IL GIUSNATURALISTA
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Canale pubblico ispirato al pensiero giusnaturalistico classico.
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L'ANGOLO DEL GIUSNATURALISTA:

QUALE STELLA CHE BRILLA? ALCUNE CONSIDERAZIONI SULL' "OMELIA LAICA" DEL CARDINAL RAVASI PER GIORGIO NAPOLITANO:

L' "omelia laica" in occasione dei funerali di Stato del senatore a vita e Presidente emerito della Repubblica, Giorgio Napolitano, tenuta da S. Eminenza Rev. ma cardinale Gianfranco Ravasi, noto biblista ed ebraista nonchè già Presidente della Pontificia Commissione per i beni culturali della Chiesa, lascia perplessi. Il porporato, riprendendo il libro del profeta Daniele (capitolo 12, versetto 3) che, sul punto, sarebbe imbevuto di pitagorismo, ha paragonato il due volte Capo dello Stato ad un saggio che ha indotto molti alla giustizia e che, per questo motivo, risplenderà come stella per sempre. Dall' "omelia laica" alla "beatificazione laica" il passo è stato breve. Pur con il rispetto dovuto ad una persona defunta, il giudizio di Ravasi non puó in alcun modo essere condiviso. Quando, nel 2009, l'opinione pubblica era divisa sul caso di Eluana Englaro, l'allora Governo Berlusconi adottó (giustamente a mio avviso) un decreto/legge ove l'alimentazione con il sondino naso/gastrico veniva ritenuta forma di sostegno vitale. Napolitano rifiutó l'emanazione del provvedimento provvisorio avente forza di legge e questo, anche alla luce della sentenza n. 21748/2007 della Corte di Cassazione e del decreto della Corte d'Appello di Milano I sezione civile 09 luglio 2008 in accoglimento del "principium iuris" della Suprema Corte, portó a staccare le macchine con conseguente decesso della Englaro. Napolitano giustificó il suo rifiuto con le argomentazioni proprie del sistema geometrico legale, ritenendo non sussistenti i presupposti giustificativi di cui all'art. 77, comma 2, della Costituzione vigente. Si potrebbe obiettare che il due volte Presidente della Repubblica non avrebbe potuto agire diversamente, avendo come bussola il Testo fondamentale del 1948. Anche ammesso che questo sia giustificabile nella logica "luciferina" dell'ordinamento positivo che ha ritenuto prevalente il diritto all'autodeterminazione terapeutica rispetto al diritto alla vita, non si parli di Napolitano come di un saggio che ha indotto alla giustizia. Infatti, la "iustitia" consiste in quella virtù per cui si deve dare a ciascuno il suo. E, nel caso di specie, in che cosa consiste il "suo"? La conservazione dell'essere: nell'essenza di ogni persona umana la vita costituisce uno dei fini più importanti. Invece, quel rifiuto ha confermato il paradigma assunto dalla modernità: la libertà negativa, ossia essere liberi sia dalle regole, sia dalla stessa natura per la quale la vita è trasmessa, donata. Ovviamente il traffico insaziabile dei diritti, proprio delle moderne e contradditorie democrazie laiciste, esercita la sua volontà di potenza sull'essere, promuovendo l'etica liberale della morte degna. In questo modo, peró, il preteso diritto (espresso nel caso Englaro addirittura dal tutore di Eluana, ovvero il padre) "ad essere messi a morte" perchè quella vita non è ritenuta degna, si accompagna ad una pericolosa concezione della dignità umana. Avviene, infatti, uno scivolone semantico: dalla "dignità della persona", intesa come una qualità di ordine ontologico, alla "qualità della vita". La dignità diviene, in questa una nozione oggi molto diffusa, eminentemente soggettiva e relativa. Soggettiva, perché ciascuno sarebbe il solo giudice della propria dignità. Relativa, nel senso che la qualità della vita è un concetto a geometria variabile, suscettibile di un’infinità di gradi e misurabile secondo i criteri più disparati. Solo il tempo, come insegna Sofocle (496 a.C. / 406 a.C.) nell' "Edipo Re", rivela l'uomo giusto, non certamente la vuota retorica di questa Repubblichetta.
Forwarded from Byoblu
MARCIA INDIETRO SULLE SANZIONI: COMMISSIONE UE APRE AL GAS RUSSO

Stando alla bozza di un emendamento, la Commissione europea avrebbe tutte le intenzioni di rimettere mano al gas russo. Una mossa in aperta contraddizione con il divieto imposto dal Parlamento.

➡️https://www.byoblu.com/2023/09/27/marcia-indietro-sulle-sanzioni-commissione-ue-apre-al-gas-russo/
TRIARII TV - MERCOLEDÌ 27 SETTEMBRE 2023

CONTRO-NARRAZIONE NR.70 - LA CONTRORIVOLUZIONE NELL’INFORMAZIONE - NUOVA FORMULA

- GESUITI: UOMINI, ANIMALI E PIANTE PARI SONO
- DIOCESI DI MILANO: DELPINI SI ISCRIVE ALLA LOBBY GAY
- NOVARA: UNA SUORA “DICE” TRANQUILLAMENTE MESSA
- CHIESA: VATICANO ALLA CORTE DI NAPOLITANO
- FIRENZE: AVVIATA UNA SCUOLA PER IMAM
- N.O.M.: VERSO IL CONTROLLO NUMERICO MONDIALE?

OGGI IN TRASMISSIONE: ANTONIO BIANCO, ALDO MARIA VALLI, MASSIMO VIGLIONE

Programma a cura della Confederazione dei Triarii, sui temi dell’attualità, con la collaborazione di: Antonio Bianco, Mario Iannaccone, Martino Mora, Roberto Pecchioli, Daniele Trabucco, Aldo Maria Valli, Massimo Viglione, Guido Vignelli.

SU YOUTUBE:
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L'ANGOLO DEL GIUSNATURALISTA:

IL PROBLEMA DELL'ESSERE DA CARTESIO AD OGGI

La filosofia moderna, a partire da Cartesio (1596/1650), l'autore del "Discorso sul metodo" e delle "Meditazioni Metafisiche", spezza quella identità tra pensiero ed essere propria della filosofia antica e medioevale. Infatti, con il "cogito" cartesiano si afferma il principio per cui il pensiero viene prima dell'essere e, in questo modo, ne costituisce il fondamento. Emancipando l'intelligenza dalla realtà e assumendo, di conseguenza, una prospettiva nettamente antirealistica, si fa del puro pensiero, ossia privo di qualunque tipo di contenuto, la causa prima della dissoluzione dell'essere. È in questo cambio di paradigma, ben descritto da Cornelio Fabro (1911/1995) nella sua opera "Introduzione all'ateismo moderno", che l'intelligenza umana, disarcionata dal reale, pretende di ricreare una "nuova oggettività" (il mito transumanista) non potendo, peró, garantire alcunchè di stabile e definitivo. Scrive ancora Fabro sul punto: "Solo chi inizia con l’ente e fa leva sull’essere può arrivare all’Assoluto di essere ch’è Dio; chi parte dal fondamento della coscienza, deve finire per lasciarsi risucchiare dalla finitezza intrinseca del suo orizzonte ossia per perdersi nel nulla di essere". E oggi vediamo le conseguenze di tutto questo in tutta la loro drammaticità.
Per comprendere in modo semplice le basi del costituzionalismo.
Forwarded from Idee&Azione
Numerosi fonti di alto livello a noi pervenute in questi mesi, concordano su quanto segue: dopo l'adozione del pass sanitario europeo, prevista intorno a novembre 2023, secondo le direttive OMS già ratificate dall'Italia, è prevista la pubblicazione della lista dei vaccini obbligatori per spostarsi in UE, Schengen e per andare verso i Paesi esteri che non approveranno la lista.
Una restrizione della libertà, come preannunciata e più volte ripetuta.

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La mia mail ufficiale e istituzionale è da ora:

daniele.trabucco@ssmlsandomenico.it
L'ANGOLO DEL GIUSNATURALISTA:

BENE COMUNE VS BENE PUBBLICO

Nel linguaggio politico contemporaneo i concetti di bene comune e di bene pubblico sono considerati sinonimi ed interscambiabili. In realtà, essi assumono significati molto diversi. Il bene pubblico è il bene della "persona civitatis", o meglio il bene privato di quell'ente, lo Stato moderno, che nasce dal contratto sociale. In quanto tale non ha alcunchè di comune, semmai è un bene esclusivo di cui l'ordinamento giuridico statale puó disporre con assoluta libertà a seconda della contingenza politica del momento, o meglio a seconda dell'ordine politico convenziale che viene instaurato di volta in volta dalle maggioranze. Come ha sostenuto magistralmente il prof. Danilo Castellano, la coincidenza bene pubblico/bene comune giustifica la "ragion di Stato ed i suoi metodi", finendo per divenire premessa del totalitarismo anche quando assume vesti democratiche. Viceversa, il bene comune è il bene proprio di ogni uomo in quanto uomo, cioè è legato alla sua natura ed al suo fine e, in ragione di questo, è comune alla intera comunità politica (Aristotele). Ora la natura ed il fine dell'uomo non dipendono dalla volontà e, dunque, da opzioni variabili di volta in volta. Essi sono inscritti nella essenza dell'ente uomo, ció che lo rende quello che è e non un altro ente, e non sono oggetto nè di mandato, nè di rappresentanza politica. Come tali, allora, sono incompatibili sia con la pretesa neutralità dello "spazio pubblico", sia con il pluralismo relativistico. Purtroppo la "follia dell'Occidente", della quale sono imbevute le democrazie procedurali e le diverse formazioni politiche (di centro/destra come di centro/sinistra), risiede proprio nel far coincidere il bene comune con il bene modularmente imposto da chi detiene il potere e si arroga la prerogativa di crearlo al pari di Dio.
I Convegno della Nova Multiversitas Studiorum
“Intellego ergo sum? La sfida dell’Intelligenza Artificiale”
Bolsena, 30 settembre 2023

L’Artificio dell’Intelligenza

A cura di Lorenzo Maria Pacini
 
 
Gli dèi sentono il futuro, gli uomini ciò che accade, i sapienti ciò che si avvicina
Filostrato
 
 
Premessa
In Filosofia, vi è un argomento che nel corso dei secoli ha manifestato particolare attrazione in quanto profondamente connesso, anzi dovremmo dire essenziale, al sapere e al modo in cui conosciamo: l’intelletto, l’intelligenza. Può sembrare quasi tautologico che si debba parlare di un qualcosa che è già in azione nel momento in cui se ne parla, poiché senza l’intelletto sarebbe impossibile parlare di che cosa è l’intelletto. Eppure, questo passaggio si è rivelato necessario nel corso della Storia e lo è ancor di più oggi che ci troviamo a dover rivalutare tutte le definizioni, le verità, i confini della conoscenza e del sapere.
Quello che desidero proporre è un’esplorazione attorno all’intelligenza per capire se è essa stessa un artificio, se artificiale, cioè creato-ad-arte, fatto da mani d’uomo o da altri, è tutto ciò che fino ad oggi abbiamo proposto come definizione di intelligenza. Perché per comprendere la radicalità del cambiamento in atto, dobbiamo prima chiarire quanto radicali e ben radicate siano state le radici su cui abbiamo fatto crescere le nostre convinzioni.
 
Un complesso esercizio intellettuale attorno l’intelletto
Il termine intelletto, dal latino intellectus, corrisponde al greco νοῦς, e analogamente l’intelligentia, atto dell’intellectus, alla νόησις, atto del νοῦς. L’uso filosofico del termine ‘intelletto’, nella forma greca del νοῦς, è inaugurato da Anassagora, che con esso identifica la divinità ordinatrice del cosmo. Né decade con Platone, che, subordinando il mondo materiale dei sensibili (αἰσϑητά) a quello ideale degli «intelligibili» (νοητά) e determinando come νόησις la più alta forma del conoscere, superiore alla διάνοια, apre la via alla concezione aristotelica della νόησις, come suprema forma di appercezione del reale, propria della stessa autocoscienza divina e fornitrice dei primi principi agli sviluppi del pensiero dianoetico.
Prima ancora che questa umanità avviasse gli studi delle cosiddette scienze cognitive, a trattare l’argomento di cosa sia l’intelligenza fu il grande Aristotele. Nel De Anima, il Filosofo definisce l’intelletto come una facoltà, ma non ne dà una definizione tout court; ne fa, invece, emergere le caratteristiche sulla base di un confronto con il senso, secondo il collaudato metodo dell’analogia: rileva quindi le caratteristiche proprie della parte passiva dell’intelletto che è ricettivo della forma, la quale è intellegibile, quindi in potenza alla forma stessa, così come il senso è in potenza al sensibile; ciò vuol dire che per conoscere un oggetto occorre avere la capacità di conoscerlo, cioè essere conoscenti in potenza. L’intelletto ha una natura “di essere in potenza”, e quindi lo definisce intelletto potenziale, che secondo lui non è collocabile nel corpo fisico ma appartiene all’Anima. Questo intelletto ha una caratteristica singolarissima: è impassibile, dunque non si corrompe, cosa che invece accade con i sensi del nostro corpo, soggetto a decadenza.
Questo intelletto ha una componente attiva: è ciò che fa diventare una conoscenza in potenza, conoscenza in atto; è l’elemento di attività che permane sempre identico a se stesso, conosce tutto, è immortale e, rispetto all’anima umana è esterno, dunque divino, afferma Aristotele. Questo è l’intelletto attivo o agente.
È interessante come lo Stagirita considerasse l’intelletto un qualcosa di non totalmente umano, quasi a ricorda il Daimon del suo maestro Platone. L’Anima, d’altronde, è con l’umano, ma non è umana nella sua origine e definizione più corretta, è anima umana come tipo, non per la sua scaturigine. L’interpretazione dell’intelletto come potenza dell’Anima risale agli interpreti successivi, che porteranno ad una versione più sistemica e funzionale l’originale aristotelico.
L’intelletto attivo viene identificato come il primo motore immobile della Metafisica, mentre l’intelletto potenziale viene agganciato alla materialità dell’uomo. Diventa allora necessario capire come portare alla perfezione questo intelletto “umanizzato”, e dunque quale movimento compiere: è il movimento della conoscenza, l’esercizio dell’intelletto: esercitandosi, esso si perfeziona e fa progredire nella conoscenza. Si tratta di un vero e proprio habitus, squisitamente umano. È questa la natura razionale dell’uomo, unica fra tutte le altre, poiché natura umana con affezione di natura divina; corpo umano, materiale, con intelletto non umano che si trasmette all’umano, elevandolo.
Sarà importantissimi lo sviluppo dell’intelletto che Aristotele farà nella Logica, dando vita al primo sistema di ragionamento formale deduttivo, nel quale la conclusione a cui si giunge è effettivamente la conseguenza delle promesse fatte. Da questo momento in poi, perlomeno tutta la tradizione occidentale sarà impregnata della logica aristotelica, in seguito sviluppata e ampliata. Aristotele studia e organizza, dà un codice e un linguaggio formale all’intelletto-in-azione, cioè al pensare.
Qualcosa del genere lo aveva intravisto anche Agostino d’Ippona, quando riflettendo sulla natura umana come immagine e somiglianza di Dio, distingueva tre facoltà dello spirito, ovvero memoria, intelligenza e volontà, che sono tutte e tre vita, spirito ed essenza, formano una cosa sola anche se si dicono spesso in senso relativo, e sono tanto collegate da dare luogo ad un movimento indissolubile:
Infatti ho memoria di aver memoria, intelligenza e volontà. Ho intelligenza di intendere, volere e ricordare. Ho volontà di volere, di ricordare, di intendere. Con la mia memoria abbraccio insieme tutta la mia memoria, intelligenza e volontà. Infatti ciò che nella mia memoria non ricordo, non è nella mia memoria. Ma niente è tanto nella memoria, come la memoria stessa. Dunque me la ricordo tutta intera. Cosí tutto ciò che intendo so di intenderlo e so di volere tutto ciò che voglio; ora tutto ciò che so, lo ricordo. Dunque mi ricordo di tutta la mia intelligenza, di tutta la mia volontà. Allo stesso modo quando intendo queste tre cose, le intendo tutte intere insieme. Non c’è infatti cosa intellegibile che io non intenda, se non ciò che ignoro. Ma ciò che ignoro nemmeno lo ricordo, neppure lo voglio. Tutto ciò che di intelligibile invece ricordo e voglio, per questo fatto stesso lo intendo. Anche la mia volontà contiene la mia intelligenza tutta intera, e la mia memoria tutta intera quando faccio uso di tutto ciò che intendo e ricordo. In conclusione quando queste tre cose si contengono reciprocamente, e tutte in ciascuna e tutte interamente, ciascuna nella sua totalità è uguale a ciascuna delle altre nella sua totalità e ciascuna di esse nella sua totalità è uguale a tutte considerate insieme e nella loro totalità: tutte e tre costituiscono una sola cosa, una sola vita, un solo spirito, una sola essenza.
L’altro grande maestro occidentale dell’intelletto sarà Tommaso d’Aquino, il Sommo Teologo. Per lo scolastico, che dell’argomento ha fatto il campo di battaglia preferito dall’inizio alla fine della sua carriera, l’intelletto è proprio di ciascuna anima, individuale, ed è ciò che divinizza la natura umana oltre al fatto che l’uomo è creato a immagine e somiglianza di Dio. Esiste un intelletto perfetto che è causa di tutti gli intelletti, ma ciò con cui l’anima conosce non è l’intelletto perfetto bensì l’intelletto partecipato che le compete in quanto creatura spirituale:
L’anima è la più perfetta delle creature inferiori. Perciò oltre la virtù universale dell’intelletto superiore bisogna ammettere la partecipazione nell’anima di una virtù particolare adeguata a questo determinato effetto perché le cose diventino intelligibili in atto.  
E ancora:
In ogni operante è necessario che ci sia un principio formale con cui operi formalmente: infatti non può operare formalmente mediante qualcosa separato da esso; così, sebbene ciò che è separato sia principio che muove ad operare, tuttavia ci deve essere un qualcosa di intrinseco con cui operi formalmente sia esso forma o qualsivoglia impressione. Dunque in noi ci deve essere un principio formale con cui riceviamo le specie intelligibili, ed un altro con cui le astraiamo. Teli principi si chiamano intelletto possibile ed agente.
L’Aquinate, proseguendo il lavoro sulla logica di Aristotele, noterà che l’intelligenza umana è un qualcosa di talmente unico ed irripetibile da non poter essere altro che una creazione divina. Ma su questo punto torneremo in seguito.
È chiaramente non difficile notare come René Descartes, a noi più noto come Cartesio, padre della Modernità, abbia potuto sentenziare il noto «Cogito, ergo sum», creando un’omologia fra il pensare e l’esistere, laddove l’intelletto si apriva ad essere una facoltà materiale del corpo umano, o meglio del suo cervello, lasciando irrisolto il problema della coscienza, dapprima intesa come consapevolezza di sé e poi come complesso di percezioni, ma mai del tutto risolta in riferimento all’Anima umana.
Nella filosofia kantiana e post-kantiana, la parola intelletto  riservata alla facoltà del giudizio, mentre il compito di formulare i ragionamenti è affidato alla ragione. La distinzione kantiana ha dato origine a un uso differente, che consiste nell’attribuire alla ragione la conoscenza dell’eterno e dell’assoluto, mentre l’intelletto si esercita su ciò che è empiricamente dato. L’idealismo del XX secolo ha cercato di eliminare il concetto stesso di intelletto, risolvendo il tutto con concetti più vasti come pensiero, autocoscienza, addirittura filosofia. Da allora, lo sviluppo, soprattutto con l’avvento delle scienze sociali, e poi in particolare delle scienze cognitive e delle neuroscienze, ha ristretto ad un campo ancora minore la riflessione, ora divenuta discussione e ricerca scientifica, ad un piccolo ambito di diatribe e dibattiti fra approcci più o meno strutturalistici, psicologistici o spiritualistici.
Certo, la stessa definizione che noi diamo di intelligenza, di intelletto, è data dal nostro intelletto, e qui ricadiamo nella tautologia iniziale, dalla quale è impossibile uscire in quanto noi viviamo questa vita, percepiamo noi stessi e il mondo, creiamo la nostra realtà.
L’esercizio intellettuale attorno all’intelletto, allora, è quello di capire se l’intelligenza sia un qualcosa di naturalmente umano oppure no, e a che livello essa sia tale.
 
Un grande equivoco artificiale
C’è una ambiguità terminologica su cui bisogna trovare un accordo, per evitare ulteriori mistificazioni ed imbarazzanti errori. Se la tradizione filosofica ha più o meno concordemente collaudato il pensiero come potenza dell’anima, allora nella macchina, di qualsiasi fattezza essa sia, non vi può essere intelligenza. Oppure, ammettendo la validità almeno ipotetica di ciò, bisogna ridefinire cosa sia l’intelligenza.
Riconosciamo che è possibile equivocare laddove ci si concentra sul risultato, o meglio sul prodotto: la cosiddetta Intelligenza Artificiale è infatti l’esito di una complicata ed articolata serie di operazioni che sono state realizzate per comporla, attraverso strumenti esosomatici. Quando si dice che gli automi di nuova generazione “imparano”, si dovrebbe in realtà comprendere che elaborano dati secondo procedure ad altissima complessità, che li rendono analiticamente capaci di svolgere operazioni in maniera rapidissima, molto più di quanto noi riteniamo comunemente possibile, ma in quanto programmate a fare ciò da una intelligenza umana.
La macchina per quanto sviluppata possa essere, resta oggetto, non soggetto; ed allorché si voglia nella sequenza di un’azione porre la macchina al posto di un essere senziente, ecco che essa resterà pur sempre oggetto, programmato, composto, realizzato da un altro soggetto. Un gioco linguistico non basta per cambiare l’ontologia.