IL GIUSNATURALISTA
1.16K subscribers
1.64K photos
231 videos
155 files
2.09K links
Canale pubblico ispirato al pensiero giusnaturalistico classico.
Download Telegram
TRIARII TV - MERCOLEDÌ 27 SETTEMBRE 2023

CONTRO-NARRAZIONE NR.70 - LA CONTRORIVOLUZIONE NELL’INFORMAZIONE - NUOVA FORMULA

- GESUITI: UOMINI, ANIMALI E PIANTE PARI SONO
- DIOCESI DI MILANO: DELPINI SI ISCRIVE ALLA LOBBY GAY
- NOVARA: UNA SUORA “DICE” TRANQUILLAMENTE MESSA
- CHIESA: VATICANO ALLA CORTE DI NAPOLITANO
- FIRENZE: AVVIATA UNA SCUOLA PER IMAM
- N.O.M.: VERSO IL CONTROLLO NUMERICO MONDIALE?

OGGI IN TRASMISSIONE: ANTONIO BIANCO, ALDO MARIA VALLI, MASSIMO VIGLIONE

Programma a cura della Confederazione dei Triarii, sui temi dell’attualità, con la collaborazione di: Antonio Bianco, Mario Iannaccone, Martino Mora, Roberto Pecchioli, Daniele Trabucco, Aldo Maria Valli, Massimo Viglione, Guido Vignelli.

SU YOUTUBE:
https://www.youtube.com/watch?v=AuQQo1XVJlw

NUOVO CANALE:
https://www.youtube.com/watch?v=OospBW7F2dg

SU FACEBOOK:
https://www.facebook.com/events/306415548751392

Resta sempre aggiornato sulle iniziative dei Triarii iscrivendoti al seguente canale Telegram: t.me/Amici_dei_Triarii
L'ANGOLO DEL GIUSNATURALISTA:

IL PROBLEMA DELL'ESSERE DA CARTESIO AD OGGI

La filosofia moderna, a partire da Cartesio (1596/1650), l'autore del "Discorso sul metodo" e delle "Meditazioni Metafisiche", spezza quella identità tra pensiero ed essere propria della filosofia antica e medioevale. Infatti, con il "cogito" cartesiano si afferma il principio per cui il pensiero viene prima dell'essere e, in questo modo, ne costituisce il fondamento. Emancipando l'intelligenza dalla realtà e assumendo, di conseguenza, una prospettiva nettamente antirealistica, si fa del puro pensiero, ossia privo di qualunque tipo di contenuto, la causa prima della dissoluzione dell'essere. È in questo cambio di paradigma, ben descritto da Cornelio Fabro (1911/1995) nella sua opera "Introduzione all'ateismo moderno", che l'intelligenza umana, disarcionata dal reale, pretende di ricreare una "nuova oggettività" (il mito transumanista) non potendo, peró, garantire alcunchè di stabile e definitivo. Scrive ancora Fabro sul punto: "Solo chi inizia con l’ente e fa leva sull’essere può arrivare all’Assoluto di essere ch’è Dio; chi parte dal fondamento della coscienza, deve finire per lasciarsi risucchiare dalla finitezza intrinseca del suo orizzonte ossia per perdersi nel nulla di essere". E oggi vediamo le conseguenze di tutto questo in tutta la loro drammaticità.
Per comprendere in modo semplice le basi del costituzionalismo.
Forwarded from Idee&Azione
Numerosi fonti di alto livello a noi pervenute in questi mesi, concordano su quanto segue: dopo l'adozione del pass sanitario europeo, prevista intorno a novembre 2023, secondo le direttive OMS già ratificate dall'Italia, è prevista la pubblicazione della lista dei vaccini obbligatori per spostarsi in UE, Schengen e per andare verso i Paesi esteri che non approveranno la lista.
Una restrizione della libertà, come preannunciata e più volte ripetuta.

Seguici su https://t.me/ideeazione

#ideeazione
La mia mail ufficiale e istituzionale è da ora:

daniele.trabucco@ssmlsandomenico.it
L'ANGOLO DEL GIUSNATURALISTA:

BENE COMUNE VS BENE PUBBLICO

Nel linguaggio politico contemporaneo i concetti di bene comune e di bene pubblico sono considerati sinonimi ed interscambiabili. In realtà, essi assumono significati molto diversi. Il bene pubblico è il bene della "persona civitatis", o meglio il bene privato di quell'ente, lo Stato moderno, che nasce dal contratto sociale. In quanto tale non ha alcunchè di comune, semmai è un bene esclusivo di cui l'ordinamento giuridico statale puó disporre con assoluta libertà a seconda della contingenza politica del momento, o meglio a seconda dell'ordine politico convenziale che viene instaurato di volta in volta dalle maggioranze. Come ha sostenuto magistralmente il prof. Danilo Castellano, la coincidenza bene pubblico/bene comune giustifica la "ragion di Stato ed i suoi metodi", finendo per divenire premessa del totalitarismo anche quando assume vesti democratiche. Viceversa, il bene comune è il bene proprio di ogni uomo in quanto uomo, cioè è legato alla sua natura ed al suo fine e, in ragione di questo, è comune alla intera comunità politica (Aristotele). Ora la natura ed il fine dell'uomo non dipendono dalla volontà e, dunque, da opzioni variabili di volta in volta. Essi sono inscritti nella essenza dell'ente uomo, ció che lo rende quello che è e non un altro ente, e non sono oggetto nè di mandato, nè di rappresentanza politica. Come tali, allora, sono incompatibili sia con la pretesa neutralità dello "spazio pubblico", sia con il pluralismo relativistico. Purtroppo la "follia dell'Occidente", della quale sono imbevute le democrazie procedurali e le diverse formazioni politiche (di centro/destra come di centro/sinistra), risiede proprio nel far coincidere il bene comune con il bene modularmente imposto da chi detiene il potere e si arroga la prerogativa di crearlo al pari di Dio.
I Convegno della Nova Multiversitas Studiorum
“Intellego ergo sum? La sfida dell’Intelligenza Artificiale”
Bolsena, 30 settembre 2023

L’Artificio dell’Intelligenza

A cura di Lorenzo Maria Pacini
 
 
Gli dèi sentono il futuro, gli uomini ciò che accade, i sapienti ciò che si avvicina
Filostrato
 
 
Premessa
In Filosofia, vi è un argomento che nel corso dei secoli ha manifestato particolare attrazione in quanto profondamente connesso, anzi dovremmo dire essenziale, al sapere e al modo in cui conosciamo: l’intelletto, l’intelligenza. Può sembrare quasi tautologico che si debba parlare di un qualcosa che è già in azione nel momento in cui se ne parla, poiché senza l’intelletto sarebbe impossibile parlare di che cosa è l’intelletto. Eppure, questo passaggio si è rivelato necessario nel corso della Storia e lo è ancor di più oggi che ci troviamo a dover rivalutare tutte le definizioni, le verità, i confini della conoscenza e del sapere.
Quello che desidero proporre è un’esplorazione attorno all’intelligenza per capire se è essa stessa un artificio, se artificiale, cioè creato-ad-arte, fatto da mani d’uomo o da altri, è tutto ciò che fino ad oggi abbiamo proposto come definizione di intelligenza. Perché per comprendere la radicalità del cambiamento in atto, dobbiamo prima chiarire quanto radicali e ben radicate siano state le radici su cui abbiamo fatto crescere le nostre convinzioni.
 
Un complesso esercizio intellettuale attorno l’intelletto
Il termine intelletto, dal latino intellectus, corrisponde al greco νοῦς, e analogamente l’intelligentia, atto dell’intellectus, alla νόησις, atto del νοῦς. L’uso filosofico del termine ‘intelletto’, nella forma greca del νοῦς, è inaugurato da Anassagora, che con esso identifica la divinità ordinatrice del cosmo. Né decade con Platone, che, subordinando il mondo materiale dei sensibili (αἰσϑητά) a quello ideale degli «intelligibili» (νοητά) e determinando come νόησις la più alta forma del conoscere, superiore alla διάνοια, apre la via alla concezione aristotelica della νόησις, come suprema forma di appercezione del reale, propria della stessa autocoscienza divina e fornitrice dei primi principi agli sviluppi del pensiero dianoetico.
Prima ancora che questa umanità avviasse gli studi delle cosiddette scienze cognitive, a trattare l’argomento di cosa sia l’intelligenza fu il grande Aristotele. Nel De Anima, il Filosofo definisce l’intelletto come una facoltà, ma non ne dà una definizione tout court; ne fa, invece, emergere le caratteristiche sulla base di un confronto con il senso, secondo il collaudato metodo dell’analogia: rileva quindi le caratteristiche proprie della parte passiva dell’intelletto che è ricettivo della forma, la quale è intellegibile, quindi in potenza alla forma stessa, così come il senso è in potenza al sensibile; ciò vuol dire che per conoscere un oggetto occorre avere la capacità di conoscerlo, cioè essere conoscenti in potenza. L’intelletto ha una natura “di essere in potenza”, e quindi lo definisce intelletto potenziale, che secondo lui non è collocabile nel corpo fisico ma appartiene all’Anima. Questo intelletto ha una caratteristica singolarissima: è impassibile, dunque non si corrompe, cosa che invece accade con i sensi del nostro corpo, soggetto a decadenza.
Questo intelletto ha una componente attiva: è ciò che fa diventare una conoscenza in potenza, conoscenza in atto; è l’elemento di attività che permane sempre identico a se stesso, conosce tutto, è immortale e, rispetto all’anima umana è esterno, dunque divino, afferma Aristotele. Questo è l’intelletto attivo o agente.
È interessante come lo Stagirita considerasse l’intelletto un qualcosa di non totalmente umano, quasi a ricorda il Daimon del suo maestro Platone. L’Anima, d’altronde, è con l’umano, ma non è umana nella sua origine e definizione più corretta, è anima umana come tipo, non per la sua scaturigine. L’interpretazione dell’intelletto come potenza dell’Anima risale agli interpreti successivi, che porteranno ad una versione più sistemica e funzionale l’originale aristotelico.
L’intelletto attivo viene identificato come il primo motore immobile della Metafisica, mentre l’intelletto potenziale viene agganciato alla materialità dell’uomo. Diventa allora necessario capire come portare alla perfezione questo intelletto “umanizzato”, e dunque quale movimento compiere: è il movimento della conoscenza, l’esercizio dell’intelletto: esercitandosi, esso si perfeziona e fa progredire nella conoscenza. Si tratta di un vero e proprio habitus, squisitamente umano. È questa la natura razionale dell’uomo, unica fra tutte le altre, poiché natura umana con affezione di natura divina; corpo umano, materiale, con intelletto non umano che si trasmette all’umano, elevandolo.
Sarà importantissimi lo sviluppo dell’intelletto che Aristotele farà nella Logica, dando vita al primo sistema di ragionamento formale deduttivo, nel quale la conclusione a cui si giunge è effettivamente la conseguenza delle promesse fatte. Da questo momento in poi, perlomeno tutta la tradizione occidentale sarà impregnata della logica aristotelica, in seguito sviluppata e ampliata. Aristotele studia e organizza, dà un codice e un linguaggio formale all’intelletto-in-azione, cioè al pensare.
Qualcosa del genere lo aveva intravisto anche Agostino d’Ippona, quando riflettendo sulla natura umana come immagine e somiglianza di Dio, distingueva tre facoltà dello spirito, ovvero memoria, intelligenza e volontà, che sono tutte e tre vita, spirito ed essenza, formano una cosa sola anche se si dicono spesso in senso relativo, e sono tanto collegate da dare luogo ad un movimento indissolubile:
Infatti ho memoria di aver memoria, intelligenza e volontà. Ho intelligenza di intendere, volere e ricordare. Ho volontà di volere, di ricordare, di intendere. Con la mia memoria abbraccio insieme tutta la mia memoria, intelligenza e volontà. Infatti ciò che nella mia memoria non ricordo, non è nella mia memoria. Ma niente è tanto nella memoria, come la memoria stessa. Dunque me la ricordo tutta intera. Cosí tutto ciò che intendo so di intenderlo e so di volere tutto ciò che voglio; ora tutto ciò che so, lo ricordo. Dunque mi ricordo di tutta la mia intelligenza, di tutta la mia volontà. Allo stesso modo quando intendo queste tre cose, le intendo tutte intere insieme. Non c’è infatti cosa intellegibile che io non intenda, se non ciò che ignoro. Ma ciò che ignoro nemmeno lo ricordo, neppure lo voglio. Tutto ciò che di intelligibile invece ricordo e voglio, per questo fatto stesso lo intendo. Anche la mia volontà contiene la mia intelligenza tutta intera, e la mia memoria tutta intera quando faccio uso di tutto ciò che intendo e ricordo. In conclusione quando queste tre cose si contengono reciprocamente, e tutte in ciascuna e tutte interamente, ciascuna nella sua totalità è uguale a ciascuna delle altre nella sua totalità e ciascuna di esse nella sua totalità è uguale a tutte considerate insieme e nella loro totalità: tutte e tre costituiscono una sola cosa, una sola vita, un solo spirito, una sola essenza.
L’altro grande maestro occidentale dell’intelletto sarà Tommaso d’Aquino, il Sommo Teologo. Per lo scolastico, che dell’argomento ha fatto il campo di battaglia preferito dall’inizio alla fine della sua carriera, l’intelletto è proprio di ciascuna anima, individuale, ed è ciò che divinizza la natura umana oltre al fatto che l’uomo è creato a immagine e somiglianza di Dio. Esiste un intelletto perfetto che è causa di tutti gli intelletti, ma ciò con cui l’anima conosce non è l’intelletto perfetto bensì l’intelletto partecipato che le compete in quanto creatura spirituale:
L’anima è la più perfetta delle creature inferiori. Perciò oltre la virtù universale dell’intelletto superiore bisogna ammettere la partecipazione nell’anima di una virtù particolare adeguata a questo determinato effetto perché le cose diventino intelligibili in atto.  
E ancora:
In ogni operante è necessario che ci sia un principio formale con cui operi formalmente: infatti non può operare formalmente mediante qualcosa separato da esso; così, sebbene ciò che è separato sia principio che muove ad operare, tuttavia ci deve essere un qualcosa di intrinseco con cui operi formalmente sia esso forma o qualsivoglia impressione. Dunque in noi ci deve essere un principio formale con cui riceviamo le specie intelligibili, ed un altro con cui le astraiamo. Teli principi si chiamano intelletto possibile ed agente.
L’Aquinate, proseguendo il lavoro sulla logica di Aristotele, noterà che l’intelligenza umana è un qualcosa di talmente unico ed irripetibile da non poter essere altro che una creazione divina. Ma su questo punto torneremo in seguito.
È chiaramente non difficile notare come René Descartes, a noi più noto come Cartesio, padre della Modernità, abbia potuto sentenziare il noto «Cogito, ergo sum», creando un’omologia fra il pensare e l’esistere, laddove l’intelletto si apriva ad essere una facoltà materiale del corpo umano, o meglio del suo cervello, lasciando irrisolto il problema della coscienza, dapprima intesa come consapevolezza di sé e poi come complesso di percezioni, ma mai del tutto risolta in riferimento all’Anima umana.
Nella filosofia kantiana e post-kantiana, la parola intelletto  riservata alla facoltà del giudizio, mentre il compito di formulare i ragionamenti è affidato alla ragione. La distinzione kantiana ha dato origine a un uso differente, che consiste nell’attribuire alla ragione la conoscenza dell’eterno e dell’assoluto, mentre l’intelletto si esercita su ciò che è empiricamente dato. L’idealismo del XX secolo ha cercato di eliminare il concetto stesso di intelletto, risolvendo il tutto con concetti più vasti come pensiero, autocoscienza, addirittura filosofia. Da allora, lo sviluppo, soprattutto con l’avvento delle scienze sociali, e poi in particolare delle scienze cognitive e delle neuroscienze, ha ristretto ad un campo ancora minore la riflessione, ora divenuta discussione e ricerca scientifica, ad un piccolo ambito di diatribe e dibattiti fra approcci più o meno strutturalistici, psicologistici o spiritualistici.
Certo, la stessa definizione che noi diamo di intelligenza, di intelletto, è data dal nostro intelletto, e qui ricadiamo nella tautologia iniziale, dalla quale è impossibile uscire in quanto noi viviamo questa vita, percepiamo noi stessi e il mondo, creiamo la nostra realtà.
L’esercizio intellettuale attorno all’intelletto, allora, è quello di capire se l’intelligenza sia un qualcosa di naturalmente umano oppure no, e a che livello essa sia tale.
 
Un grande equivoco artificiale
C’è una ambiguità terminologica su cui bisogna trovare un accordo, per evitare ulteriori mistificazioni ed imbarazzanti errori. Se la tradizione filosofica ha più o meno concordemente collaudato il pensiero come potenza dell’anima, allora nella macchina, di qualsiasi fattezza essa sia, non vi può essere intelligenza. Oppure, ammettendo la validità almeno ipotetica di ciò, bisogna ridefinire cosa sia l’intelligenza.
Riconosciamo che è possibile equivocare laddove ci si concentra sul risultato, o meglio sul prodotto: la cosiddetta Intelligenza Artificiale è infatti l’esito di una complicata ed articolata serie di operazioni che sono state realizzate per comporla, attraverso strumenti esosomatici. Quando si dice che gli automi di nuova generazione “imparano”, si dovrebbe in realtà comprendere che elaborano dati secondo procedure ad altissima complessità, che li rendono analiticamente capaci di svolgere operazioni in maniera rapidissima, molto più di quanto noi riteniamo comunemente possibile, ma in quanto programmate a fare ciò da una intelligenza umana.
La macchina per quanto sviluppata possa essere, resta oggetto, non soggetto; ed allorché si voglia nella sequenza di un’azione porre la macchina al posto di un essere senziente, ecco che essa resterà pur sempre oggetto, programmato, composto, realizzato da un altro soggetto. Un gioco linguistico non basta per cambiare l’ontologia.
Anzi, non può proprio farlo.
La parola intelligenza, evidentemente, non dice o non dice più cosa sia l’intelligenza.
Ciò che è preoccupante su un piano più sociale e politico è che lo stesso scienziato, così come modernamente formato e troppo spesso avulso dalla conoscenza filosofica dei presupposti e fondamenti della sua stessa scienza, crede in questa intelligenza autonoma della macchina. La tentazione naturalistica, per dirla con Husserl, ancora una volta affligge la scienza moderna: lo strumento analitico del linguaggio e lo strumento analitico dell’oggetto non sostituiscono la natura ontologica di niente di ciò che è, sia esso un reale scientifico o un reale filosofico. Liberarsi dalla superstizione cartesiana di un dualismo moderno, fatto di “tutta anima” o “tutta tecnica”, è più che mai necessario se vogliamo intraprendere un rapporto che abbia un’etica con il mondo e con gli oggetti di questo mondo, fra cui le macchine, le IA create dall’uomo.
La maggior parte delle scienze moderne ha volto l’attenzione all’intelligenza come processo e sequenza complessa di processi, commettendo però l’azzardo di usare come sinonimi il verbo fare e il verbo essere: ciò che io faccio non è ciò che io sono, o perlomeno non del tutto e non basta per raccontare la mia essenza. L’errore si è più o meno volontariamente perpetrato con la costruzione di modelli interpretativi in cui la intelligenza-conoscenza-coscienza diventavano a loro volta intercambiabili. Ma è possibile, ad esempio, una intelligenza senza coscienza? E come potrebbe essere una intelligenza non cosciente, se ontologicamente fondata? O non è intelligenza, o non ha ontologia e quini non può nemmeno essere intelligenza. Se, però, spostiamo l’attenzione dal quid al quod, il quesito si risolve… perché scompare dalla nostra indagine.
C’è infatti un ulteriore equivoco che riguarda il fondamento filosofico: fintanto che si considera l’Essere, e dunque ci si deve calare nella riflessione circa l’ontologia, l’intelligenza non può non essere considerata in maniera ontologica, e dunque nel campo della metafisica; ma allorché la si voglia ignorare, relegando la propria speculazione a dati meramente materiali, di cui ignorare maldestramente i fondamenti e le origini, ecco che tutto trova facilmente il suo ordine. Già l’empirismo di Bacone e di Locke, secondo cui l’intelletto è determinato dai sensi, potrebbe bastare per giustificare filosoficamente; di più se consideriamo il positivismo logico di Carnap e Hempel, che ordinarono una teoria computazionale per produrre la conoscenza a partire dall’esperienza di base. Il problema, però, rimane. Che cosa è l’intelligenza?, è una domanda che solo nel terreno di battaglia dell’ontologia può essere discussa, e confonderla con il come funziona? o il come si fa? non può che riportare al punto di partenza. La categoria della qualità non è filosoficamente intercambiale con quella delle quantità, tantomeno della sostanza o della relazione.
Ammettiamo di tralasciare per comodità d’indagine secoli di filosofia e restiamo nel campo della coscienza così come oggigiorno intesa. Ancora una volta, ci troveremo davanti ai medesimi problemi: se per coscienza intendo una serie meccanica di operazioni di auto-individuazione, ammesso che “auto” sia per davvero, costruibili su di un algoritmo programmabile, la risposta sarà “sì, è possibile avere coscienza”; ma se con essa intenderemo ancora il latino intus-legere, “leggere dentro”, che è capacità anche di andare il calcolato, il percepibile e l’immaginabile, allora no, non vi è alcuna coscienza autosufficiente in una intelligenza creata in laboratorio. La quantistica d’altronde sta aiutando a infrangere gli assunti della scienza moderna, spesso elevati al rango di dogmi, dimostrando che il materialismo non solo è scientificamente, oltre che filosoficamente, infondato, ma conduce ad una serie di errori non soltanto di calcolo che spesso vengono sorvolati.
Verrebbe da domandarsi: si chiede mai agli scienziati quale è la loro filosofia? Può sembrare una domanda fuori luogo, eppure permetterebbe di comprendere con maggiore precisione il valore delle loro ricerche. Se oggi il grande Muhammad ibn Musa al-Khwarizmi, il persano inventore dell’algoritmo, filosoficamente prima che matematicamente, sapesse che il suo studio è finito per essere impiegato nell’apologetica della “dottrina delle macchine”, lui che era un mago e sacerdote zoroastriano, probabilmente non la prenderebbe molto alla leggera, perché con la sua matematica cercò di svelare i misteri di Dio al mondo, non di nascondere Dio al mondo dietro la maschera di una macchina.
Molti scienziati ritengono che anche noi, esseri umani, siamo solo macchine, sofisticati sistemi di elaborazione delle informazioni basati su wetware, prima o poi replicabili. Ciò nasce da un materialismo di fondo che ignora volutamente un’ampia parte della conoscenza umana, e già di per sé questo dovrebbe far capire la grossolanità dei possibili errori. La coscienza viene relegata al solo cervello, come un insieme di calcoli complessi svolti da un macchinario biologico. Il problema della definizione della coscienza non si può esaurire in così poche battute. Io so, dentro di me, di esistere. Ma come faccio a saperlo? Sono sicuro che esisto perché lo sento dentro di me. Quindi, è il sentire il portatore della conoscenza. La capacità di sentire è la proprietà essenziale della coscienza. Tuttavia la sensazione non è l’insieme de segnali ricettivi che provengono dai sensi: tali informazioni vengono tradotte nella mia coscienza in una sensazione soggettiva, nel “ciò che io sento”. Noi non percepiamo semplicemente, noi sentiamo, attribuiamo un significato complesso e costruito dentro di noi. La coscienza potrebbe essere definita semplicemente come la capacità di sentire. Ma sentire implica l'esistenza di un soggetto che sente - un sé -, e quindi la coscienza è inestricabilmente legata a un sé. È la capacità intrinseca di un sé di percepire e conoscere attraverso le sensazioni e i sentimenti, cioè attraverso un'esperienza senziente: è una proprietà che definisce un sé. Ora, i sentimenti sono chiaramente una categoria di fenomeni diversa dai segnali elettrici e biochimici: sono incommensurabili con loro. I filosofi hanno coniato la parola quale per indicare che cosa si prova. E spiegare l'esistenza dei qualia (plurale di quale) è chiamato “il problema difficile della coscienza”, perché nessuno lo ha mai risolto. I segnali elettrici siano essi in un computer o in un cervello, non producono qualia, di cui nemmeno si conosce una legge fisica che li sappia tradurre. Come si spiega allora l'esistenza dei qualia, siano essi sensazioni fisiche, emozioni, pensieri, sentimenti spirituali? Scrive a tal proposito Faggin:
Ben lungi dall'essere un epifenomeno, la coscienza è reale. In altre parole, la sostanza di cui tutta la realtà è fatta è cosciente ab initio, e l'espressione materiale più evoluta di questa sostanza è ciò che chiamiamo "vita". Secondo questa visione, la coscienza non è una proprietà emergente di un sistema complesso, ma al contrario: un sistema complesso è una proprietà emergente della sostanza cosciente di cui tutto è fatto. Pertanto, la coscienza non può magicamente emergere dagli algoritmi, ma è già presente nei campi delle particelle elementari di cui tutto è fatto. In quest' ottica, la coscienza e i sistemi fisici co-evolvono verso complessità sempre maggiori. Sono due aspetti irriducibili della stessa realtà.
La comprensione è una proprietà fondamentale della coscienza, ancora più importante della percezione dei qualia e definisce la natura della vera intelligenza da una prospettiva che può tornare nuovamente a un piano ontologico. Se non c'è coscienza non c'è comprensione, senza comprensione non c'è intelligenza, e senza intelligenza un sistema non può essere autonomo a lungo, laddove per “autonomo” si intende il significato etimologico del termine.
Le IA, i computer, possono arrivare al punto di convertire segnali elettrici in informazioni, attraverso procedimenti di elaborazione. Nell’uomo, però, queste informazioni vengono convertite in conoscenza semantica proprio nella nostra coscienza, creando la rappresentazione del mondo esterno, o se si preferisce costruendo la rappresentazione soggettiva del mondo esterno oggettivo portato dentro di noi. È una percezione senziente. Attraverso ciò, giungiamo alla comprensione, che è ciò che ci permette di capire il significato, in maniera olistica, integrata. La comprensione quindi è il passo necessario prima che possa essere fatta una scelta intelligente. È la comprensione che ci consente di decidere se un' azione sia necessaria o meno e, in caso affermativo, quale azione sia quella ottimale. Il grado di coinvolgimento della coscienza nel decidere quale azione intraprendere ha una vasta gamma, passando da nessun coinvolgimento, quando l'azione (o l'inazione) è automatica, fino a una riflessione cosciente prolungata, che può richiedere giorni o settimane di riflessione sul da farsi prima di decidere quale azione intraprendere.
Quando la situazione corrente è giudicata simile ad altre situazioni note in cui una determinata azione ha prodotto buoni risultati, la stessa azione può essere scelta inconsciamente, producendo essenzialmente una risposta condizionata. Questo comportamento è simile a un comportamento meccanico. All’estremo opposto ci sono situazioni mai incontrate prima, nel qual caso le varie scelte possibili, basate sulla precedente esperienza, sono inapplicabili.  
Qui è dove la nostra coscienza viene coinvolta, permettendoci di trovare una soluzione più o meno creativa. È questo l'aspetto cruciale dove la coscienza è indispensabile: nel risolvere non problemi banali, ma problemi mai prima affrontati. Pertanto, la vera intelligenza è la capacità di giudicare correttamente una situazione e di trovare una soluzione creativa qualora la situazione la richieda. La vera intelligenza richiede comprensione.
Perché l’artificio rimane: l’IA è un prodotto di una intelligenza. Confondere l’artificio con l’artista è un errore lecito, ma non per questo giova.
Dunque, volendo concludere questa riflessione, laddove il titolo del nostro incontro recita con punto di domanda “Intellego ergo sum?”, parafrasando il Cartesio, una risposta alla sfida della possibilità di una intelligenza artificiale, potrebbe essere la seguente: è possibile riconoscere il proprio essere a partire dalla propria intelligenza, e l’intelligenza ci dà la capacità di cogliere il nostro essere; ma essa deve essere vera intelligenza, ontologicamente fondata, quale potenza dell’Anima; se tale non è, allora non è intelligenza e dunque non può riconoscere alcun essere. Ciò che chiamiamo Intelligenza Artificiale è un binomio costruito su di un inganno filosofico nella sua ontologia, scientifico nella sua epistemologia.
Bibliografia di riferimento
Agostino d’Ippona, La Trinità, Città Nuova, Roma 1973.
Alessandro di Afrodisia, L’Anima, Laterza, Roma 1996.
Aristotele, De Anima, Bompiani, Milano 2001.
Aristotele, Metafisica, Bompiani, Milano 2000.
Avicenna, Metafisica, Bompiani, Milano 2002.
Averroè, Il trattato deciso sulla connessione della religione con la filosofia, Rizzoli, Milano 1994.
Richard Dales, The problem of the Rational Soul in the Thirteenth Century, Brill, New York 1995.
Ernst Heinrich Weber, La personne humaine au XIIIe siècle, Vrin, Paris 1991.
Étienne Gilson, La Filosofia nel Medioevo, BUR, Milano 2014.
Federico Faggin, Silicio. Dall’invenzione del microprocessore alla nuova scienza della consapevolezza, Mondadori, Milano 2019.
Immanuel Kant, Critica della ragion pura, UTET, Torino 2013.
Immanuel Kant, Prolegomeni ad ogni futura metafisica che possa presentarsi come scienza, La Scuola, Brescia 2016.
Tommaso d’Aquino, Commento alle sentenze di Pietro Lombardo, ESD, Bologna 2001.
Tommaso d’Aquino, Le questioni disputate, ESD, Bologna 2001.
Tommaso d’Aquino, La Somma contro i Gentili, ESD, Bologna 2001.
Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae. 4 voll.
, ESD, Bologna 2014.
Tommaso d’Aquino, Unità dell’intelletto contro gli averroisti, Bompiani, Milano 2000.
Platone, Fedro, Bompiani, Milano 2000.
Platone, Fedone o sull’anima, Feltrinelli, Milano 2015.
Platone, L’Anima, Theoria, Milano 2021.
Platone, Timeo, Bompiani, Milano 2000.
 
Cercasi personale medico presso il nostro Centro Clinico Psichiatrico a Bellinzona (My Way Services SA):
1 medico assistente 
1 medico specialista
Le candidature sono da inviare a:
My Way Services SA
Via Camminata 5
6500 Bellinzona (Svizzera)
Oppure via Email a:
odeldon@gmail.com
Forwarded from Giubbe Rosse
MUSK: IL VACCINO MI HA QUASI MANDATO IN OSPEDALE. OLTRAGGIOSO L'OBBLIGO, NON AVREI MAI LICENZIATO I NON VACCINATI. SERVE INDAGARE SUI VACCINI
"Preferirei andare in prigione piuttosto che licenziare brave persone che non vogliono vaccinarsi. Quanto a me, ho contratto il Covid originale prima che fosse disponibile il vaccino (lievi sintomi del raffreddore) e ho dovuto fare tre vaccini per i viaggi. Il terzo vaccino mi ha quasi mandato in ospedale. Quante altre persone là fuori hanno sintomi che derivano effettivamente dal vaccino o dal trattamento Covid, piuttosto che dal Covid stesso? Per quanto riguarda coloro che non hanno preso alcun vaccino, beh Djokovic ho appena vinto un numero record di tornei del Grande Slam... Non è che non creda nei vaccini, ci credo. Tuttavia, la cura non può essere potenzialmente peggiore della malattia. E il dibattito pubblico sull’efficacia non dovrebbe essere interrotto".

⭕️ Segui Come Don Chisciotte

🟥 Segui Giubbe Rosse
Telegram| Web | Ultim'ora | Twitter | Facebook | Instagram | Truth | Odysee