IL GIUSNATURALISTA
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Canale pubblico ispirato al pensiero giusnaturalistico classico.
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Forwarded from Antonio Bianco
La Dichiarazione papale sulle benedizioni alle coppie in una condizione contraria agli insegnamenti contenuti nel vangelo (e che non intendono interrompere la relazione) sta suscitando reazioni fra diversi episcopati nazionali e anche singoli vescovi e cardinali di altri paesi. Per ora, sono:
tutti i vescovi
1. del Ghana;
2. dello Zambia
3. del Malawi
4. della Nigeria;
5. del Togo;
6. del Benin;
7. dell' Ucraina;
8. del Camerun;
9. della Polonia;
10. dello Zambia;
11. del Ruanda ;
12. del Gabon;
13. Di Sao Tomé;
14. del Mozambico;
15. dell' Angola;
16. dell' Ungheria.

A questi si sono aggiunte le voci de:

1. i vescovi di Astana in Kazakistan;
2. il Patriarca della Chiesa greco cattolica Ucraina, Mons. Sviatoslav Shevchuk;
3. Il Vescovo della diocesi brasiliano di Formosa mons. Adair José Guimarães;
4. l'arcivescovo emerito di Filadelfia mons. Chaput;
5. l'arcivescovo Emerito di La Plata (Argentina), mons. Hector Aguer;
6. il Card. Gerhard Ludwig Müller, già Prefetto emerito della Congregazione per la Dottrina della Fede;
7. l'arcivescovo di Nairobi, Philip Anyolo;
8. l'arcivescovo di Montevideo (Uruguay), cardinale Daniel Sturla;
9. cinquecento sacerdoti britannici della Confraternita del Clero Cattolico
10. il Card. Jeanne Pierre Kutwa (Costa d’Avorio), arcivescovo di Abidjan.
L'ANGOLO DEL GIUSNATURALISTA:

SIAMO IN PIENA "BUBBLE DEMOCRACY"

Il prof. Damiano Palano, acuto filosofo della politica e direttore del Dipartimento di Scienze Politiche dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, ha pubblicato nel 2020 un interessantissimo saggio dal titolo "Bubble Democracy: la fine del pubblico e la nuova polarizzazione". L'opera mette molto bene in evidenza come, a partire dalla crisi delle masse degli anni '60 e '70 del secolo scorso che iniziano, in quel periodo, a perdere progressivamente la loro centralità politica, sia emerso un nuovo soggetto, il "pubblico", formato dalla sterminata platea televisiva che oggi, con il dominio schiacciante dei social media, ha subito una profonda frammentazione in una pluralità di segmenti privi di radicamento nell'ambito di una sfera comunicativa comune. L'espressione "bubble democracy" indica, pertanto, che, dopo la democrazia dei partiti e la democrazia del pubblico, si è affermato un assetto caratterizzato da una miriade di "bolle" in buona parte autoreferenziali. È ovvio che lo stabilizzarsi di questa realtà va inevitabilmente ad incidere sui concetti stessi di democrazia e di rappresentanza politica. In primo luogo, si viene a determinare una forte cyber/polarizzazione ove ciascuno sente unicamente l'eco amplificato della propria "bolla di riferimento". Questo inevitabilmente porta non solo alla conferma delle proprie posizioni di partenza, ma anche alla loro estremizzazione con contestuale chiusura pregiudiziale rispetto alle possibili alternative. In secondo luogo, grazie alla pervasività dei social media nella vita degli utenti, non solo si riesce a porre in essere un'informazione giornaliera personalizzata, ma addirittura la si supera pervenendo ad un'informazione passiva che viene offerta all'utente dall'intelligenza artificiale sulla base del profilo personale designato dall'algoritmo. Tutto questo richiede ai partiti nuove indagini sulle modalità di comunicazione con i potenziali elettori, il progettare e gestire campagne di indagine etc. Ovviamente, il tutto è più semplice per le forze politiche di maggiori dimensioni, dotate di più risorse, rispetto ai partiti più piccoli che vengono penalizzati in partenza in termini di costruzione del consenso, benchè tutti si trovino di fronte ad un sistema social quale vero censore e controllore dell'agorà digitale. Nel ordinamento italiano manca una disciplina organica del fenomeno, al di là di alcune decisioni dell'AGCOM (come la delibera 05 aprile 2019, n. 109 adottata in vista delle elezioni europee) che, peró, non sono cogenti, lasciando la soluzione dei problemi alla autoregolamentazione degli stessi social networks. Pure il recente regolamento UE n. 2065/2022 (c.d. Digital Service Act) presenta più profili critici rispetto a quelli che risolve, soprattutto per la lotta alla disinformazione che si rivela una sorta di censura nascosta. Ci si deve, allora, rassegnare ad una proliferazione delle "bolle" con sempre maggiore inadeguatezza della democrazia rappresentativa (ove molte decisioni sono sottratte al decisore politico sia per la presenza di Autorità amministrative indipendenti, sia per la allocazione a livello di Unione Europea di molte decisioni) oppure si possono avanzare alcune proposte? Sicuramente la necessità di ritornare ad un pensiero forte, roccioso, fondato sull'ordine naturale che respinga, con la forza dell'argomentazione razionale, le "bolle ideologiche" che permeano il sistema, incrementando la conflittualità sociale; ripensare gli istituti di democrazia diretta e la legge elettorale; affrontare le diverse tipologie di rappresentanza con il problema endemico del "quantum" di rappresentanza stessa etc.
L'ANGOLO DEL GIUSNATURALISTA:

ANCORA ARMI ALL'UCRAINA: CHI RISPONDE DEL FALLIMENTO DELLA GUERRA?

Nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 21 dicembre 2023 (Serie generale) è stato pubblicato il decreto-legge n. 200/2023 che proroga, fino al 31 dicembre 2024, previo atto di indirizzo dei due rami del Parlamento (totalmente proponi ai diktat governativi), l'autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore della Repubblica di Ucraina (P.S. L'autorizzazione è stata introdotta dal decreto-legge 25 febbraio 2022, n. 14, in particolare dall'art. 2bis). Ora, il Governo Meloni, come c'era da aspettarsi, ha continuato sul punto la stessa politica dell'Esecutivo guidato da Mario Draghi, dimostrando totale sudditanza non solo verso l'Unione Europea, ma soprattutto nei confronti degli Stati Uniti d'America dove, peró, il Congresso ha recentemente bloccato nuovi finanziamenti militari destinati a Kiev. In questo modo, le responsabilità dell'ormai imminente fallimento militare ucraino ricadono sull'Unione Europea e sugli Stati membri. Sette pacchetti di aiuti militari da parte dell'Italia (è in discussione l'ottavo) e quelli provenienti dagli altri Paesi non solo non hanno garantito a Kiev quella controffensiva che veniva annunciata un giorno sì e l'altro pure (a cui, peraltro, nessuno ha mai creduto), ma stanno dimostrando in modo sempre più evidente che la "guerra di logoramento" portata avanti dalla Federazione Russa ha messo in seria difficoltà quell'Occidente che, ci raccontano, ha lasciato a Kiev "la difesa delle nostre libertà" (frase retorica che fa già sorridere così se non fosse per il doveroso rispetto verso tutti coloro che hanno perduto la vita). Tanti i segnali in questa direzione: la faida interna tra il Presidente Zelensky ed il suo Capo di Stato maggiore Zaluzhny, le migliaia di ucraini che scappano all'estero per non combattere, lo stesso sindaco della capitale ucraina schierato contro il Presidente, il progressivo disinteresse dei media ora concentrati sulla questione palestinese (con l'Italia che, in occasione della risoluzione approvata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite per il cessate il fuoco nella striscia di Gaza, si è vergognosamente astenuta). Secondo i dati forniti dall'Osservatorio Milex (Osservatorio sulle spese militari italiane), a marzo del 2023 il costo di invio di equipaggiamenti militari italiani all'Ucraina si aggirava attorno al miliardo di euro. In compenso, il terremoto nel centro Italia del 2016 e del 2017 presenta costi pari a 30 miliardi di euro (cifra comunicata dal Commissario straordinario alla ricostruzione, Giovanni Legnini, nel mese di agosto 2022). Certo, la legge di bilancio per l'anno 2024 ha stanziato 1,5 miliardi di euro per la ricostruzione pubblica del cratere del 2016 (anche se il contributo di assistenza abitativa (CAS) per chi, al momento del sisma, viveva in unità immobiliari in locazione o in comodato gratuito è assicurato solo fino al 31 marzo 2024), ma l'importo avrebbe potuto essere maggiore se si evitavano i "pacchetti" di mezzi militari a Kiev. È indubbio che prima o poi il Governo Meloni dovrà politicamente rispondere di queste scelte le quali, sebbene di fatto imposte da Nato (che non si comprende a quale titolo interviene visto che la Repubblica di Ucraina non fa parte del Trattato dell'Alleanza Atlantica del Nord del 1949) e UE, non sono in alcun modo condivise dagli italiani a conferma di un forte divario tra Paese reale e Paese rappresentato la cui delegittimazione è rafforzata dal pesante astensionismo delle ultime elezioni politiche del 2022 che si aggirava attorno al 36% per raggiungere punte del 50% nel sud dell'Italia. Vogliamo dirlo chiaramente che un Paese come l'Italia non merita questa pseudo classe dirigente...
Una mia intervista sul "De Monarchia" di Dante.
Chi vuole risolverlo?