitario, che per legge sarebbero tenuti a segnalare SEMPRE gli eventi avversi di cui sono venuti a conoscenza.
2) Si segnalavano solo gli eventi avversi mortali che si “sospettasse” dovuti al vaccino, ma il “sospetto” non veniva proprio, perché i già pochi segnalatori non credevano che gli inoculi potessero provocare morti improvvise e da accidenti cardiovascolari. Questa “ignoranza” è dovuta in parte al disinteresse a documentarsi, in parte alla censura totale delle informazioni a livello di AIFA, stampa mainstream e organizzazioni mediche.
3) Nonostante i difetti della vaccinovigilanza, circa un migliaio di decessi sono arrivati ad essere segnalati (comunque molto inferiori alla realtà); tuttavia, questi sono stati “derubricati” come dovuti ad “altre cause” perché qualsiasi malattia avesse la persona morta dopo l’inoculo, la morte secondo i “consulenti” di AIFA era dovuta a quella malattia e non al materiale iniettato.
NUOVA LETTERA APERTA A SERGIO MATTARELLA
Amatissimo Signor Capo dello Stato, non capisco a che titolo lei, come leggo, abbia corrisposto telefonicamente ad una missiva dell’ansioso babbo della nota martire italiana in mani ungheresi: lei non è Zorro che ripara i torti e fa trionfare il bene; né tale sua iniziativa rientra nelle sue competenze istituzionali: lei risponde o fa rispondere a chiunque si rivolga a lei per chiedere aiuto? (in realtà, lo faceva il Duce ma non mi permetto di accostarlo alla sua persona: sarebbe un paragone improponibile).
Lei si preoccupa anche di tutti i circa 2.600 italiani detenuti in una pluralità di Stati esteri, soprattutto extraeuropei? Non credo proprio.
Lei conosce la mia devozione e l’immensa stima che ho per lei e, già prima, per il suo indimenticabile padre Bernardo e per i suoi fratelli Piersanti e Antonino.
Non voglio pensare che tale sua iniziativa – inevitabilmente pubblica – sia stata da lei presa a sostegno della sua parte politica di riferimento, e cioè il PD.
Premesso che l’ansioso babbo della martire italiana in Ungheria dovrebbe lui farsi un esame di coscienza sui valori che ha trasmesso alla figlia e non invitare il governo italiano a far esso un esame di coscienza, vi è che molto recentemente il Generale Raimondo Caria (un Soldato con la “S” maiuscola) è intervenuto sul problema in questione esponendo intelligentemente non tanto opinioni quanto numeri.
Ripropongo alla sua attenzione i dati numerici forniti dal Gen. Raimondo Caria che indicano la radicale differenza tra il nostro sistema giudiziario e quello ungherese.
Ciò emerge dalle pronunce della Corte europea di Strasburgo dei diritti dell’uomo con riguardo al periodo 1959 – 2021:
- l’Italia è il terzo Stato nella graduatoria degli Stati che hanno violato la Convenzione di Roma del 1950; dopo la Turchia e la Russia, è stata condannata 2.466 volte, l’Ungheria 614;
- l’Italia è stata condannata 9 volte per tortura e l’Ungheria mai;
- l’Italia è stata condannata 297 volte per violazione del “giusto processo” e l’Ungheria 33 volte;
- l’Italia è stata condannata 1.203 volte per eccessiva durata dei processi civili e anche penali, l’Ungheria 344 volte.
Sempre il Generale Raimondo Caria ricorda che in Italia:
- più di un detenuto su tre è in custodia carceraria da più di sei mesi in attesa di giudizio;
- in Italia dal 1991 al 2022 vi sono stati circa 30.000 casi di errori giudiziari, circa 961 cittadini sono stati messi in carcere ogni anno, e condannati, ancorché innocenti;
- il sovra affollamento delle carceri italiane non riguarda soltanto i detenuti ma anche e soprattutto topi, scarafaggi e cimici, con un sovra affollamento del 119% rispetto agli spazi regolamentari;
- in Italia i casi di suicidio in carcere al 2022 sono stati 85 e il 40% delle carceri è stato costruito prima del 1900; non tutte le carceri (quasi la metà) dispongono di acqua calda o di doccia, né diete personalizzate e cure mediche adeguate.
Illustre a amatissimo Signor Capo dello Stato, non ritiene che a giudicare dall’aspetto ilare e talvolta anche supponente, dall’abbigliamento e dai capelli curati della democraticissima fanciulla italiana tutto si può dire meno che sia maltrattata (a parte i ceppi alle caviglie e ai polsi come è tradizione specificamente dei nostri padroni americani, ma in realtà lo facciamo anche noi e lei sicuramente ricorderà l’identico caso dell’On. Enzo Carratradotto in Tribunale in ceppi).
Sono assolutamente certo che lei ben condivide la intrinseca ingiustizia del sistema giudiziario italiano che ci priva di ogni titolo per pretendere, nella nostra presunzione, di dar lezioni di democrazia e di civiltà a chicchessia.
Vede, egregio Mattarella, poteva ben risparmiarsi una telefonata non solo inutile ma anche pregiudizievole non solo per la IlariaSalis, ma anche per lei stesso.
Mi permetto di rivolgerle un suggerimento veramente pacificatorio per tutti: invece di perdere tempo al telefono, mangi anche lei uno di quei nostri bellissimi agnelli di martorana in questo giorno di Pasquetta.
AUGUSTO SINAGRA
L'ANGOLO DEL GIUSNATURALISTA:

DAL CARATTERE "BIFRONTE" DELLA CORTE COSTITUZIONALE AL NICHILISMO DELLA SOCIETÁ

Alcuni autorevoli costituzionalisti sottolineano il carattere "ambiguo" e la natura "bifronte" della Corte costituzionale proprio per la caratterizzazione in parte politica ed in parte giurisdizionale delle funzioni svolte (Cfr. E. MALFATTI – S. PANIZZA – R. ROMBOLI, Giustizia costituzionale, Torino, Giappichelli, ult. ed.). Si tratta di un elemento salutato positivamente, dal momento che é proprio questa flessibilitá del giudice delle leggi che gli consente di adattarsi, di volta in volta, alle concrete condizioni del sistema politico ed ai differenti problemi che la societá pluralista pone quotidianamente. Tuttavia, l'assunzione di questo presupposto significa ammettere che la Costituzione, o meglio le disposizioni costituzionali che entrano nei giudizi di costituzionalitá o nei conflitti di attribuzione, hanno una normativitá a contenuto variabile e, dunque, sono "materiali da costruzione" sul piano del loro significato. Detto in termini meno scientifici: alla Costituzione, quale "vestito della societá", si puó far dire tutto ed il contrario di tutto. La realizzazione del Testo costituzionale, allora, risiede nel suo carattere "aperto" che favorisce il fluido vitalismo sociale (cosí Danilo Castellano). In questo modo, peró, non si garantisce alcun ordine politico, bensí la moltiplicazione dei conflitti che possono compromettere la convivenza civile ed il senso stesso dello stare insieme. Le Costituzioni, quindi, teoricamente concepite come progetto di organizzazione politica e sociale, altro non sono che l'opera di un potere politico che, grazie anche alla funzione ermeneutica degli organi della legittimitá costituzionale, hanno trasformato l'ordine naturale delle cose, l'"ordo rerum", in uno pseudo ordine fondato unicamente su principi ideologici presenti nel tessuto sociale (Ayuso). A partire dall'effetto irradiante del principio personalistico, accolto nell'art. 2 della nostra Costituzione e che consente la libera realizzazione della personalitá umana e della sua "dignitá", si pongono le premesse per un dis–ordine sempre piú nichilistico. Quanto alla legittima obiezione secondo la quale il compito delle Corti costituzionali, grazie alla loro opera di costruzione della norma, é quello di elaborare una cornice neutra in cui ogni contenuto possa coesistere, si deve replicare che questo modus operandi porta non solo ad un processo di sradicamento degli stessi soggetti dell'ordinamento (pensiamo solo alla porta livellatrice del principio di laicitá dello Stato, peraltro spesso utilizzata a senso unico), ma ad una vera e propria frammentazione sociale non molto dissimile da quello "stato di natura" dal quale il c.d. costituzionalismo moderno aveva promesso, illudendoci, di liberarci.